Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4291 del 10/12/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4291 Anno 2013
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

Data Udienza: 10/12/2012

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PISANO BRUNO NATO IL 26/4/1983
avverso L’ORDINANZA n. 502/2012 del TRIBUNALE DEL RIESAME DI
REGGIO CALABRIA, del 25/7/2012
visti gli atti, L’ordinanza ed Il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ALFREDO POMPEO
VIOLA che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
Udite le conclusioni dell’avv. M. GIULIANO SANTAMBROGIO che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Nei confronti di Pisano Bruno il giudice per le Indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria emetteva una prima misura per il reato di
associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per una singola violazione di
cui all’articolo 73 D.P.R. 309.90 commessa in data 8 febbraio 2011; l’ordinanza
veniva confermata in sede di riesame il 6/4/2011 ma era successivamente
annullata senza rinvio con sentenza del 29 febbraio 2012 di questa Corte
essendovi un vizio formale del procedimento in quanto non era stata rilasciata
copia delle registrazioni effettuate nel corso delle intercettazioni di conversazioni.
Il gip emetteva nuova ordinanza di custodia il 26 aprile 2012 avverso la quale
veniva proposto appello al sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. deciso dal
Tribunale di Reggio Calabria con l’ordinanza del 25 luglio 2012.
Il Tribunale, nel confermare l’ordinanza di custodia, osservava che si

o),

procedeva per le attività di una associazione dedita alla commissione di reati di
traffico di cocaina nel contesto delle più ampie attività criminali dell’associazione
mafiosa denominata “‘ndrangheta”. Il ruolo del ricorrente risultava, nell’ambito
dei suoi rapporti con Ascone Michele, ritenuto Il capo, dalla responsabilità per la
detenzione di 4 kg di cocaina e materiale per la sua raffinazione trovati in un
autolavaggio sito in Rosarno il 14 settembre 2004 (data indicata nel capo di
imputazione) e da varie intercettazioni telefoniche del medesimo periodo che
dimostravano il suo ruolo nella banda criminale.
Due conversazioni del 27 e del 29 agosto da cui si desumono incontri tra
Ascone Michele e Pisano Bruno.
Una serie di conversazioni tra il 31 agosto ed Il 4 settembre che
dimostrerebbero che Ascone Michele, Pisano Bruno e Pisano Vincenzo
avevano incaricato Bonarrigo Gioacchino, Nasso Aldo e Bellocco Umberto
di recarsi in Sicilia; il viaggio, secondo gli inquirenti, era finalizzato ad
una consegna di sostanza stupefacente.
– Una serie di conversazioni in data 15 settembre 2004, il cui significato
viene collegato al citato sequestro del 14 settembre. Tra queste conversazioni
vi erano quelle che, secondo i giudici di merito, indicherebbero lo stato di
agitazione dei componenti della banda per l’avvenuto sequestro di stupefacente:
la conversazione delle ore 21.30 in cui la moglie di Ascone Michele, sorella della
moglie di Pisano, invita quest’ultimo a recarsi con urgenza da Ascone; nonché
altra telefonata con la quale, alle 21.32, Ascone Michele convocava Nasso Aldo,
altro presunto affiliato.
Vi erano poi alcune conversazioni successive del novembre 2004 tra il
ricorrente ed Ascone.
Nel valutare i motivi di appello, il Tribunale riteneva inattendibile

la

presunta giustificazione offerta dalla difesa per giustificare il tono utilizzato nella
telefonata del 15 settembre, ovvero che fosse conseguenza di un litigio tra
Ascone e la moglie, sorella del Pisano Bruno, per cui era stato chiesto
l’intervento di quest’ultimo; il Tribunale escludeva quindi che tale circostanza
potesse ritenersi dimostrata dalla esibita certificazione di pronto soccorso del 14
settembre 2004 che attestava l’intervento medico in favore di Pisano Teresa.
Inoltre Il Tribunale riteneva irrilevante che, a seguito della sentenza di
annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, la misura applicata al Nasso
Aldo fosse stata annullata per mancanza di indizi; la posizione di quest’ultimo
non poteva essere assimilata a quella del Pisano per la diversità di ruolo del
Nasso ed il minor numero di conversazioni intercettate.
Contro il provvedimento emesso dal Tribunale ex art. 310 cod. proc. pen. la

Dalle attività di intercettazione emergevano in particolare:

difesa ha proposto ricorso.
Con il primo motivo eccepisce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in relazione agli articoli 125 e 272 cod. proc. pen. nonché 73 e 74
D.P.R. 309.90. Rileva l’erroneità dell’ordinanza impugnata che, nell’escludere
che la decisione nei confronti del coindagato Nesso Aldo avesse conseguenze
per l’odierno ricorrente, non teneva conto che Nassa e Pisano erano accusati in
base ad elementi indiziari sostanzialmente corrispondenti.
Rileva, poi, che

l’affermazione di responsabilità del ricorrente per la

dei fratelli Zungri è basata su un palese errore di fatto: il Tribunale, nel ritenere
significative le conversazioni intercettate 11 15 settembre 2004, ha affermato che
quest’ultimo fosse il giorno del sequestro e, quindi, vi fosse continuità tra notizia
del sequestro e convocazione dei complici. Invece, il reale distacco temporale,
secondo la difesa, non consente di ritenere le conversazioni riferibili all’episodio
del giorno prima. Richiama sul punto quanto ritenuto dalla Corte di Cessazione
in riferimento alla posizione di Nesso “il tessuto argomentativo a giustificazione
dell’intervenuto provvedimento di privazione della libertà personale del Nassa
non resiste alle perspicue argomentazioni difensive facenti leva, da un lato, sulla
limitatezza del numero dei colloqui telefonici che coinvolgono il Nasso, dall ‘altro,
sulla congetturale ipotesi che Nasso sia stato chiamato a rapporto nel momento
di fibrillazione, cioè immediatamente dopo l’intervenuto sequestro nei locali dei
Fratelli Zungri, visto che la telefonata intercorse la sera del 15 settembre, a
distanza di trenta ore dalla perquisizione che seguì il sequestro (che avvenne il
14 settembre)”.
Rileva che il Tribunale non ha tenuto conto delle prove offerte dalla difesa
per dimostrare che nella conversazione del 15 settembre la preoccupazione
manifestata era riferibile alla circostanza che il cognato Ascone Michele aveva
avuto un forte litigio con Pisano Teresa, moglie del ricorrente ribadendo il rilievo
della attestazione del pronto soccorso del 14 settembre 2004.
Ulteriormente indicativo della erronea interpretazione delle conversazioni
telefoniche è il fatto che l’autolavaggio cui facevano riferimento Ascone Michele
e Calderone Pasquale era probabilmente quello gestito dal cognato di Ascone
Michele, Scarcella Rocco
Quanto alla contestazione del reato associativo, osserva come i suoi
contatti con la associazione siano individuati in brevi contatti con il cognato per il
periodo di circa due mesi, null’altro rilevando al fine di dimostrare una sua
intraneità al gruppo criminale che si assume gestito dal cognato Ascone. Tali
elementi, quindi, per sé soli sarebbero palesemente insufficienti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3

detenzione dei 4 kg di cocaina sequestrati il 14 settembre 2004 nell’autolavaggio

Il ricorso è fondato.
La difesa affronta in modo ampio i profili della carenza di motivazione in sé,
nonché quale conseguenza del travisamento della prova (rispetto alla quale
allega al ricorso informativa da cui risulta che il sequestro della droga avvenne il
giorno precedente le telefonate del 15 settembre e non poco prima delle
telefonate stesse) e della mancata adeguata valutazione delle prove a discarico
offerta dalla difesa.
Appare di immediata evidenza la carenza di motivazione sulla gravità degli
errore di collegamento temporale tra sequestro di droga ed intercettazioni che
aveva fatto ritenere queste ultime una prova particolarmente rilevante.
Risulta innanzitutto un insufficiente sviluppo della motivazione per quanto
riguarda l’odierno ricorrente in quanto è limitata essenzialmente alla trascrizione
di intercettazioni con richiamo dell’interpretazione data dalla polizia giudiziaria ai
colloqui ovvero affermandosene apoditticamente la significatività.
Invece, in situazioni in cui nessuna di tali conversazioni ha un significato di
immediata evidenza nel senso proposto dall’accusa, una motivazione adeguata
comportava una specifica analisi delle ragioni per le quali il significato fosse
univoco e non frutto di una mera congettura.
Si osserva, quindi, che, tenuto conto che in nessuna parte del
provvedimento impugnato si riferisce mai di un collegamento diretto del Pisano
con la droga :
– il provvedimento dà atto di un rapporto di affinità tra il ricorrente ed il
capobanda Ascone Michele, circostanza che rende comunque fatto normale che i
due avessero rapporti.
– Si assegna significato a delle conversazioni del 27 ed il 29 agosto, ma il
provvedimento impugnato non motiva sulle ragioni per le quali si debba ritenere
che le conversazioni siano riferibili, direttamente od indirettamente, a fatti di
droga. Nè si rilevano con immediatezza, dalla semplice lettura della parte
trascritta nell’ordinanza impugnata di tali colloqui, riferimenti ad affari illeciti.
– Si assegna significato a dei contatti telefonici tra il 1° ed il 6 settembre
che dimostrerebbero che “Ascone Michele, Pisano Bruno e Pisano Vincenzo hanno
incaricato Bonarrigo Gioacchino, Nasso Aldo e Bello= Umberto di effettuare un
viaggio in Sicilia finalizzato evidentemente ad una consegna di sostanza
stupefacente, muniti di staffetta per evitare controlli su strada.” Manca però
una qualsiasi spiegazione del perché si tratterebbe di una “consegna di sostanza
stupefacente”, atteso che non vi è alcuna evidenza né nelle conversazioni
trascritte nel provvedimento nè in ragione di operazioni di polizia giudiziaria. Del
resto, a condividere la ricostruzione della polizia giudiziaria, si afferma che il

indizi per entrambi i reati contestati, carenza in cui si inserisce anche l’evidente

viaggio per la Sicilia era “probabilmente collegato al traffico di stupefacenti”,
quindi si trattava solo di una ipotesi.
– Si ritiene esservi un dato maggiormente significativo, che dimostrerebbe
anche la responsabilità del ricorrente per la specifica detenzione di kilogrammi
quattro di cocaina nonché per la complessiva gestione di una raffineria
clandestina (dato che risulta singolarmente riportato nel provvedimento
impugnato mediante la trascrizione di un articolo di giornale e non di atti di
indagine), consistente nelle conversazioni del 15 settembre con le quali, avendo
capobanda convocava Pisano Bruno e Nasso Aldo. In realtà tale affermazione,
consistente nel riportare una ipotesi della polizia giudiziaria basata sulla “insolita
attenzione” di Ascone dimostrata dall’abbandono del tono spavaldo delle

telefonate, non trova corrispondenza nelle telefonate che il provvedimento
trascrive, limitate, quanto al Pisano, ad una conversazione in cui Ascone Sonia
“con tono molto preoccupato” invitava Pisano Bruno a recarsi da Ascone Michele.
Alla assenza di adeguata motivazione delle ragioni per cui la conversazione possa
provare il ruolo di Pisano, e non solo giustificare il mero sospetto, si aggiunge il
chiaro errore nel ritenere che la conversazione stessa, e quindi la convocazione,
sia immediatamente successiva al sequestro. Il fatto che tra il sequestro (del
giorno 14) e la telefonata di “convocazione” (della sera del giorno 15) sia
trascorso oltre un giorno mina Il ragionamento, di per sé già meramente
congetturale, del provvedimento impugnato. Quanto riferito a pag. 34
dell’ordinanza di riesame chiarisce che, atteso il riferimento alla condotta
Immediatamente successiva al sequestro, il riferimento al giorno 15 non è solo
un errore materiale, perché il ragionamento è sviluppato sulla base della stretta
consecutività degli eventi.
Infine, l’ordinanza riporta quali elementi a carico alcune conversazioni, 17
settembre, 9, 17 e 20 novembre) senza indicare perché siano significative e
senza che dal testo trascritto risulti un immediato rilievo ai fini dell’accusa,
potendo del resto tali generici contatti ben giustificati dal rapporto di affinità.
Tale evidente carenza di motivazione, che si ripercuote anche sulla
insufficiente valutazione delle prove a discarico la cui non credibilità risultava
affermata alla stregua della esistenza di significative prove di accusa, impone
l’annullamento della ordinanza con rinvio per nuovo esame. Il giudice di rinvio,
nel rivalutare gli elementi di accusa già indicati nell’ordinanza impugnata nonché
gli eventuali altri elementi significativi, dovrà fornire una motivazione
rispondente ai criteri legali, valutando espressamente il contenuto e la portata
del materiale indiziario.
P.Q.M.
5

il predetto sequestro “generato un vero scompiglio all’interno del gruppo”, il

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di
Reggio Calabria. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 -1
ter disp. att. Cod. proc. pen.

Roma c ì deciso nella camera di consiglio del 10 dicembre 2012

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