Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42956 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 42956 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Cagnetti Paolo, nato il 12 agosto 1990
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 28 marzo 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Eugenio Selvaggi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata, per la rideterminazione della pena.

i

Data Udienza: 27/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza del 28 marzo 2014, la Corte d’appello di Bari ha confermato
la sentenza del Tribunale di Bari del 16 luglio 2013, resa all’esito di giudizio
abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato, per i reati di cui agli artt.
81, secondo comma, cod. pen., 73, comma 1-bis, del d.P.R. n. 309 del 1990, nonché
2 e 4 della legge n. 895 del 1967, alla pena di anni sette di reclusione ed euro
40.000,00 di multa, oltre pene accessorie.

per cassazione, lamentando, con unico motivo di doglianza, l’erronea applicazione del
comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché i giudici di appello non
avrebbero riconosciuto sussistente l’ipotesi di minore gravità ivi prevista, sul
presupposto del complessivo quantitativo di sostanza stupefacente sequestrato e del
fatto che trattavasi di droghe di varia natura. Non si sarebbe considerata la sentenza
n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, in conseguenza della quale l’esistenza
dell’ipotesi di minore gravità avrebbe dovuto essere valutata solo in relazione alle 18
dosi di cocaina e non anche alla complessiva considerazione delle 31 dosi di marijuana
e delle stecchette di hashish detenute.
Dopo l’assegnazione del procedimento alla settima sezione di questa corte, la
difesa ha proposto un motivo aggiunto di ricorso, con il quale lamenta che i giudici di
merito, anziché prendere atto del fatto che l’ipotesi di detenzione a fine di spaccio di
sostanza stupefacente leggera costituiva una ipotesi autonoma rispetto alla
detenzione di cocaina, si sarebbero limitati ad affermare l’esistenza di una ben
organizzata e lucrosa attività di spaccio, senza considerare l’applicabilità della
fattispecie di minore gravità di cui al richiamato comma 5 sia alla detenzione di
droghe leggere sia a quelle deroga pesanti, tra loro in continuazione.
La settima sezione ha disposto la rimessione del procedimento alla terza
sezione di questa Corte, evidenziando la necessità di valutare l’aumento in
continuazione degli episodi di detenzione illecita di sostanze stupefacenti leggere,
costituendo gli stessi reati-satellite, per il quale deve essere applicato l’aumento in
continuazione della pena prevista per illecita detenzione di droga pesante, alla stregua
la sentenza delle sezioni unite 26 febbraio 2015, n. 22471. La difesa ha depositato
ulteriori motivi nuovi con i quali ribadisce quanto già sostenuto circa l’irrilevanza della
diversa natura degli stupefacenti ai fini del diniego del riconoscimento dell’ipotesi di
minore gravità di cui al richiamato comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2. — Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso

3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – Deve preliminarmente ricordarsi che la fattispecie di cui all’art 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuta solo nell’ipotesi di
minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e
quantitativo, sia degli altri parametri espressamente richiamati dalla disposizione
(mezzi, modalità, circostanze dell’azione); con la conseguenza che, ove uno di detti
indici risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di

24 giugno 2010, n 35737). Si tratta – è bene precisarlo – di principi che si attagliano
sia alla formulazione della disposizione conseguente della sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, precedente alla modifica introdotta dagli artt. 4-bis e 4vicies ter, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, dichiarati incostituzionali
con detta sentenza, sia alla formulazione successiva della disposizione, precedente al
decreto-legge n. 146 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del
2014, sia alla formulazione introdotta da tale ultimo decreto-legge, sia alla
formulazione attualmente vigente, introdotta dalla legge di conversione n. 79 del 2014
del decreto-legge n. 36 del 2014. E ciò perché tutte tali disposizioni fanno riferimento,
quali parametri per ritenere la lieve entità dei fatti, ai mezzi, alle modalità, alle
circostanze dell’azione, alla qualità e quantità delle sostanze stupefacenti (ex multis,
sez. 3, 19 marzo 2014, n. 27064, rv. 259664).
3.2. – Venendo al caso in esame, deve rilevarsi che la difesa lamenta, in primo
luogo, il diniego del riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità per la detenzione
della cocaina da parte dell’imputato, sul rilievo che sarebbe stata valorizzata in senso
contrario la varietà della natura degli stupefacenti detenuti, senza considerare che, a
seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, la detenzione di
droghe pesanti deve essere ritenuta una fattispecie autonoma e distinta rispetto alla
detenzione droghe leggere.
La motivazione della sentenza impugnata risulta, sul punto, pienamente
sufficiente, logicamente coerente e conforme ai principi di diritto appena sopra
richiamati.
A carico del ricorrente, soggetto gravato da precedenti specifici, è stata
accertata la illecita detenzione di cocaina, marijuana e hashish, nonché di una pistola
con munizioni. Gli elementi presi in considerazione dai giudici di secondo grado al fine
di escludere la lieve entità del fatto sono costituiti da dati pacificamente emergenti dal

incidenza sul giudizio (ex plurimis, sez. 4, 22 dicembre 2011, n. 6732/2012; sez. un.,

compendio probatorio, quali il quantitativo dello stupefacente e l’esistenza di una ben
organizzate lucrosa attività di spaccio, desunta dal sequestro di sostanze stupefacenti
di varia natura e del materiale utile per il confezionamento di dosi. Contrariamente a
quanto sostenuto dalla difesa, dunque, l’esistenza di droghe di varia natura è stata
correttamente presa in considerazione dalla Corte d’appello al precipuo scopo di
evidenziare la presenza di un’attività organizzata, idonea, unitamente al dato
quantitativo, ad escludere la configurabilità dell’ipotesi di minore gravità anche per la

detenzione di marijuana e hashish.
Ma tali considerazioni valgono anche per escludere la fondatezza della seconda
censura difensiva, relativo alla configurabilità della fattispecie di cui al richiamato
comma 5 per tale ultima detenzione. Anch’essa deve essere inquadrata, infatti, in
un’attività di spaccio organizzata e sostanzialmente “professionale”; cosicché
assumono rilievo decisivo le circostanze e le modalità dell’azione.
Quanto, poi, alla complessiva determinazione del trattamento sanzionatorio anch’esso oggetto di doglianza da parte della difesa – la Corte d’appello ha
evidenziato che la pena-base è stata fissata in misura solo lievemente superiore al
minimo edittale e che l’aumento operato per la continuazione, con la sola fattispecie
relativa la detenzione delle armi, si giustifica ampiamente in considerazione
dell’obiettiva gravità del reato, viste le modalità dell’azione e la personalità
dell’imputato, gravato da precedenti specifici. Ne consegue che l’eventuale scomputo
della detenzione delle droghe leggere dalla fattispecie complessivamente considerata
dei giudici di merito non potrebbe portare alcun concreto beneficio all’imputato in
punto di trattamento sanzionatorio, perché comporterebbe, anzi, l’applicazione di un
aumento per la continuazione su una pena-base, quella per la detenzione della
cocaina, già fissata in prossimità del minimo edittale.
E non può trovare applicazione nel caso in esame il principio enunciato dalla
sentenza delle sezioni unite di questa Corte 26 febbraio 2015, n. 22471, rv. 263717.
In base a tale pronuncia, per i delitti previsti dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati-satellite in
relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere oggetto di specifica
rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice
edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della
Corte costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità degli artt. 4-bis e 4-vicies
ter, introdotti dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 in sede di conversione del d.l. 30

sola fattispecie della detenzione di cocaina, autonomamente considerata rispetto alla

dicembre 2005, n. 272 e ha determinato, in merito, la reviviscenza della più
favorevole disciplina anteriormente vigente. Tale pronuncia si riferisce, però, al caso in
cui siano stati computati, sulla pena base per il reato riferito a “droghe pesanti” uno o
più aumenti per la continuazione in relazione a fattispecie riferite a “droghe leggere”.
Nel caso oggetto del presente procedimento, invece, nessun aumento, sulla pena-base
fissata per la detenzione di cocaina, è stato computato per la continuazione in
relazione a fattispecie riferite a “droghe leggere”; con la conseguenza che la più

sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 non può comunque trovare
applicazione.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2015.

favorevole cornice edittale applicabile per tale ultime violazioni a seguito della

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