Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4292 del 13/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 4292 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CORTI Fabio, nato a Vimercate (MI) il 03/09/1969,
avverso la sentenza del 06/12/2012 della Corte di Appello di Milano;
letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO
1. Con il ministero del difensore l’imputato Fabio Corti ricorre per cassazione contro
la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha confermato la decisione del Tribunale di
Monza del 14.5.2008, che lo ha condannato -con le attenuanti generiche e la diminuente
per il rito abbreviato- alla pena di due mesi e venti giorni di reclusione per il reato di
evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari (Corti sorpreso in strada alle ore
4.00 notturne, invece di trovarsi al lavoro nel panificio di famiglia, ove era autorizzato a
svolgere attività lavorativa con orario 3.00/11.00 di ogni giorno).
In particolare, non contestando l’imputato la sussistenza della condotta elusiva
della misura cautelare domestica, la sentenza di appello -condividendo sul punto le
conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado- ha escluso il prospettarsi di una
situazione patologica del Corti incidente sulla sua capacità di intendere e di volere,
elidendola o scemandola in rilevante misura.

Data Udienza: 13/05/2014

2. Con il ricorso sono dedotti i motivi di censura di seguito riassunti.
2.1. Inosservanza degli artt. 85, 88 e 89 c.p. e difetto di motivazione.
I giudici di appello, pur riconoscendo (come la sentenza di primo grado) l’esistenza
di un disturbo della personalità del Corti alla luce della relazione del consulente di parte
acquisita nel giudizio abbreviato svoltosi davanti al Tribunale (consulenza attestante il
venir meno della capacità di intendere e di volere del Corti in relazione allo specifico
episodio criminoso ascrittogli), non hanno tratto da tale dato le dovute conseguenze

Richiamata la nota decisione delle Sezioni Unite della Cassazione (Sez. U, n. 9163
del 25.1.2005, Raso, Rv. 230317), secondo cui anche i disturbi della personalità possono
rientrare nel concetto di infermità mentale rilevante ex art. 88 c.p. se connotati da
intensità e gravità tali da incidere in concreto sulla capacità di intendere o di volere del
soggetto, la sentenza impugnata ne ha disatteso i referenti valutativi, inducendosi ad una
impropria prognosi comportamentale postuma. Prognosi che valorizza da un lato la
mancanza, nei quindici mesi di sottoposizione alla misura cautelare domiciliare che hanno
preceduto l’incriminato episodio dell’8.2.2008 per cui è processo, l’assenza di omologhi
“impulsi ad evadere” del Corti nonché, d’altro lato, il contegno assunto dall’imputato nella
notte dell’8.2.2008, che -dandosi alla fuga alla vista degli agenti- ha mostrato di rendersi
perfettamente conto dell’antigiuridicità della propria condotta. Si tratta di evenienze non
conferenti perché, così argomentando, la sentenza non tiene conto della peculiarità delle
condizioni del Corti, che il consulente psichiatrico di parte definisce in termini di incapacità
di controllare la propria impulsività in presenza di fatti eccezionali ed imprevedibili.
In ogni caso, non condividendo le conclusioni del consulente dell’imputato, la Corte
di Appello ben avrebbe potuto e dovuto disporre un accertamento peritale sulla condizione
di eventuale infermità mentale del ricorrente.
2.2. Violazione dell’art. 53 L. 689/1981 e mancanza di motivazione.
Impropriamente la Corte distrettuale ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta
di conversione della pena detentiva inflitta al Corti con la corrispondente pena pecuniaria.
La sentenza impugnata formula una negativa prognosi di adempimento che appare propria
di altro istituto processuale, quale quello della sospensione condizionale della pena.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di Fabio Corti deve essere rigettato.
3.1. Non hanno fondamento le censure enunciate sulla asserita incompleta verifica
dell’effettiva capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto; censure
per più versi riproduttive di quelle già esposte con i motivi di appello, pur diffusamente
vagliate e disattese dai giudici di secondo grado con congrui argomenti giuridici.
Già il Tribunale ha correttamente escluso la necessità ai fini del decidere di una
perizia psichiatrica, emergendo dagli atti elementi storici e comportamentali ben sufficienti

2

(totale incapacità volitiva o seminfermità mentale del ricorrente).

per procedere ad una esauriente analisi dello stato mentale dell’imputato al momento
dell’accertata elusione della misura cautelare domestica. A tali deduzioni ha fatto rinvio la
sentenza di appello vagliando criticamente le conclusioni del consulente di parte alla luce
di tutti gli elementi circostanziali che scandiscono l’illecita condotta dell’imputato. In essi
comprendendo i dati fattuali che illogicamente il ricorso sostiene non essere pertinenti alla
reale condizione mentale dell’imputato: assenza di precedenti episodi di evasione, chiara
coscienza dell’arbitrarietà dell’allontanamento dal luogo di lavoro (non dall’abitazione,
come afferma il ricorso) nella notte dell’8.2.2008.

menzionata decisione delle Sezioni Unite (ric. Raso) operata dai giudici di appello, in
palese assenza di un ricostruibile nesso eziologico tra il disturbo della personalità da cui è
interessato il Corti e il fatto reato dallo stesso posto in essere.
E’ appena il caso di osservare che -diversamente da quanto sembra supporsi nel
ricorso- l’imputabilità, quale capacità di intendere e di volere, e la colpevolezza, quale
coscienza e volontà del fatto illecito che l’agente sta compiendo, esprimono categorie
giuridiche concettualmente diverse ed operanti su piani diversi, benché ovviamente la
prima, come substrato naturalistico della responsabilità penale, vada accertata con criterio
di priorità rispetto alla seconda. In particolare il vizio parziale di mente (art. 89 c.p.) deve
valutarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi contrasto fra la seminfermità
mentale ed il ritenere provato il dolo. La coscienza e la volontà, pur diminuite, non sono
inconciliabili con il vizio parziale di mente, perché sussiste piena autonomia concettuale tra
la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione
della sua volontà, e l’intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si
esteriorizza e persegue l’obiettivo avuto di mira dal soggetto agente (ex plurimis: Sez. 1,
n. 40808 del 14.10.2012, Cazzaniga, rv. 248439; Sez. 6, n. 47379 del 13.10.2011,
Dall’Oglio, rv. 251183). Con la conseguenza, quindi, che nel caso di un reato commesso
da persona seminferma di mente deve essere in ogni caso oggetto di ricognizione e
verifica la sussistenza dell’elemento psicologico del commesso reato, compatibile -come
detto- con il vizio parziale di mente, atteso che anche nella condizione di imputabilità
diminuita residua pur sempre la capacità di intendere e di volere, la cui contrazione può
assumere possibile rilievo nei reati a dolo specifico, ma non in quelli connotati da dolo
generico, come il reato di evasione ascritto all’imputato Corti.
L’autonomia concettuale e di corrispondente manifestazione esterna delle nozioni di
imputabilità e di colpevolezza implica che il reato di evasione domiciliare può essere
configurabile, e il giudice di merito deve accertare simile evenienza, indipendentemente
dalla capacità di intendere e di volere, piena o scemata, del suo autore. Evenienza il cui
dinamico controllo, fatto palese dagli esteriori indici dell’azione realizzata dall’agente, la
sentenza impugnata ha congruamente valutato e motivato.

3

Validamente motivata deve, infatti, valutarsi l’applicazione dei principi dettati dalla

3.3. Privo di pregio è anche il secondo, subordinato, motivo di doglianza attinente
alla mancata conversione della pena detentiva inflitta al ricorrente.
I giudici di appello hanno adeguatamente motivato il diniego dell’invocato beneficio,
facendo corretta applicazione dei principi regolanti il potere discrezionale del giudice di
merito nella sostituzione delle pene detentive (artt. 58, 59 L. 689/1981). La valutazione
della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata, del
resto, agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, sì che il
giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può

esame nel rilevante precedente penale da cui è gravato il Corti (Sez. 2, n. 25085 del
18.6.2010, Amato, rv. 247853). Con la conseguenza che il giudice di merito ben può
negare la sostituzione della pena anche soltanto perché i precedenti penali rendono il reo
immeritevole del beneficio, senza dover addurre ulteriori o più analitiche ragioni (Sez. 2,
n. 28707 del 3.4.2013, Di Pasquale, rv. 256725).
Al rigetto dell’impugnazione segue

ex lege

la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 13 maggio 2014

prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 c.p., individuati nel caso in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA