Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42846 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 42846 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO LUCIANO N. IL 01/06/1967
avverso l’ordinanza n. 52/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;
1ete/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 05/06/2014

Con ordinanza in data 6.2.14 il Tribunale di Reggio Calabria Sez.Riesame confermava nei
confronti di RUSSO Luciano il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal GIP
del Tribunale di Palmi,in riferimento alla contestazione del reato di cui all’art-416,commi
1,2,3,CP. per aver partecipato,con altri(Catananti Vincenzo,Natali Bonaventura Luigi e D’Agate
Pietro) ad un’associazione per delinquere promossa e diretta dal Russo, dedita alla
commissione di reati di truffa,realizzata con false polizze di fideiussione bancaria,tramite la
“EXCALIBUR Finance” di Catananti Vincenzo con sede in Gioia Tauro,creando falsi punti di
contatto informatico con i titolari delle società interessate, vittime delle truffe.
Per tali reati ciascuno dei coimputati teneva i contatti con i rappresentanti delle società che
avevano necessità di ottenere dette polizze.
Innanzi al Tribunale del riesame la difesa aveva chiesto l’accoglimento dell’istanza o in
subordine la concessione degli arresti domiciliari.
L’indagato aveva reso spontanee dichiarazioni.
Il Tribunale dopo avere illustrato l’iter del procedimento,nato da indagine della Polizia postale
di Crotone,che aveva accertato la consumazione di numerose truffe ai danni di aziende del
centro e del nord Italia,consistenti nella presentazione di false polizze di fideiussione
bancaria,segnalando che per tali fatti vi erano state querele della Banca popolare del
Mezzogiorno e della Banca Credito Cooperativo,evidenziava che per taluni indagati,tra i quali vi
era il RUSSO,pendeva innanzi al Tribunale di Palmi procedimento inerente all'”operazione
Easy”,nel quale erano addebitati i reati di associazione per delinquere ,abusiva intermediazione
finanziaria,bancarotta fraudolenta,truffa e falso(proc n. 2460/2005 R.G.N.R.)Le attività illecite risultavano accertate dalla Polizia Postale di Crotone che ne aveva verificato
l’entità ,e dall’esito delle indagini si desumevano gli elementi del quadro indiziario ,sintomatici
della esistenza di un sodalizio tra i coindagati,rilevando che ciascuno di essi aveva dimostrato
di avere aderito alla associazione dedita a reati di truffa ,e che l’accordo delittuoso non si
esauriva nei singoli reati-fine;
venivano recepite,in tal senso le deduzioni del PM(f1.12 ).
Si rilevava che il Russo ed il Catananti erano coloro che tenevano i contatti con le aziende
truffate e che lavoravano insieme nella società innanzi indicata risultando
utilizzati gli indirizzi di posta elettronica e altri mezzi di comunicazione.
Il Natali veniva indicato quale soggetto che svolgeva attività di intermediario con società
esistenti al nord,e come mandatario della Consult sr1.-(sul punto si indicava l’esito di
accertamenti bancari,sul vasto giro di operazioni truffaldine a f1.13e segg-dell’ordinanza)In ordine alla posizione del RUSSO il Tribunale(v.f1.22 e segg) attribuiva allo stesso un ruolo di
vertice,che si desumeva dai numerosi reati-fine,onde emergeva che l’indagato era colui che
coordinava l’attività degli altri soggetti del gruppo; si precisava altresì che il predetto aveva in
parte ammesso gli addebiti nell’interrogatorio,negando unicamente l’addebito inerente al reato
di associazione per delinquere,e sostenendo che il CATANANTI era all’oscuro di quanto
accadeva.
Tale versione si riteneva non attendibile,in base a quanto emerso da dichiarazioni del fratello
dell’indagato(f1.23)Alla stregua di tali rilievi il Collegio aveva ritenuto condivisibile il quadro accusatorio delineato
dal PM e recepito dal GIP nel provvedimento cautelare.
In conclusione si erano evidenziate le esigenze cautelari, ai sensi dell’art.274 lett C) ed A)
CPP. rilevando la gravità dei fatti e il comportamento tenuto dall’indagato,specificando che il
predetto-sebbene sottoposto a procedimento penale per altri reati della stessa indole risultava aver continuato a realizzare condotte delittuose.
In tal senso si riteneva la sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati,oltre il pericolo di
inquinamento delle prove,considerando la custodia in carcere misura necessaria e adeguata al
caso di specie.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore,deducendo:
1-la violazione della legge penale,in riferimento agli arte.110-416 CP.

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RITENUTO IN FATTO

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Sul punto censura la decisione,evidenziando che,a1 di là dei richiami giurisprudenziali,i1
Tribunale non aveva specificato quali fossero gli elementi rivelatori dell’esistenza di
un’associazione per delinquere,distinta dal semplice concorso di persone nei reati ascritti al
prevenuto.
Ciò in quanto segnalava l’assenza di rilevati contatti tra gli indagati2-rilevava altresì la violazione della legge penale e dell’art.274 CPP,osservando che il Tribunale
non aveva tratto le debite conclusioni dal precedente provvedimento emesso nei confronti del
coindagato D’AGATE,per il quale era stato annullato il titolo cautelare,per mancanza dei gravi
indizi di colpevolezzaRilevava inoltre che l’ipotesi accusatoria originaria era stata modificata ,attribuendo al Russo il
ruolo di capo di due gruppi criminosi distinti ed autonomi,e che da un lato si riteneva che egli
cooperasse con il suddetto D’Agate,e d’altro canto fosse complice del CatanantiPertanto la difesa ravvisava la contraddittorietà della motivazione resa dal Tribunale.
3-violazione dell’art.275 CPPin relazione all’art.416 CP,censurando la valutazione delle
esigenze cautelari e la mancata concessione degli arresti domiciliari.

RILEVA IN DIRITTO

Il ricorso risulta privo di fondamento-In primo luogo va evidenziato che l’ordinanza impugnata si presenta dotata di specifica
formulazione sia con riferimento alle plurime risultanze indiziarie,che-oggettivamente attestano
l’attività illecita realizzata dall’indagato,con i contatti accertati dalla polizia postale,attività non
smentita dal ricorrente in sede istruttoria,sia l’estensione dei rapporti con i terzi,vittime delle
condotte truffaldine attuate attraverso un sito di pertinenza del gruppo di soggetti
specificamente richiamati nel testo del provvedimento impugnato.
La motivazione dell’ordinanza,in riferimento alla esistenza di un valido e grave quadro
indiziario,riconducibile all’ipotesi di associazione per delinquere risulta adeguata ,essendo stata
valutata la complessità degli elementi indiziari,alla stregua del dettato normativo dell’art.192
CPP.
Deve rilevarsi al riguardo che-ai fini della applicazione delle misure cautelari,anche dopo le
modifiche introdotte dalla legge n.63 del 2001,è ancora sufficiente il requisito della sola gravità
degli indizi,posto che l’art.273,comma primo bis cpp.(introdotto dalla legge citata)richiama
espressamente il terzo e il quarto comma dell’art.192,ma non il secondo comma che prescrive
la valutazione della precisione e della concordanza,accanto alla gravità degli indizi: ne
consegue che essi,in sede di giudizio “de libertate” non vanno valutati secondo gli stessi criteri
richiesti nel giudizio di merito(v.Cass.Sez.IV-15.10.2007,n.37878-Cuccaro e altri-RV237475Né si configura alcun mutamento della sostanziale contestazione elevata ex art.416
CP,dovendosi sottolineare che il Tribunale del riesame ha reso una valutazione degli elementi
raccolti allo stato degli atti,legittimamente valutando il ruolo emerso a carico del
ricorrente,sulla base degli elementi già contestati all’indagato,onde non si configura alcuna
violazione di legge,non ricorrendo l’ipotesi di modificazione della qualificazione giuridica del
fatto
Devono ritenersi pertanto prive di fondamento le censure riguardanti l’esistenza di un valido
quadro indiziario,e le censure riguardanti i vizi della motivazione,non rilevabili dal testo del
provvedimento.
Né sono ammissibili in questa sede le generiche argomentazioni addotte dalla difesa ove
censura la valutazione di merito della posizione dell’indagato ponendola in relazione ad altro
soggetto coinvolto nell’indagine,essendo tali deduzioni come tali propositive della diversa
interpretazione delle risultanze indiziarie,già vagliate dal giudice del riesame.
In conclusione si osserva che il provvedimento rende conto della adeguatezza della misura
inflitta,con specifici rilievi attinenti alle esigenze enunciate dall’art.274 CPP.
Pertanto deve ritenersi priva di fondamento la censura riguardante la mancata concessione
degli arresti domiciliari,essendo bene illustrati i presupposti che impongono la misura di
maggior rigore,in conformità al dettato normativo e giurisprudenziale(Cass.Sez.VI,76.1995,n.1250-e Sez.VI ,25.1.1993,n.4287-RV201945-per cui >In materia di misure
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cautelari,non occorre una separata motivazione specifica del diniego di sostituzione di una
misura con altra minore,quando il giu•ice motivi in merito alla idoneità di quella più grave

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come l’unica adeguata al caso concreto>),essendo stato valutato anche il comportamento
tenuto dall’indagato,che aveva dimostrato di proseguire nelle attività oggetto di
contestazione,pur essendo pendente altro procedimentoVa pertanto pronunziato il rigetto del ricorso,a cui consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 Disp.Att.CPP.

Roma,deciso il 5 giugno 2014.

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