Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4290 del 13/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 4290 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CAVALIERE Francesco, nato a Solesino (PD) il 09/03/1949,
avverso la sentenza del 10/04/2013 della Corte di Appello di Venezia;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Eduardo V.
Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Giovanni Crivellaro, che ha insistito per l’accoglimento
dell’impugnazione.
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del Tribunale di Padova del 22.6.2000 Francesco Cavaliere è stato
riconosciuto colpevole del delitto di calunnia e condannato alla pena, in concorso di
attenuanti generiche, di un anno e sei mesi di reclusione, sospesa alle condizioni di legge,
e al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile Carlo Marinelli, liquidato
in via equitativa in lire venti milioni.
Condotta di calunnia realizzata con comunicazione inviata al Procuratore della
Repubblica di Padova (pervenuta il 17.9.1998) con cui Cavaliere accusava, pur sapendolo
innocente, l’avvocato Carlo Marinelli, dal quale era stato assistito in una causa civile per
risarcimento di danno da sinistro stradale, dei reati di appropriazione indebita e di falso
per essersi appropriato di un assegno dell’importo di lire 24.910.000 emesso il 2.7.1985 a

Data Udienza: 13/05/2014

suo favore dalla società assicuratrice della controparte a titolo di acconto sul risarcimento
assegnatogli, previa produzione di una falsa quietanza a firma di esso Cavaliere, formata
utilizzando una sua firma apposta su un foglio in bianco richiestogli pretestuosamente
dallo stesso legale.
Fatti reputati dal Tribunale inequivocamente mendaci e deliberatamente calunniosi
alla luce delle emergenze del separato procedimento penale instaurato nei confronti
dell’avv. Marinelli a seguito di iniziale censura del Cavaliere inviata il 12.3.1997 al
Consiglio Nazionale Forense. Procedimento definito con archiviazione per insussistenza

ammetteva di avere effettivamente ricevuto dal suo legale il menzionato assegno di 24
milioni di lire e le residue somme del danno risarcitogli.
2. Giudicando sull’impugnazione del Cavaliere, la Corte di Appello di Venezia con
sentenza del 10.4.2013, condividendo la ricostruzione e la valutazione degli eventi
sviluppate dalla decisione di primo grado in punto di responsabilità dell’imputato, ha
dichiarato improcedibile il reato di calunnia allo stesso ascritto perché estinto per
sopravvenuta prescrizione, ferme restando le statuizioni civili deliberate dal Tribunale.
3. Con atto d’impugnazione personale Francesco Cavaliere ricorre per cassazione
contro la sentenza di appello, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 368 c.p. e la
mancata assunzione di una prova decisiva, articolando gli argomenti di seguito
sintetizzati.
3.1. La calunnia ascritta al prevenuto non è configurabile perché entrambi i reati di
cui sarebbe stato falsamente accusato l’avvocato Marinelli, vale a dire i reati di
appropriazione indebita e di abuso di bianco segno, sono entrambi procedibili a querela
della persona offesa. Querela che non è stata mai presentata o implicitamente proposta
dal Cavaliere.
3.2. La calunnia deve vieppiù considerarsi insussistente perché i reati attribuiti
all’avv. Marinelli, oltre ad essere improcedibili per mancanza di rituale querela, erano
comunque estinti per prescrizione nel momento in cui ha preso corpo la condotta
suppostamente calunniosa dell’imputato con la missiva a sua firma inviata al p.m. nel
settembre del 1998. I reati ex artt. 646 e 486 riferiti al Marinelli risalgono al 1985.
3.3. Incongruamente i giudici di appello non hanno accolto il richiesto
espletamento di una perizia grafica volta ad accertare effettività e modalità di
contraffazione della quietanza di avvenuta ricezione dell’assegno di lire 24.910.000 esibita
dall’avv. Marinelli, benché si tratti di prova a discarico rilevante (art. 495 co. 2 c.p.p.), in
quanto suscettibile di vanificare l’elemento psicologico del contestato reato di calunnia.
4. Il ricorso di Francesco Cavaliere va dichiarato inammissibile per indeducibilità e
manifesta infondatezza dei prospettati rilievi censori, non senza rilevarsi che lo stesso
2

della notizia di reato e nel corso del quale l’odierno imputato, esaminato dal p.m.,

riproduce in sostanza i medesimi motivi di impugnazione esposti contro la sentenza di
primo grado, adeguatamente valutati dalla Corte lagunare, che li ha giudicati infondati
alla luce di lineari e corretti argomenti giuridici.
4.1. La doglianza ex art. 606 -co. 1, lett d)- c.p.p. in ordine alla mancata
esecuzione della perizia grafica quale prova decisiva, cui la Corte di Appello avrebbe
dovuto provvedere ai sensi dell’art. 603 c.p.p., non è censurabile in sede di legittimità, la
decisione negativa adottata dai giudici di secondo grado scaturendo da una valutazione di
elementi di fatto non rivisitabili da questa Corte. In ogni caso la doglianza è priva di ogni

dell’imputato (che non ne disconosce la paternità) e il trattamento manipolatori° che il
ricorrente attribuisce all’avv. Marinelli (che avrebbe abusato del foglio in bianco recante la
sua sottoscrizione per compilare la falsa quietanza di ricezione dell’assegno) è smentita
dalla testimonianza di Nadia Alberti e comunque non è sorretta da alcuna allegazione
dell’imputato a sostegno della abusività del riempimento del sottoscritto foglio in bianco
rilasciato al legale.
4.2. Come affermato da stabile giurisprudenza di legittimità, il delitto di calunnia
non sussiste se la falsa incolpazione concerne un reato punibile a querela della persona
offesa e tale atto non sia stato ritualmente proposto (cfr: Sez. 6, n. 35800 del 29.3.2007,
Acefalo, rv. 237421; Sez. 6, n. 4389/11 del 15.12.2010, El Moutaouakil, rv. 249340).
Ora, ammesso che la missiva calunniosa inviata dall’imputato al pubblico ministero nel
settembre 1998 integri ad ogni effetto una denuncia di fatti di rilievo penale e, quindi, una
volontà punitiva sostanziante un atto di querela, deve convenirsi che una siffatta querela
dovrebbe senz’altro reputarsi tardiva, intervenendo ad anni di distanza dagli episodi
denunciati.
Senonché nel caso di specie è agevole osservare che quanto meno il reato di
appropriazione indebita attribuito dal prevenuto all’avv. Marinelli e per il quale questi è
stato indagato (il relativo procedimento, come detto, è stato archiviato) è sicuramente
procedibile di ufficio, stante l’intrinseca sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 11
c.p. (richiamata ai fini della procedibilità dall’art. 646 co. 3 c.p.), giacché l’attribuita
appropriazione dell’assegno erogato dalla compagnia assicuratrice a beneficio del
Cavaliere si è resa possibile per l’avv. Marinelli unicamente in ragione e in violazione del
rapporto di prestazione d’opera professionale (assistenza legale) instaurato con il
Cavaliere nell’ambito della causa risarcitoria dallo stesso promossa.
4.3. Parimenti destituito di qualsiasi fondamento è l’ulteriore assunto del
ricorrente, secondo cui l’intervenuta oggettiva prescrizione dei reati attribuiti al Marinelli
(commessi nel lontano 1985) impedirebbe la configurabilità del reato di calunnia a suo
carico. Così non è. Avuto riguardo alla natura di reato di pericolo della calunnia, per la cui
sussistenza è richiesta l’astratta possibilità dell’inizio di indagini o di un procedimento

3

pregio. In vero la sottoscrizione della quietanza è pacificamente attribuibile alla grafia

penale nei confronti della persona falsamente incolpata, è di tutta evidenza che il
potenziale sviamento della giustizia è prodotto anche dalla esperibilità di indagini che poi
si sviluppino nella verifica della sussistenza di reati che siano attinti da causa estintiva
prescrizionale (cfr.: Sez. 6, n. 34481 del 11.6.2003, Merlo, rv. 226071; Sez. 6, n. 49522
del 9.12.2009, Spagnulo, rv. 245660).
Alla dichiarata inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento dell’equa somma di euro

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 13 maggio 2014
Il consigliere stens/Ore

Giacomo iaoIoni

Il Presidente
Adol
1.p i Virginio

1/1-r

e

1.000 (mille) alla cassa delle ammende.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA