Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4294 del 10/12/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4294 Anno 2013
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

Data Udienza: 10/12/2012

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STRACCIA GENNARO NATO IL 27/8/1980
avverso L’ORDINANZA n. 6595/2012 del TRIBUNALE DEL RIESAME DI
NAPOLI, del 20/9/2012
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ALFREDO POMPEO
VIOLA che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli con ordinanza del 20 settembre 2012
confermava l’ordinanza di custodia in carcere applicata dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Avellino in data 20 agosto 2012 nei confronti di
Straccia Gennaro per più condotte di spaccio di droga, contestate quale unico
reato continuato.
Il Tribunale, rilevato che la difesa, in sede di udienza camerale, aveva
formalmente limitato le proprie doglianze al solo profilo delle esigenze cautelari,
dava atto di aver verificato la sussistenza di un serio quadro indiziario rinviando
alla ordinanza impugnata; quindi confermava le esigenze cautelari valutando le
circostanze di fatto indicative di una stabile dedizione del ricorrente alla attività
di spaccio per il proprio sostentamento economico e, poi, la irrilevanza della
sottoposizione dello Straccia a trattamento terapeutico dal 2001 con la
somministrazione di metadone quale farmaco sostitutivo rilevando che il
ricorrente in passato lo aveva rivenduto a terzi quale stupefacente. Confermava

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anche la correttezza della scelta della custodia in carcere ritenendo che Straccia
non garantisse il rispetto dl diverse misure in ragione sia della sua forte
determinazione al delitto che per il fatto di rappresentare un punto di riferimento
per gli acquirenti di droga proprio nella sua area di residenza.
Straccia Gennaro propone personalmente ricorso contro l’o.c.c. deducendo,
con primo motivo, che vi è stata violazione dell’articolo 89 dpr 309.90 laddove è
stata applicata la custodia in carcere nei confronti di soggetto sottoposto a
programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza senza valutare la
offrire adeguata motivazione al diniego degli arresti domiciliari, motivazione che
non può essere individuata nelle generiche affermazioni del provvedimento.
Inoltre, ritiene che non sia corretta la motivazione del giudice laddove non dà
atto di come la certificazione prodotta dal ricorrente valesse a rappresentare il
suo intento di sottoporsi ad un trattamento terapeutico in comunità.
Con secondo motivo deduce la carenza di motivazione in ordine alla gravità
degli indizi sia per esservi soltanto “relationem” al provvedimento impugnato sia
per la omessa valutazione degli specifici motivi di gravame sviluppati in apposita
memoria difensiva; in tale memoria la difesa osservava come le dichiarazioni dei
tossicodipendenti non fossero utilizzabili in quanto l’acquirente di droga è di per
sé un indagato ed è quindi applicabile la disciplina degli artt. 63 e 64 cod. proc.
pen. .
Con terzo motivo deduce la carenza di motivazione in ordine al pericolo di
recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo, da valutare quale prevalente
toccando il profilo essenziale della sussistenza di un grave quadro indiziario a
sostegno della misura cautelare.
Non è in questione che il difensore abbia “rinunciato” al riesame
relativamente al profilo della gravità degli indizi, ma va escluso che possa
limitarsi la cognizione del tribunale del riesame in tale senso; la circostanza che il
ricorso sia stato presentato personalmente dall’indagato, peraltro, non consente
di ritenere che vi sia stata una condotta deontologicamente rilevante.
Le questioni da porre sono due: la prima riguarda, come già detto, la
possibilità di limitare l’ambito di valutazione del tribunale del riesame alle sole
esigenze cautelari; la seconda è se sia comunque adeguata la motivazione sotto
il profilo dei gravi indizi, essendovi comunque talune indicazioni nel
provvedimento impugnato ed un espresso rinvio alla valutazione del primo
giudice.
La specificità del riesame della misura cautelare, che costituisce una

presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza o, comunque, senza

impugnazione interamente devolutiva consentita soltanto all’indagato-imputato,
discende dal trattarsi della prima valutazione in contraddittorio della vicenda
cautelare; tale è la ragione per la quale la attività del giudice del riesame non
consiste nell’affrontare motivi specifici ma, essendo sufficiente ad attivare la
procedura la mera richiesta ancorché priva di motivazione, consiste nella
valutazione, ex novo ed anche in base di nuovi elementi – appunto “riesame” nel contraddittorio (nella forma semplificata di cui agli articoli 127 e 309 cod.
proc. pen.) tra le parti. Per tali ragioni, del resto, il “giudicato cautelare”
provvedimento emesso a seguito di giudizio di riesame (Sez. 6, n. 7375 del
03/12/2009 – dep. 24/02/2010, Bidognetti, Rv. 246026), ovvero solo dopo una
fase di effettivo contraddittorio.
Per tale ragione non vi è spazio per ridurre la cognizione del giudice del
riesame il cui compito è la valutazione globale della vicenda cautelare (Sez. 6, n.
20530 del 28/03/2003 – dep. 08/05/2003, Sabatelli, Rv. 224934). Quindi, la
atecnica “rinuncia” ai profili o della gravità degli indizi o delle esigenze cautelari
non può ridurre lo spazio di valutazione del giudice del riesame ma,
semplicemente, incidere sulla adeguatezza di una motivazione che, nel caso di
tale “rinuncia”, potrà essere limitata, in caso di conferma, ad una valutazione
degli elementi indiziari non condizionata dalla necessità di rispondere alle
argomentazioni specifiche della difesa.
Quindi, nel caso in esame, tale rinunzia non poteva valere ad escludere
l’obbligo del Tribunale del riesame di valutare la gravità degli indizi pur
consentendo di non motivare sui motivi specifici della memoria difensiva,
abbandonati dal difensore.
In apparenza l’ordinanza impugnata conferma la necessità di valutare la
gravità degli indizi anche a fronte di tale rinuncia atecnica, ma poi non sviluppa
alcuna motivazione in concreto limitandosi a dare atto di aver verificato gli atti a
fondamento della misura facendo espresso rinvio alla ordinanza impugnata.
Né una motivazione sugli elementi indiziari può desumersi dalla seconda
parte della ordinanza che, invero in modo assai puntuale, affronta il tema delle
esigenze cautelari; vero che si fa anche riferimento alle modalità delle condotte
dalle quali il tribunale desume il rischio di recidiva, ma manca il riferimento agli
effettivi elementi di prova.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pur essendo ammissibile una
motivazione per relationem al provvedimento impugnato, tale rinvio deve valere
ad integrare la motivazione ma non sostituirsi integralmente ad essa, anche
laddove, come nel caso di specie, non vi siano specifiche censure da valutare.
La totale assenza di riferimenti al materiale indiziario, quindi, non poteva

interviene non sulla ordinanza di custodia non impugnata ma solo sul

essere supplita con il mero rinvio alla ordinanza impugnata.
Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata in accoglimento del
secondo motivo di ricorso, prevalente sulla questione sollevata con il primo
motivo che, in conseguenza, resta assorbito.
Il Tribunale del riesame dovrà rinnovare il giudizio di riesame offrendo una
motivazione della propria decisione nel rispetto delle regole sopra indicate.
P. Q. M .
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di

Roma così d ciso nella camera di consiglio del 10 dicembre 2012
Il Co

lier estensore

Pierl

tef o

il Presidente
Giovanni Conti

Napoli.

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