Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 43093 del 26/09/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 43093 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1) PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO
nei confronti di:
SIRIANNI Angelo, n. il 19.5.1955;
SCHILLACI Paolo, n. il 23.5.1967;
TROVATO Emiliano, n. il 27.4.1970,
TROVATO Giacomo, n.1’1.2.1973;
nonché da:
2) MORO Vito Leonardo, n. il 25.3.1965;
3) SIRIANNI Angelo, n. il 19.5.1955;
4) SCHILLACI Paolo, n. il 23.5.1967;
5) TROVATO Emiliano, n. Il 27.4.1970,
7) TROVATO Giacomo, n.1’1.2.1973;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 25.3.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Aurelio Galasso,
che ha concluso chiedendo: l’annullamento senza rinvio nei confronti di

Data Udienza: 26/09/2014

Moro Vito Leonardo, Schillaci Paolo e Trovato Giacomo; l’annullamento
con rinvio per la rideterminazione della pena per la posizione di Trovato
Emiliano; il rigetto dei ricorsi del Procuratore Generale e di Sirianni
Angelo.
Udito i difensori Avv.ti Marcelo Perillo e Gabriele Valentini, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi proposti nell’interesse dei

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza del 15.7.2010, la Corte di Appello di Milano
confermò le condanne emesse dal Tribunale di Lecco nei confronti – tra
gli altri – di: Moro Vito Leonardo in ordine al delitto di cui all’art. 74
D.P.R. n. 309/1990 contestato al capo C) della rubrica; Schillaci Paolo in
ordine ai delitti di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990 contestati ai capi
A17) e A18); Sirianni Angelo in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis cod.
pen. contestato al capo A) e al delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990
contestato al capo A9); Trovato Emiliano in ordine al delitto di cui all’art.
416 bis cod. pen. contestato al capo A) e ai delitti di cui agli artt. 73 e 74
D.P.R. n. 309/1990 rubricati ai capi A15), A16), C), C13) e C44); e
Trovato Giacomo in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.
contestato al capo A) e ai delitti di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990
rubricati ai capi A15), A16), A57-bis) ed A57-ter).
Su ricorso degli imputati, la Sesta Sezione di questa Corte suprema,
con sentenza del 24.1.2012, annullò la pronuncia di appello per vizi della
motivazione nei confronti di Moro Vito Leonardo limitatamente alla
sussistenza dell’aggravante dell’associazione armata di cui all’art. 74,
comma 4, D.P.R. n. 309/1990; nei confronti di Schillaci Paolo in ordine al
giudizio di responsabilità in ordine ad entrambi i reati contestatigli ai capi
A17) e A18); nei confronti di Sirianni Angelo in ordine alla sua
partecipazione al delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990 contestato al
capo A9); nei confronti di Trovato Emiliano in ordine ai delitti di cui
all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990 rubricati ai capi A15) e A16); nei confronti
di Trovato Giacomo in ordine ai delitti di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990
rubricati ai capi A15), A16), A57-bis) ed A57-ter).

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loro assistiti;

Con sentenza del 25.3.2013, la Corte di Appello di Milano in diversa
composizione, quale giudice di rinvio, ribadì la condanna già pronunciata
dal giudice di appello nei confronti di Moro Vito Leonardo, ritenendo la
sussistenza dell’aggravante dell’associazione armata; assolvette Sirianni
Angelo dal delitto di cui al capo A9), Schillaci Paolo dal delitto di cui al
capo A18), Trovato Emiliano dai delitti di cui ai capi A15) e A16), Trovato

la pena nei confronti di tali imputati per i restanti reati.
Avverso la sentenza del giudice di rinvio ricorrono per cassazione il
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano, Moro Vito
Leonardo, Schillaci Paolo, Sirianni Angelo, Trovato Emiliano, Trovato
Giacomo.
Per ragioni di ordine logico, i ricorsi vanno esaminati raggruppandoli
in relazione alla posizione di ciascun imputato, secondo l’ordine di
pregiudizialità delle questioni proposte.
2. Moro Vito Leonardo, con l’unico motivo di ricorso deduce la
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della
sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta sussistenza
dell’aggravante della associazione armata. A dire del ricorrente, la
motivazione della sentenza impugnata non spiegherebbe come il Moro
possa essere stato a conoscenza dell’arma detenuta dal computato De
Luca e comunque non vi sarebbe prova che tale arma nonché la miccia
detenuta dallo stesso Moro fossero destinate ai fini dell’associazione,
piuttosto che a fini personali di ciascun imputato.
La censura è inammissibile.
Dopo l’annullamento della sentenza di appello da parte di questa
Corte, il giudice di rinvio ha riformulato il giudizio circa la sussistenza
dell’aggravante dell’associazione armata di cui all’art. 74, comma 4,
D.P.R. n. 309/1990, pervendo alla medesima conclusione del giudice di
appello.
In proposito va ricordato che questa Corte suprema ha ripetutamente
affermato che «A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il
giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli
stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma

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Giacomo dai delitti di cui ai capi A16), A57-bis e A57-ter), rideterminando

resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle
censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle
già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata, poiché
egli conserva gli stessi poteri che gli competevano originariamente quale
giudice di merito relativamente all’individuazione ed alla valutazione dei
dati processuali, nell’ambito del capo della sentenza colpito da

che «Il giudice di rinvio è investito di pieni poteri di cognizione e può salvi i limiti nascenti da eventuale giudicato interno – rivisitare il fatto con
pieno apprezzamento ed autonomia di giudizio ed in esito alla compiuta
rivisitazione addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente
giudice di merito o condividerne le conclusioni purché motivi il proprio
convincimento sulla base di argomentazioni diverse da quelle ritenute
illogiche o carenti in sede di legittimità. Ne deriva che eventuali elementi
di fatto e valutazioni contenute nella pronuncia di annullamento non sono
vincolanti per il giudice del rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti
di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati e
non, quindi, come dati che si impongono per la decisione demandatagli»
(Cass., Sez. 5, n. 34016 del 22/06/2010 Rv. 248413; Sez. 1, n. 1397 del
10/12/1997 Rv. 209692).
Nel caso di specie, la nuova motivazione del giudice di rinvio (p. 4-5
della sentenza impugnata) è esente dai vizi che presentava la
motivazione della sentenza di appello. Le argomentazioni della Corte
territoriale circa la consapevolezza del Moro in ordine al possesso
dell’arma da parte del correo De Luca e circa la destinazione della stessa
ai fini dell’associazione non presentano alcuna manifesta illogicità che
consente il sindacato di questa Corte. Piuttosto, il ricorso dell’imputato
sottopone alla Corte – sotto mentite soglie – profili relativi al merito della
valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità,
quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno
esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro
decisione.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

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annullamento» (Cass., Sez. 2, n. 47060 del 25/09/2013 Rv. 257490); e

3. Sirianni Angelo – condannato solo per il delitto di associazione
mafiosa di cui al capo A) – propone un unico motivo di ricorso, col quale
deduce l’errata applicazione della legge penale relativamente al calcolo
della pena irrogatagli, avendo la Corte di rinvio computato sulla pena
calcolata in ordine al reato di cui al detto capo A) un aumento di pena per
il delitto di cui all’art. A11) dal quale l’imputato era stato assolto dal

Unitamente al ricorso del Sirianni, va esaminato il primo motivo di
ricorso proposto dal Procuratore generale, col quale si deduce l’errata
applicazione della legge penale relativamente al calcolo della pena
irrogata al Sirianni, avendo la Corte di rinvio computato per il medesimo
un aumento di pena (pari a dieci mesi di reclusione) per un delitto quello di cui all’art. A11) – dal quale l’imputato era stato già assolto dal
Tribunale di Lecco.
Entrambe le censure – che sottopongono alla Corte il medesimo
errore di diritto – sono fondate.
Sirianni Angelo è stato condannato dal Tribunale di Lecco solo in
ordine ai reati di cui ai casi A) (relativo all’art. 416 bis cod. pen.) e A9)
(relativo all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990), con sentenza confermata in
appello.
La Corte di cassazione ha annullato la sentenza di appello solo
relativamente al reato di cui al capo A9) della rubrica, reato in ordine al
quale poi la Corte di rinvio ha pronunziato sentenza di assoluzione.
Conseguentemente, nei confronti del Sirianni rimane condanna solo
per il delitto di cui al capo A), per il quale i giudici di rinvio hanno
quantificato la pena in anni 5 mesi 6 di reclusione. Essi, tuttavia, hanno
errato nell’applicare alla pena così quantificata l’aumento pari a dieci mesi
di reclusione – irrogando così la pena finale di anni 6 mesi 4 di reclusione
– per il delitto di cui al capo A11), per il quale l’imputato era stato assolto
già nel giudizio di primo grado.
Pertanto, la pena va rideterminata, nei confronti del Sirianni,
eliminando l’aumento di dieci mesi applicato sulla pena determinata per il
capo A) e ridurre, così, la pena finale ad anni 5 mesi 6 di reclusione.

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giudice di primo grado.

4. Schillaci Paolo – condannato solo per il delitto di cui all’art. 73 di
cui capo A17) – propone diversi motivi di ricorso.
4.1. Col primo motivo di ricorso, deduce la inosservanza e l’erronea
applicazione dell’art. 627 comma 3, cod. proc. pen., per non avere la
Corte di rinvio osservato il

dictum della sentenza di annullamento

pronunciata dalla Corte di cassazione. A dire del ricorrente, la Corte di

all’imputato al capo A17), non avrebbe motivato circa la sussistenza dei
necessari riscontri alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia
Esposito, cosicché sarebbe incorsa nel medesimo vizio motivazionale che
ha originato l’annullamento della sentenza di appello.
La censura è inammissibile.
Richiamando i principi prima ricordati in ordine alla libertà del giudice
di rinvio di reiterare il giudizio di fatto contenuto nella sentenza cassata a
condizione che tale giudizio sia fondato su una diversa motivazione
esente dai vizi logici che presentava quella contenuta nella sentenza
oggetto di annullamento, va rilevato come, nel caso di specie, i giudici di
rinvio abbiano assolto il loro obbligo motivazionale relativo alla
sussistenza dei riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
(l’episodio è quello della cessione di cinque chilogrammi di cocaina dallo
Schillaci in favore di Trovato Emiliano e Trovato Giacomo).
La Corte di rinvio, infatti, superando quei generici riferimenti alle
intercettazioni eseguite, contenuti nella sentenza di appello e censurati
da questa Corte con la sentenza di annullamento, ha rinvenuto precisi
riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia circa il pagamento
dei cinque chilogrammi di cocaina allo Schillaci nella vicenda della
cessione a lui – proprio nella stesso periodo della cessione della sostanza
stupefacente – di un’autovettura Mercedes C Sport Coupé intestata ad un
prestanome. La precisa ricostruzione dei fatti e le puntuali coincidenze
individuate dalla Corte di rinvio (p. 4-5 della sentenza impugnata) tra
quanto riferito dal collaboratore e quanto verificato obiettivamente dalle
indagini della polizia giudiziaria costituiscono riscontro idoneo alle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia. La motivazione sul punto è
esente da vizi logici e deve escludersi tanto la mancanza quanto la

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rinvio, in relazione alla cessione di sostanza stupefacente contestata

manifesta illogicità della motivazione, che costituiscono i vizi («di
macroscopica evidenza», «percepibili “ictu ocull”»: cfr. Cass., sez. un., n.
24 del 24.11.1999 Rv 214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv.
226074) che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di
legittimità sulla motivazione in facto.
4.2. Col secondo motivo di ricorso, si deduce l’inosservanza e

concessione delle attenuanti generiche, dell’attenuante di cui all’art. 114
cod. pen., nonché in relazione alla ritenuta recidiva e alla entità della
pena irrogata.
La censura è manifestamente infondata.
Puntuale è la motivazione della Corte di rinvio (p. 7) circa l’assenza di
positivi elementi di giudizio che consentano la concessione delle
attenuanti generiche e – implicitamente – anche l’attenuante di cui all’art.
114 cod. pen.; risulta motivata in modo non manifestamente illogico
anche la ritenuta recidiva e anche la quantificazione della pena, che si
mantiene entro i limiti di legge (considerato che per il delitto contestato è
prevista la pena della reclusione da anni 6 ad anni 20 e la multa da euro
26.000 ad euro 260.000).
4.3. È fondato, invece, il motivo di ricorso (secondo motivo) proposto
dal Procuratore generale nei confronti dello Schillaci, col quale si deduce
l’errata applicazione della legge penale per avere la Corte di rinvio
determinato la pena da irrogare all’imputato per il capo A17) – l’unico
capo per cui vi è stata condanna – in anni 10 mesi sei di reclusione ed
euro 75.000,00 di multa, dimenticando di apportare l’aumento di pena
per la recidiva calcolato in motivazione.
Invero, la Corte di rinvio ha assolto lo Schillaci dal delitto di cui al
capo A18), confermando la condanna dello stesso solo per il capo A17).
Nella motivazione della sentenza impugnata (p. 7), la Corte
territoriale ha ritenuto la sussistenza della recidiva nei confronti
dell’imputato e ha quantificato l’aumento di pena da apportare sulla
pena-base (determinata – come si è detto – in anni 10 mesi 6 di
reclusione ed euro 75.000,00 di multa) in anni 1 di reclusione. Nel

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l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla mancata

dispositivo, tuttavia, irroga solo la pena base senza l’aumento
determinato in motivazione.
Va pertanto annullata senza rinvio la sentenza impugnata
limitatamente alla misura della pena irrogata allo Schillaci e va corretto
l’errore dei giudici di merito, applicando alla pena-base l’aumento della
pena detentiva già determinata dai giudici di rinvio (anni 1 di reclusione)

pena pecuniaria (euro 5.000,00 di multa, arrotondata per difetto). La
pena da irrogare allo Schillaci va pertanto rideterminata – ai sensi
dell’art. 620 lett. I) cod. proc. pen. – in anni 11 mesi 6 di reclusione ed
euro 80.000,00 di multa.
5. Trovato Emiliano – condannato per il delitto di associazione
mafiosa di cui al capo A), per il delitto di associazione finalizzata al
traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo C), nonché per i delitti di
cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990 di cui ai capi C13) e C44) – con l’unico
motivo di ricorso deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art.
627 comma 3, cod. proc. pen., nonché la violazione del divieto di
reformatio in peius. Deduce, in particolare, che la Corte di rinvio nell’escludere gli aumenti di pena per i delitti di cui ai capi A15) e A16)
per cui ha pronunciato assoluzione – non avrebbe tenuto conto della
riduzione di pena disposta dal giudice di appello (rideterminata in anni 18
per tutti i reati) e avrebbe preso in considerazione la più elevata pena
irrogata dal primo giudice; per di più, la Corte di rinvio avrebbe sciolto il
vincolo della continuazione tra i reati che era stato riconosciuto dal
giudice di appello con statuizione passata in cosa giudicata, in quanto non
oggetto di impugnazione.
Unitamente a tale motivo di ricorso va esaminato il terzo motivo del
ricorso proposto dal Procuratore generale, col quale si deduce l’errata
applicazione della legge penale relativamente al calcolo della pena
irrogata a Trovato Emiliano, in quanto la Corte di rinvio – nell’escludere
gli aumenti di pena per i delitti di cui ai capi A15) e A16) per cui ha
pronunciato assoluzione – non avrebbe tenuto conto della riduzione di
pena disposta dal giudice di appello, ma avrebbe preso in considerazione
la più elevata pena irrogata dal primo giudice.

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e calcolando nella medesima proporzione il corrispondente aumento della

Entrambe le censure sono fondate.
La Corte di appello, nel giudizio di secondo grado, ha confermato il
giudizio di responsabilità nei confronti di Trovato Emiliano per i delitti di
cui ai capi A), A15), A16), C), C13) e C44), ma – riconoscendo il vincolo
della continuazione anche in ordine al reato di cui al capo A) – ha ridotto
la pena inflitta ad anni 18 di reclusione.

assolto l’imputato dai reati di cui ai capi A15) e A16), rimanendo così
ferma la condanna del Trovato Emiliano solo per i reati di cui ai capi A)
(art. 416 bis), C) (art. 74), C13) (art. 73) e C44) (art. 73), la Corte di
rinvio avrebbe dovuto escludere gli aumenti di pena apportati dalla Corte
di appello sulla pena-base per i reati di cui ai capi A15) e A16) (pari a
complessivi anni 1 mesi 4 di reclusione), e non prendere a base del
calcolo la più elevata pena determinata dal primo giudice.
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio sul punto e
la pena da irrogare a Trovato Emiliano va rideterminata da questa Corte
– ai sensi dell’art. 620 lett. I) cod. proc. pen. – in anni 16 mesi 8 di
reclusione (anni 18 – anni 1 mesi 4 di reclusione), ferma restando la
continuazione come ritenuta dai giudici di appello.
6. Trovato Giacomo – condannato per il delitto di associazione
mafiosa di cui al capo A) e per il delitto di cui all’art. 73 D.P.R. n.
309/1990 ascrittogli al capo A15) – propone diversi motivi di ricorso.
6.1. Col primo motivo di ricorso, deduce l’inosservanza e l’erronea
applicazione dell’art. 628 cod. proc. pen., nonché la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato in
ordine al reato di cui capo A15) della rubrica. A dire del ricorrente, la
Corte di rinvio, in relazione alla cessione di sostanza stupefacente
contestata all’imputato al capo A15), non avrebbe motivato circa la
sussistenza dei necessari riscontri alle dichiarazioni rese dal collaboratore
di giustizia Esposito, cosicché sarebbe incorsa nel medesimo vizio
motivazionale che ha originato l’annullamento della sentenza di appello.

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Una volta che la Corte di rinvio, dopo la sentenza di questa Corte, ha

La censura – relativa al medesimo episodio di cessione di cinque
chilogrammi di cocaina dallo Schillaci in favore di Trovato Giacomo – è
inammissibile per le medesime ragioni già evidenziate sopra a par. 4.1.
La Corte di rinvio spiega bene le ragioni – diverse e più articolate
rispetto a quelle poste a base della cassata sentenza di appello – per le
quali, sulla base delle acquisizioni probatorie compiute, devono ritenersi

ricordato che la valutazione delle prove è riservata in via esclusiva
all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile
in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una manifesta
illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve però
escludersi. Peraltro, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito
della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la
ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di
procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del
06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),
dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro
abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento
probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento
impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile;
ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.
Quanto al fatto che Trovato Emiliano è stato assolto dal reato di cui al
capo A15), tale assoluzione trova ragione nel fatto che per tale imputato
non vi sono i riscontri rappresentati dal contenuto delle intercettazioni
telefoniche e ambientali che provano – come per Trovato Giacomo – gli
stretti rapporti con Scola Paolo, che è la persona indicata dal collaborante
come colui che ha ceduto l’autovettura al prestanome per retribuire lo
Schillaci della cessione della cocaina. Anche da questo punto di vista,
considerata la diversità degli elementi di prova acquisiti nei confronti di
ciascun imputato, il diverso giudizio della Corte di merito, quanto alla
sussistenza dei riscontri per il Trovato Giacomo e per il Trovato Emiliano,
è pienamente giustificato.

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riscontrate le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Esposito. Va

6.2. Col secondo motivo di ricorso, si deduce la inosservanza e
l’erronea applicazione della legge penale, nonché la violazione del divieto
di reformatio in peius. A dire del ricorrente, la Corte di rinvio nell’escludere gli aumenti di pena per i delitti di cui ai A16), A57 bis e
A57 ter) per cui ha pronunciato assoluzione – non avrebbe tenuto conto
della riduzione di pena disposta dal giudice di appello e avrebbe preso in

La censura è manifestamente infondata.
Invero, a fronte di una pena irrogata nel giudizio di appello pari ad
anni 15 mesi 3 di reclusione ed euro 80.000,00 di multa, il giudice di
rinvio ha rideterminato la pena nei confronti di Trovato Giacomo in anni
14 di reclusione ed euro 40.000,00 di multa, dimunuendo la pena
irrogata in appello nella misura di anni 1 mesi 3 di reclusione ed euro
40.000,00 di multa, misura persino superiore a quella corrispondente agli
aumenti di pena per i reati di cui ai capi A16), A57-bis e A57-ter) per cui
è stata pronunziata assoluzione (anni 1 mesi 3 di reclusione ed euro
5.000,00 di multa).
6.3. Nei confronti di Trovato Giacomo ha proposto ricorso anche il
P.G. (quarto motivo di ricorso), che deduce l’errata applicazione della
legge penale relativamente al calcolo della pena irrogata al Trovato
Giacomo, in quanto la Corte di rinvio – nell’escludere gli aumenti di pena
per i delitti di cui ai A16), A57 bis) e A57 ter) per cui ha pronunciato
assoluzione – avrebbe apportato sulla pena irrogata per il delitto di cui al
capo A15), che era già diminuita per effetto delle concesse attenuanti
generiche, un’ulteriore riduzione per le medesime attenuanti generiche.
Questa censura è fondata.
In esito al giudizio di secondo grado, la Corte di Appello di Milano ha
irrogato a Trovato Giacomo la pena complessiva di anni 15 mesi 3 di
reclusione ed euro 80.000,00 di multa, calcolata sulla pena-base per il
delitto di cui al capo A15) determinata in anni 10 di reclusione ed euro
65.000,00 di multa, già diminuita per effetto delle concesse attenuanti
generiche; aumentata di anni uno mesi 3 di reclusione e euro 5.000,00 di
multa per i reati di cui ai capi A16), A57-bis e A57-ter; ulteriormente
aumentata per il delitto di cui al capo A).

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considerazione la più elevata pena irrogata dal primo giudice.

Una volta intervenuta la definitiva assoluzione di Trovato Giacomo
per i delitti di cui ai capi capi A16), A57-bis) e A57-ter), la Corte di rinvio
si sarebbe dovuta limitare a sottrarre alla pena determinata dai giudici di
appello l’aumento di pena pari ad anni uno mesi 3 e euro 5.000,00 di
multa applicata per tali reati.
E invece la Corte di rinvio ha diminuito anche la pena-base per il

non fosse stata già diminuita dai giudici di appello per effetto delle
concesse attenunati generiche. Essendo stata, al contrario, la pena
determinata per il reato di cui al capo A15) già diminuita dai giudici di
appello per effetto delle attenuanti generiche (come si evince a p. 475
della sentenza di secondo grado) la Corte di rinvio ha effettuato una
doppia, quanto illegale, diminuzione di pena per le circostanze di cui
all’art. 62 bis cod. pen.
Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio
e la pena, nei confronti di Trovato Giacomo, va rideterminata – ai sensi
dell’art. 620 lett. I) cod. proc. pen. – nei seguenti termini: pena-base per
il capo A15), già diminuita per effetto delle circostanze attenuanti
generiche (secondo il calcolo effettuato dai giudici di appello), anni 10 di
reclusione ed euro 65.000,00 di multa; aumentata ex art. 81 cpv. cod.
pen. per il reato di cui al capo A), fino a anni 14 di reclusione ed euro
75.000,00 di multa.
7. In definitiva, vanno accolti il ricorso proposto dal Procuratore
Generale di Milano, nonché i ricorsi proposti da Sirianni Angelo e Trovato
Emiliano, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata nei loro confronti limitatamente alla misura della pena loro
irrogata e rideterminazione della stessa nei termini di cui sopra.
Vanno, invece, dichiarati inammissibili gli altri ricorsi. Ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., gli imputati che hanno proposto tali
ricorsi vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento,
nonché ciascuno – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di euro mille, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

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reato più grave di cui al capo A15) sul presupposto errato che tale pena

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
in accoglimento dei ricorsi del P.G., di Sirianni Angelo e di Trovato
Emiliano, annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di
Sirianni Angelo, Schillaci Paolo, Trovato Emiliano e Trovato Giacomo
limitatamente alla misura della pena loro irrogata, che ridetermina per

11 mesi 6 di reclusione ed euro 80.000,00 di multa, per Trovato Emiliano
in anni 16 mesi 8 di reclusione e per Trovato Giacomo in anni 14 di
reclusione ed euro 75.000,00 di multa; dichiara inammissibili i ricorsi
proposti da Moro Vito Leonardo, Schillaci Paolo e Trovato Giacomo, che
condanna in solido al pagamento delle spese processuali e ciascuno al
versamento della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 26 settembre 2014.

Sirianni Angelo in anni 5 mesi 6 di reclusione, per Schillaci Paolo in anni

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