Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42911 del 24/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 42911 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lommito Roberto, nato a Trani il 07/10/1960

avverso la sentenza del 27/05/2013 della Corte d’Appello di Lecce

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giovanni Azzi in sostituzione dell’avv. Ernesto Pensato,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Lecce del 30/03/2010, veniva
confermata l’affermazione di responsabilità di Roberto Lommito per il reato

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Data Udienza: 24/09/2014

continuato di cui agli artt. 116, 624, 625 e 648 cod. pen., commesso il
23/06/2009 in concorso con Donato Fuzio, il quale operava materialmente
entrando nella gioielleria Mossa di Lecce con l’originario intento di commettere il
reato di truffa acquistando due orologi Cartier con la cessione in pagamento di
due assegni circolari provento di furto in danno della Banca Popolare dell’Etruria
e del Lazio, mentre il Lommito rimaneva all’esterno del negozio per controllare
l’eventuale arrivo di altre persone, e con la successiva realizzazione di una
condotta di furto mediante la sottrazione degli orologi dal banco dell’esercizio

copertura degli assegni, sviluppo ritenuto per il Lommito prevedibile
conseguenza del progetto concordato con il Fuzio. La sentenza di primo grado
veniva riformata con la riqualificazione della condotta di furto dall’ipotesi di cui
agli artt. 624-bis e 625 cod. pen., originariamente contestata, in quella di cui agli
artt. 624 e 625 cod. pen., il riconoscimento in favore del Lommito
dell’attenuante di cui all’art. 116 cod. pen. e la conseguente rideterminazione
della pena in anni uno e mesi otto di reclusione ed €. 600 di multa.
L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di furto, il ricorrente
deduce mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta inattendibilità delle
dichiarazioni del Fuzio sull’estraneità del Lommito ai fatti. Lamenta altresì
illogicità dell’attribuzione di rilevanza concorsuale al ruolo di vigilanza esterna
ascritto al Lommito con riguardo all’originario progetto truffaldino, rispetto al
quale un siffatto contributo era inutile e perfino controproducente. Deduce infine
violazione di legge e mancanza di motivazione, in ordine alla qualificazione del
fatto come furto, rispetto al contenuto del filmato dell’impianto di
videosorveglianza della gioielleria, da cui risultava che gli orologi, muniti di
certificazioni di garanzia e di autenticità, venivano spontaneamente consegnati al
coimputato Fuzio dal personale del negozio, il che escludeva l’elemento oggettivo
dell’impossessamento dei beni; e comunque illogicità della motivazione nella
ritenuta prevedibilità per il Lommito della mancata accettazione degli assegni e
della possibilità che il Fuzio abbandonasse a quel punto il progetto criminoso
concordato passando al diretto impossessamento degli orologi, in mancanza di
elementi diversi dalla mera presenza del Lommito all’esterno della gioielleria.
2. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione, il ricorrente
deduce violazione di legge ed illogicità della motivazione rispetto all’assenza di
prova del concorso del Lommito nel momento in cui gli assegni venivano ricevuti
dal Fuzio, nel quale si consumava il reato, ed all’irrilevanza a tal fine della
funzione di vigilanza esterna contestata come svolta all’atto della successiva
spendita dei titoli.
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allorché il titolare Antonio Russo si appartava per verificare telefonicamente la

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi proposti sull’affermazione di responsabilità dell’imputato per il
reato di furto sono fondati nei seguenti termini.
Il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni del coimputato Fuzio, per le
quali il Lommito si sarebbe limitato ad accompagnare il predetto a Lecce
rimanendo estraneo all’operazione criminosa, non può dirsi per il vero affetto dal

valutazione fondata, nell’argomentazione della Corte territoriale, sull’assenza di
una credibile spiegazione delle ragioni per le quali il Lommito, avendo accettato
di accompagnare il Fuzio fino alla gioielleria, si tratteneva poi all’esterno della
stessa senza entrarvi.
Tanto premesso, la motivazione della sentenza impugnata sul punto si ferma
a queste considerazioni, e non approfondisce il tema della esatta definizione del
contributo causale del Lommito all’originario progetto criminoso truffaldino, se
non con un generico riferimento alla mancanza di alternative logiche ad una
funzione di vigilanza attribuita all’imputato, non supportato da ulteriori
specificazioni sulle modalità con le quali tale funzione sarebbe stata in concreto
esercitata. Ma, anche a voler supere queste problematiche, la motivazione risulta
comunque carente sotto il profilo della possibilità, rispetto al ruolo gregario che
per quanto detto veniva affidato nel disegno delittuoso all’imputato, di prevedere
lo sviluppo in concreto assunto dall’azione criminosa, all’interno della gioielleria,
a seguito della decisione del Fuzio di impossessarsi materialmente degli orologi e
del conseguente mutamento della configurazione della condotta in quella tipica
del furto. Se in ordine a tale mutamento la sentenza impugnata era
adeguatamente motivata con il richiamo al mancato perfezionamento
dell’acquisto in assenza dell’accettazione degli assegni offerti in pagamento e
quindi di un consenso sia pur viziato al trasferimento del possesso dei beni,
elemento differenziale della truffa rispetto al furto (Sez. 2, n. 3710 del
21/01/2009, Busato, Rv. 242678; Sez. 5, n. 6876 del 06/04/1999, Montaruli,
Rv. 213601), tanto rendendo irrilevante che gli orologi fossero stati già
confezionati e collocati sul banco del negozio come documentato dalle
videoriprese, la prevedibilità di siffatto accadimento da parte del Lommito era
tuttavia oggetto di un’affermazione apodittica, che non rispondeva alle esigenze
di una specifica giustificazione della ricorrenza nel caso in esame della ritenuta
fattispecie di cui all’art. 116 cod. pen.; la quale richiede l’esame tutte le
circostanze del caso concreto al fine di stabilire se l’imputato avrebbe potuto
prevedere il verificarsi della condotta effettivamente commessa, facendo uso
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vizio di assoluta di motivazione lamentato dal ricorrente; essendo tale

della normale diligenza, quale sviluppo logicamente prevedibile dell’azione
concordata (Sez. 5, n. 34036 del 18/06/2013, Malgeri, Rv. 257251; Sez. 3, n.
44266 del 03/04/2013, De Luca, Rv. 257614; Sez. 1, n. 4330 del 15/11/2011
(dep. 01/02/2012), Camko, Rv. 251849), e non dovuto a fattori eccezionali o
meramente occasionali (Sez. 2, n. 3167 del 28/10/2013 (dep. 23/01/2014),
Sorrenti, Rv. 258604; Sez. 6, n. 6214 del 05/12/2011 (dep. 16/02/2012),
Mazzarella, Rv. 252405)

per il reato di ricettazione è fondato.
Tale responsabilità richiede infatti che il soggetto abbia partecipato alla
condotta istantanea che specificamente integra il reato, ossia la ricezione del
bene di provenienza delittuosa; e non può di conseguenza essere individuata nel
successivo uso del bene unitamente all’autore di tale condotta, sia pure con la
consapevolezza dell’illecita origine del bene, che in quanto mera adesione
psicologica ad un fatto da altri precedentemente commesso non può integrare
concorso morale nel fatto stesso (Sez. 2, n. 51424 del 05/12/2013, Ferrante, Rv.
258582; Sez. 2, n. 23395 del 13/04/2011, Faccioli, Rv. 250689).
Orbene, la sentenza impugnata presenta sul punto una motivazione che si
riduce all’affermazione dell’evidenza della codetenzione dei titoli dati in
pagamento dal Fuzio, in capo al Lommito, alla luce della partecipazione di
quest’ultimo all’azione criminosa in danno della gioielleria. Affermazione, questa,
che ove intesa letteralmente attribuirebbe rilevanza concorsuale nella
ricettazione proprio a quella condotta di coutilizzazione successiva dei beni
ricettati che si è appena visto essere giuridicamente irrilevante a questi fini; e,
se viceversa riferita alla prova della partecipazione del Lommito alla ricezione
degli assegni, è in termini manifesti illogicamente assertiva di tale conclusione in
base all’unico e chiaramente insufficiente elemento del concorso dell’imputato
nella condotta perpetrata con l’uso degli assegni.
Per questo, come per i profili indicati al punto precedente, la sentenza
impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte
d’Appello di Lecce per nuovo esame sulle segnalate carenze motivazionali.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della
Corte d’Appello di Lecce.
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2. Anche il motivo proposto sull’affermazione di responsabilità dell’imputato

Così deciso in Roma il 24/09/2014

Il President?

Il Consigliere esten ore

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