Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42934 del 18/09/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 42934 Anno 2014
Presidente: IANNELLI ENZO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

Data Udienza: 18/09/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
PALERMO
nei confronti di:
MESSINA SALVATORE GIUSEPPE MARIA N. IL 10/06/1953
BALSANO DOMENICA N. IL 10/07/1955
BARBACCIA SARINA N. IL 21/11/1962
BORZI’ ALBERTO N. IL 28/02/1958
DECONFIN REIMERS ISABELLE N. IL 26/04/1963
PALAZZOLO SERAFINO N. IL 18/12/1951
PALAZZOLO PATRIZIA N. IL 12/01/1975
DE LUCCIA MASSIMO N. IL 21/01/1963
DEMURO GIOVANNI N. IL 19/09/1935
GIOELI MARIO N. IL 12/08/1971
ARDIZZONE VINCENZO GUALTIERO N. IL 07/05/1948
inoltre:
MESSINA SALVATORE GIUSEPPE MARIA N. IL 10/06/1953
BALSANO DOMENICA N. IL 10/07/1955
BARBACCIA SARINA N. IL 21/11/1962
BORZI’ ALBERTO N. IL 28/02/1958
DECONFIN REIMERS ISABELLE N. IL 26/04/1963
PALAZZOLO SERAFINO N. IL 18/12/1951
PALAZZOLO PATRIZIA N. IL 12/01/1975
avverso la sentenza n. 812/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del
03/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. NVYYtluie ,
che ha concluso per G(
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 3 maggio 2013, la Corte di appello di Palermo, 4^ sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede, appellata da
Messina Salvatore Giuseppe Maria, Balsano Domenica, Barbaccia Sarina, Decofin
Reimers Isabelle, Gioeli Mario, Borzì Alberto, De Luccia Massimo, Palazzolo
Serafino, Palazzolo Patrizia, De Mauro Giovanni e Ardizzone Vincenzo, ha assolto
Borzì Alberto dai reati a lui ascritti ai capi G, H ed I e quello di cui al capo D
limitatamente alle condotte relativa ai progetti indicati nei suddetti capi di

imputazione, per non aver commesso il fatto; De Luccia Massimo dal reato a lui
ascritto perché il fatto non sussiste; ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti di De Mauro Giovanni per essere i reati a lui ascritti estinti per morte dell’
imputato e nei confronti degli altri imputati in ordine ai reati loro ascritti (capi A e
B, associazione per delinquere finalizzata a commettere truffe, ascritto a Messina,
Balsano, Barbaccia, Borzì e Deconfin; concorso in truffe aggravate (capi E, F, G, H,
I); concorso in malversazione continuata, (capo L) perché estinti per prescrizione.
Ha revocato la confisca disposta con la sentenza impugnata ed ha ordinato la
restituzione agli aventi diritto di quanto sottoposto a sequestro preventivo. Ha
revocato la condanna al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese in favore
della parte civile nei confronti di Ardizzone Vincenzo. Ha confermato nel resto la
sentenza impugnata con la quale Messina, Balsano, Barbaccia, Decofin Reimers,
Gioeli, Borzì, Palazzolo Serafino e Palazzolo Patrizia erano sati condannati in solido
al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore della parte civile
Regione Siciliana nonché alla rifusione delle spese in favore della stessa.
La Corte territoriale, rigettata la reiterata eccezione di inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali e rammentato che con ordinanza
dibattimentale dell’ 8.6.2012 era stata respinta la richiesta di riapertura dell’
istruzione dibattimentale proposta dagli appellanti Massina e Balsailtgo, ha
confermato il giudizio di responsabilità nei confronti di questi ultimi al rilievo che il
mancato riferimento nella sentenza di primo grado alla consulenza di parte privata
Piccinelli-Sciaudone era riconducibile ad implicita valutazione di irrilevanza della
stessa, irrilevanza che la Corte territoriale ha condiviso perché tale consulenza si
era limitata ad effettuare una valutazione comparativa tra la versione esecutiva dei
progetti e quella presentata per l’ approvazione, senza affrontare specificamente il
thema decidendum costituito dalli accertamento che molti degli impegni di spesa
formalmente regolari e congrui si riferivano a costi mai sostenuti e ad attività
fittizie. Non è in discussione l’ effettuazione delle attività formative oggetto del
progetto ma l’ importo dei costi effettivi sostenuti, attraverso l’ attribuzione di
incarichi fittizi di consulenza e di prestazione di servizi, deleghe di analoghe attività
a società fittizie costituite all’ estro, deleghe di attività alla A.R.I. Italia s.r.I.,

4L.

fatturazioni per attività inesistenti, fittizia attribuzione di incarichi di consulenza,
elementi evidenziati nella C.T. del P.M., confermate dalle dichiarazioni testimoniali
di John Lakeland, John Abbot, Maurizio Grandi, Goffredo Daniele Gonzales nonché
dai risultati delle intercettazioni e da un appunto scritto rinvenuto nell’ abitazione di
Delli Carpi. L’ esistenza della struttura associativa era individuata nella
individuazione del programma criminoso in forza di un vincolo destinato a durare
nel tempo con disponibilità degli imputati a realizzare una serie indefinita di reati di
falso e truffa. Ricorrevano anche im presupposti del reato di malversazione. In

conformità ai canoni interpretativi di legittimità anche a Sezioni unite, per effetto
della pronuncia di estinzione dei reati per prescrizione doveva disporsi la revoca
della confisca e la restituzione di quanto in sequestro.
Quanto a Barbaccia Sarina , segretaria di Messina, la conferma del giudizio di
responsabilità scaturiva dal tenore inequivocabile di numerose conversazioni
oggetto di intercettazione dimostrative della sua piena consapevolezza del carattere
fittizio della rendicontazione da lei stessa predisposta e della natura illecita dell’
attività svolta in stretto coordinamento con gli altri sodali.
Per Decofin Reimers Isabelle, rigettata l’ eccezione di nullità del decreto di citazione
a giudizio per pretesa genericità del capo d’ imputazione, le valutazioni dei
consulenti del P.M. sulla fittizi.età dei costi fatturati per le consulenze e attività a
diverso titolo prestate aveva trovato conferma nel contenuto di conversazioni
oggetto di intercettazione tra Grandi e Messina, della corrispondenza telematica tra
I’ imputata e Daniele Gonzales (in particolare nella lettera rinvenuta nella sede di
Calatafimi dell’ Associazione Innova) nonché dagli ingenti importi delle somme
liquidate a suo favore.
Per Palazzolo Serafino e Palazzolo Patrizia, nella rispettiva qualità di titolare dell’
omonima ditta e di legale rappresentante della ditta Ser.Fil., il giudizio di
responsabilità scatuiriva dalla constatazione che essi avevano emesso fatture false
di locazione delle attrezzature elettroniche alla Associazione Innova, con la
consapevolezza dell’ utilizzo truffaldino che ne sarebbe stato fatto da Messina.
Quanto a Borzì Alberto, escluso che il fatto ritenuto in sentenza fosse diverso da
quello in contestazione (perché l’ emissione di false fatture è stato funzionale al
contestato concorso nel delitto di truffa posto in essere da Messina) e che la
contestazione del capo d’ imputazione fosse generica, la Corte ha osservato che l’
emissione delle fatture false non costituiva un post-factum, perché la truffa si è
consumata non con la predisposizione dell’ autocertificazione ma all’ esito della
complessa procedura di liquidazione che ha richiesto la rendicontazione attraverso
la produzione di fatture, fatture emesse formalmente dall’ imputato il 31.12.2001
(secondo modalità concordate per come risultante dalle intercettazioni) solo nell’
ambito dei progetti di cui ai capi E ed F, capi per i quali doveva essere confermata l’
tAk.,

affermazione di responsabilità (ancorché ai soli effetti civili), mentre doveva
pronunciarsi assoluzione per i capi G, H ed I nonché D per i fatti collegati a tali
truffe. A titolo di concorso doveva essere confermata anche la responsabilità per il
delitto di malversazione nonché la condanna in solido al risarcimento dei danni in
favore della parte civile ex art. 187 c. 2 cod. pen.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei
rispettivi difensori, nonché il Procuratore Generale della Repubblica, che ne hanno

1) ricorso del Procuratore Generale: – violazione di legge in riferimento agli artt.
640-bis, 640-quater e 322-ter cod. pen. per avere la sentenza impugnata escluso la
confisca in funzione di un non condivisibile canone interpretativo della Corte di
Cassazione, essendo corretto il diverso indirizzo che prevede l’ applicazione di tale
misura di sicurezza patrimoniale anche in caso di proscioglimento per prescrizione,
previa accertamento incidentale della sussistenza del reato; – violazione di legge in
relazione agli artt. 316, 317 e 323 cod. proc. pen. per non avere la Corte
territoriale accolto

l’ istanza della parte civile Regione Sicilia di convertire il

sequestro preventivo in sequestro conservativo;
2)

ricorso di Messina Salvatore Giuseppe Maria e di Balsano Domenica: –

inutilizzabilità dei risultati delle operazione di captazione ambientale e telefonica
disposte con i decreti nn. 2019/01 e 975/02 per mancanza di motivazione da parte
del PM sulla ricorrenza delle situazioni di urgenza legittimanti tale iniziativa, non
sanato dai successivi provvedimenti di convalida del GIP, in quanto motivati in
maniera generica; – carenza e manifesta illogicità della motivazione in riferimento
alle specifiche censure mosse con l’ appello sia in ordine ai fatti ritenuti in sentenza
di prime cure (disancorati dalli originaria contestazione) sia in ordine alla
riconosciuta effettiva esecuzione di tutti i progetti sia in ordine alli erronea
individuazione della normativa di riferimento essendo partita dall’ erroneo
presupposto che il saldo del finanziamento avvenisse a seguito della verifica della
rendicontazione, mentre quest’ ultima valeva solo al fine della liberazione della
polizza fideiussoria, che garantiva

l’

erogazione del saldo all’ esito di

autocertificazione. In conseguenza la predisposizione di “falsi contratti” e di “false
fatture” costituisce un post-factum perché successiva all’ erogazione dei saldi da
parte della Regione. Contraddittoriamente inoltre la sentenza impugnata ha ritenuto
la compiacente disponibilità ad aggiustare i conti da parte dei funzionari regionali
incaricati dei controlli, funzionari (Petrungaro e Urso) che invece sono stati assolti in
primo grado per non aver commesso il fatto; – mancata assunzione di prova
decisiva ai fini del decidere, indicata nella necessità di disporre perizia contabile; manifesta illogicità della motivazione per inosservanza della disposizione di cui alli
art. 416 cod. pen. in quanto le condotte posta in essere hanno avuto ad oggetto

chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:

esclusivamente i cinque progetti sperimentali specificamente indicati nei rispettivi
capi di imputazione; – inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 523 e 602 c. 4
cod. proc. pen. in relazione all’ art. 153 disp. att. per aver proceduto alla
liquidazione delle spese in favore della parte civile, in assenza di formale richiesta o
nota del difensore della stessa.
3) Barbaccia Sarina: – erronea applicazione della legge penale per avere la Corte di
appello confermato la valutazione di responsabilità senza tenere conto delle
specifiche censure mosse con l’ appello, con il quale si erano messe in rilievo le

circostanze favorevoli all’ imputata, idonee a palesare la sua estraneità al sodalizio
criminoso, in particolare il ruolo di semplice dipendente con funzioni meramente
esecutive, con compenso stipendiale assolutamente contenuto, tale da escludere
qualsiasi tornaconto personale, sicché le scarse e poco significative conversazioni
oggetto di intercettazione erano prive di riscontri ed anzi erano smentite nel loro
significato accusatorio dai rammentati elementi di prova;
4) Borzì Alberto:
– erronea e falsa applicazione delle norme di rito e travisamento delle prove in
riferimento alli

iter procedimentale cui l’ erogazione dei finanziamenti era

sottoposto. In particolare, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza
impugnata, il saldo del finanziamento da parte degli uffici regionali è conseguito
alla presentazione, entro il 15 luglio 2001, dell’ autocertificazione e non all’ esito
della rendicontazione sulle fatture delle spese da effettuarsi entro il 31.12.2001,
come del resto oggetto di contestazione ai capi E, F, G, H e I, in relazione ai cinque
progetti presentati dalle associazioni “INNOVA” e “Istituto Mediterraneo per la
Cultura, il Turismo e l’ Occupazione” per i quali le varie truffe sarebbero consistite
nella falsa rappresentazione (attraverso le autocertificazioni indicate come false:
capi B e C) di impegni di spesa “gonfiati”, sicché i vari reati di truffa sono stati
consumati prima del 31.12.2001, sicché la pretesa falsità delle fatture (condotta
scritta al ricorrente) costituirebbe un post factum non punibile, in quanto non
integrano un artifizio o un raggiro valido ed idoneo ad indurre in errore gli impiegati
della Regione;
– violazione degli artt. 522 e 521 cod. proc. pen. nonché motivazione mancante
illogica e contraddittoria, per mancanza di correlazione fra il fatto ascritto in
sentenza al Borzì (emissione di false fatture dopo il 31.12.2001) e quello oggetto di
contestazione, questione devoluta con l’ appello e che la Corte territoriale ha risolto
addebitando al ricorrente a titolo di concorso morale nella realizzazione della falsa
autocertificazione, in tal modo andando oltre la verifica della denunciata nullità
rinvenibile nella motivazione della sentenza di primo grado;
– falsa applicazione della legge penale in relazione agli artt. 11′, 483, 316-bis e 640
cod. pen. nonché illogicità e contraddittorietà della sentenza e travisamento della

4

4,

prova per avere la sentenza impugnata, in parte con recepimento acritico degli
argomenti del primo giudice, ritenuto la falsità delle fatture sulla base di elementi
indiziari costituiti dal fatto che fornitore originario della prestazione era la ARI srl e
dal contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica ed
ambientale, risolto con argomentazione illogica quanto osservato con l’ atto di
appello (che aveva fornito dimostrazione della correttezza dei rapporti intercorsi tra
la ARI srl e Borzì, con conseguente insussistenza di uno degli elementi indiziari a

attività commerciale costituirebbe il prezzo dell’ attività illecita, in aperta violazione
di ogni principio di accertamento delle prove e del diritto di difesa. L’ assunto
secondo il quale le fatture emesse dalla ARI alla Borzì Viaggi e da questa alla
INNOVA sarebbero false è stato smentito attraverso la dimostrazione che la ARI ha
effettivamente prestato beni e servizi, con prova positiva di tali prestazioni, per
come riconosciuto anche dal teste assistito Grandi Maurizio nonché dai testi
introdotti dalla difesa CAMMARATA Michele e Anania Aurora. La circostanza che la
ARI fosse priva di struttura organizzativa (che cioè abbia agito come semplice
intermediaria) non elimina che le prestazioni oggetto di fatturazione siano state
effettivamente eseguite. L’ ultimo elemento indiziario, costituito dalle conversazioni
oggetto di intercettazione, è stato oggetto di valutazione frutto di pregiudizio e di
intendere ogni elemento in chiave accusatoria, in particolare in riferimento all’
atteggiamento assunto dall’ Anania a fronte delle pressioni da parte di Messina per
ottenere altre fattura, quando ormai si era a febbraio 2002. In ogni caso, si
ribadisce, l’ emissione di false fatture in tale epoca costituirebbe un semplice post-

factum rispetto al perfezionamento del delitto di truffa a seguito della presentazione
dell’ autocertificazione e al pagamento del saldo sulla base di essa. L’ ipotizzato
concorso morale del ricorrente nella condotta del Messina al momento della
presentazione dell’ autocertificazione si fonda su un semplice sospetto non sorretto
da alcun elemento di prova indiziaria corredata dai requisiti richiesti dall’ art. 192
cod. proc. pen., non rinvenibili neppure nella consulenza Murgia-Gravante ed anzi
smentite dall’ affannarsi del Messina nel febbraio 2002 per cercare la disponibilità di
Borzì;
– violazione degli artt. 523 cod. proc. pen. e 153 disp. att. cod. proc. pen.
Relativamente alla condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile
Regione Siciliana tenuto conto, per come risulta dai verbali di udienza, che tale
parte non si è presentata, non ha formulato conclusioni orali e non ha presentato
nota spese ma si è limitata a depositare in Cancelleria una memoria
successivamente alla requisitoria del PG e alle arringhe difensive;

carico) attraverso l’ ingiustificato assunto che il legittimo profitto di una corretta

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o
– a norm dell’ art. 606 lett. c) ed e) in relazione agli artt. 429, 181, 125 e 546 cod.
proc. pen. per nullità del decreto di citazione a giudizio e illogicità contraddittorietà
e mancanza di motivazione della sentenza impugnata in riferimento alle doglianze
mosse con l’ appello in riferimento all’ ordinanza del Tribunale del 4.10.2006 che
aveva rigettato le questioni sollevate dalla difesa in relazione alli integrazione dell’
imputazione sotto il profilo della qualificazione soggettiva, tenuto conto che la
stessa sentenza impugnata ha verificato che gli unici due corsi nei quali la

ELLEBASI furono quelli di cui ai capi E ed F, con la conseguenza che il decreto di
citazione a giudizio la chiamata a difendersi per istituti con i quali non ha mai
collaborato, con ruoli societari mai svolti o per attività mai effettuate almeno
rispetto a tre corsi compresi in tre distinti capi di imputazione (G, H, I), fatti in
relazione ai quali non si comprende come avrebbe potuto difendersi e per i quali è
stata riconosciuta responsabile;
– a norma dell’ art. 606 lett. B) cod. Proc. pen. in relazione agli artt. 416, 483, 640
bis, 316 bis, 316 ter cod. pen., 125, 192, 521, 522, 530, 546 c. 1 lett. e) cod. proc.
pen. per illogicità, contraddittorietà e mancanza della motivazione sulle doglianze
difensive nonché per travisamento della prova relativa alla falsificazione degli
impegni di spesa e della rendicontazione, perché le argomentazioni della Corte di
appello non risolvono i problemi di un’ attività che era e rimaneva un post factum
rispetto al quale comunque si era realizzata una violazione dei principi di difesa in
relazione a quanto oggetto di contestazione e quanto ritenuto in sentenza, specie in
riferimento a soggetti docenti come la ricorrente che nulla aveva a che vedere con
gli aspetti amministrativi, senza tenere conto che il saldo è stata corrisposto per
effetto di documento autocertificatorio (firmato da Trobolini, assolto, per accertata
falsità materiale della sua sottoscrizione) ideologicamente falso, con conseguente
violazione degli artt. 521-522 cod. proc. pen. perché in motivazione l’ elemento
fittizio è rinvenuto nella rendicontazione, con travisamento della prova perché non
vi è corrispondenza telematica ma solo un dattiloscritto la cui valenza probatoria è
di alcun rilievo essendo un documento sostanzialmente anonimo di incerta
provenienza. Quanto alle truffe di cui ai capi C, D, E ed F si è eluso il tema da
provare, cioè se attraverso le certificazioni falsificate la regione sia stata indotta in
errore e se (provata la falsità materiale del documento a firma Tombolini) vi sono
altri elementi che colleghino ai falsi la ricorrente. La sentenza ha dato rilievo alle
false fatture successive che però non sono tra gli elementi che avrebbero dovuto
indurre in errore la Regione. Manca comunque la prova che i files utilizzati siano
stati analizzati: questioni poste con l’ appello alle quali la sentenza non ha dato
risposta. Sulla richiesta subordinata di qualificare i fatti ex art. 316 ter cod. pen. la
Corte di appello ha omesso di pronunciarsi. Quanto ai capin G, H ed I dell’ originaria

ricorrente è stata impegnata (come persona fisica o come titolare della società

rubrica si è confermata la responsabilità della ricorrente in assenza di ogni
elemento di prova e senza motivazione alcuna a fronte degli specifici motivi di
appello. Erroneamente si è poi ritenuto il concorso della malversazione con le truffe
contestate e ritenute;
– violazione dell’ art. 606 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 523 cod. proc. pen. e
153 disp att. cod. proc. pen. perché la condanna della ricorrente alle spese
sostenute dalla parte civile Regione Siciliana è stata pronunciata senza che la

6) Palazzolo Serafino e Palazzolo Patrizia:
– violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza di primo e secondo
grado con errata applicazione dell’ art. 521 cod. proc. pen. e travisamento della
prova, questione posta anche con l’ appello che la Corte territoriale ha cercato di
risolvere con l’ assunto che, pur avendo dovuto riconoscere che vi fu effettiva
vendita di attrezzature elettroniche cedute all’ associazione Innova, i ricorrenti
avrebbero emesso false fatture per la loro locazione, condotta ontologicamente
diversa e, soprattutto, successiva al contestato conseguimento dell’ illecito profitto.
In ogni caso nel corso del giudizio di primo grado è stata acquisita produzione
documentale della difesa attestante la congruità dei prezzi di noleggio delle
attrezzature fornite con il prezziario esistente presso la Camera di Commercio di
Palermo, documentazione che, per autosufficienza del ricorso, si allega;
– violazione ed errata applicazione degli artt. 9 e 10 L. 27.12.2002 n. 289 recante
disposizioni in materia di concordato per i reati tributari previa riqualificazione dei
reati di truffa e malversazione nei reati di dichiarazione fraudolenta relativa alli
anno 2002 ed emissione di fatture per operazioni inesistenti relative al medesimo
anno di imposta.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Ricorso nell’ interesse di Messina Salvatore Giuseppe Maria e Balsano Domenico.
1.1.

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