Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4294 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4294 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPOSITO PASQUALE N. IL 24/06/1970
GIBOTTA GIOVANNI N. IL 01/04/1977
avverso la sentenza n. 11266/2012 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
20/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;

Data Udienza: 22/10/2013

SPOSITO Pasquale e GIBOTTA Giovanni propongono ricorso per cassazione
avverso la sentenza di patteggiamento pronunciata nei loro confronti dal Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Nola il 20 novembre 2012 lamentando la
mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
I ricorsi sono manifestamente inammissibili. Costituisce, infatti, principio
ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la sentenza
che applica la pena su richiesta si fonda sulla concorde volontà delle parti
negozialmente espressa e che il giudice è tenuto a compiere, da un lato,
l’accertamento positivo in ordine alla validità del consenso prestato, alla corretta
qualificazione giuridica del fatto, alla applicazione ed alla comparazione di eventuali
circostanze, alla congruità della pena ed alla concedibilità dei benefici — ove a questi
l’applicazione della pena sia subordinata — e, successivamente, deve accertare la non
ricorrenza delle cause di non punibilità, non procedibilità o estinzione del reato, a
norma dell’art. 129 cod. proc. pen. Tale accertamento, peraltro, attesa la connotazione
negativa che esso assume nel panorama della specifica e peculiare delibazione
devoluta al giudice chiamato a definire il procedimento speciale, non comporta
l’obbligo di una specifica ed analitica motivazione, soprattutto quando le ragioni del
proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., non siano allegate dall’imputato o
non siano desumibili ex actis, essendo sufficiente che il giudice enunci l’esito
negativo della indagine senza ulteriormente diffondersi sulla ricerca degli elementi di
colpevolezza dell’imputato, sottesi al consenso prestato ed alla rinuncia dello stesso a
contestare mediante la richiesta di applicazione della pena la fondatezza dell’accusa.
Quanto, poi, alle circostanze ed alla loro comparazione è parimenti sufficiente che il
giudice ritenga la correttezza della loro applicazione e prospettazione, mentre per ciò
che attiene alla pena, l’obbligo di motivazione è soddisfatto dall’esplicito giudizio
circa la relativa congruità. Pertanto, ogni censura attinente al merito del consenso,
alla fondatezza della accusa ed all’accertamento positivo degli altri elementi dianzi
specificati (qualificazione del fatto, applicazione e comparazione delle circostanze,
congruità della pena e benefici) rimane preclusa; sicchè, il ricorso per cassazione con
il quale l’imputato si dolga del mancato proscioglimento, della contestazione delle
circostanze, del giudizio di comparazione, del trattamento sanzionatorio unicamente
per il profilo del difetto di motivazione della sentenza — quando il giudice abbia
effettuato, come nel caso di specie, gli accertamenti positivi e negativi richiesti dalla
legge — deve essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza
del motivo.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di
una somma che si stima equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno alla luce dei
principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

OSSERVA

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Cosi deciso fri Roma, il 22 ottobre 2013.

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