Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4308 del 10/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4308 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Perrotta Carmine, nato il giorno 4
agosto 1936, avverso la sentenza 25 ottobre 2013 della Corte di
appello di L’Aquila.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
Generale Roberto Aniello che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso, nonché il difensore del ricorrente avv. Lucio
Sgroi, sostituto processuale dell’avv. Retico, che ha chiesto
raccoglimento dell’impugnazione.

Data Udienza: 10/12/2014

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RITENUTO IN FATTO
1.Perrotta Carmine ricorre personalmente e a mezzo del suo
difensore avverso la sentenza 25 ottobre 2013 della Corte di appello di

Tribunale di Avezzano.
1.1. Risulta agli atti che l’imputato:
a)

è stato dichiarato colpevole del reato di calunnia, commesso

in Magliano dei Marsi il 13 giugno 2007, in danno di Giacomo SASSU,
per aver presentato una falsa denunzia di smarrimento dell’assegno n.
5.394.748.007 tratto sul cc. n. 75.007.194 acceso presso le Poste
Italiane s.p.a., Filiale dell’Aquila, dell’importo di £. Euro 2.350,00, così
incolpando, sapendolo innocente, il prenditore del titolo del delitto di
furto o di ricettazione;
b) è stato condannato, ritenuta la contestata recidiva reiterata e
quinquennale, alla pena di anni 2 e mesi 3 di reclusione, oltre che al
pagamento delle spese processuali.
2. La penale responsabilità è stata ritenuta in quanto, a seguito
della denunzia di smarrimento presentata dal PERROTTA, venivano
attivate indagini da parte dei Carabinieri della Stazione di Magliano dei
Marsi che portavano a verificare che il titolo era stato regolarmente
negoziato, e nient’affatto smarrito, perché consegnato dall’imputato a
Giacomo SASSU, e, dalla contabile di questi, FORESI Angela, che, a sua
volta lo aveva consegnato a tale TROMBETTI Giovanni, fornitore del
BAR del SASSU, per essere da ultimo consegnato a ALTIERI Carlo, il
quale lo aveva versato per l’incasso in banca: da ciò la conclusione dei
giudici di merito che la denunzia all’ autorità giudiziaria fosse stata
presentata in modo “strumentale”, volendo l’imputato impedire
l’incasso del titolo da parte del SASSU.

L’Aquila che ha confermato la sentenza 29 settembre 2010 del

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In atti vi è un primo ricorso presentato personalmente dal

1.1. L’impugnazione del Perrotta è composta di due motivi.
1.2. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta
inosservanza ed erronea applicazione della legge, innanzitutto per
violazione del diritto di difesa, posto che al Perrotta non era stata
comunicata l’avvenuta rinuncia al mandato difensivo da parte del
difensore di fiducia e la difesa era stata così assunta da difensore
d’ufficio; in secondo luogo per essere stata fondata la decisione su un
documento mai acquisito agli atti del dibattimento.
1.3. Il motivo nella sua duplice articolazione è inammissibile in
quanto ignora e non si confronta con la corretta argomentazione
espressa sul punto dalla corte distrettuale a pag.4 e 5 della gravata
sentenza.
Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione ed
erronea valutazione delle risultanze probatorie in quanto: a) l’assegno
era stato consegnato dallo stesso Perrotta al Sassu ed inoltre era stata
la Foresi a prendere l’assegno in questione e metterlo in pagamento b)
non si era valutato che l’assegno risultava sottoscritto da Perrotta
Carlo t figlio dell’odierno imputato, e non dall’imputato stesso; c) non si
era tenuto conto delle condizioni di salute dell’imputato che ben
potevano essere compromesse “al momento della redazione della
denuncia-querela”.
2. Con i motivi nuovi / il difensore dell’imputato lamenta
‘mancanza e conseguente illogicita’ della motivazione” rilevando che la
decisione impugnata, a pag.5, dopo avere preso atto che,
effettivamente e contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice dì primo
grado, le dichiarazioni rese dal teste Sassu non erano mai state

Perrotta e “Motivi nuovi” depositati dal difensore.

acquisite al fascicolo per il dibattimento ex art.512 c.p.p. afferma,
tuttavia, che “il quadro probatorio a fondamento del convincimento di
reità non risulta né alterato né compromesso, in forza delle

l’assegno postale incriminato era stato consegnato dal Perrotta al
Sassu, in sua presenza…”.
2.1. Proprio su questa circostanza (la consegna dell’assegno dal

Perrotta al Sassu) il Giudice di primo grado aveva erroneamente
ritenuto, nella ricostruzione del fatto, che detto assegno fosse stato
consegnato dal Perrotta direttamente alla Foresi (pag.3 Sentenza di
primo grado), pertanto, essendo questo un elemento fondante del
quadro accusatorio, nei motivi di appello vi era stata una specifica
censura su tale punto (pag.5 dell’atto di appello).. .Dalle dichiarazioni
della teste Foresi, a differenza di quanto detto in sentenza, si evince
che la Foresi non ha mai ricevuto un assegno dal Perrotta ma ha deciso
di prenderlo da un cassetto del bar dopo che il Sassu era scomparso
con una rumena.
3. Le critiche dei due ricorsi non superano il vaglio
dell’ammissibilità in quanto propongono una ricostruzione alternativa
degli eventi, che si sovrappone alla descrizione, operata dalla corte
distrettuale sulla base delle dichiarazioni della teste Foresi, che sono
state correttamente “assemblate” dai giudici di merito, ricavandone
l’ineccepibile conclusione che la teste: ebbe ad assistere alla consegna
dell’assegno dal Perrotta al Sassu, in un quadro non molto chiaro di
relazioni economiche tra i due; ebbe a custodire il titolo stesso; fu
destinataria della confidenza dell’imputato circa la notizia, data al
Direttore dell’Ufficio postale dello “smarrimento del titolo”, che era
stato invece consegnato -come era ben noto al Perrotta- a Trombetti
Giovanni, fornitore del Bar del Sassu e creditore dell’odierno imputato.
3.1. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

dichiarazioni della teste Angela Foresi, la quale ha dichiarato che

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3.2. Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma, in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 10 dicembre 2014
Il co igliere estensore

determinare in €. 1000,00 (mille).

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