Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4284 del 09/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4284 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANNITO COSIMO DAMIANO, nato il 19/04/1956
avverso l’ordinanza n. 2541/2013 TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di
BARI del 21/11/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, dott. Giovanni
D’Angelo, che ha chiesto rigettarsi il ricorso e condannarsi la parte
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Data Udienza: 09/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21 novembre 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bari
ha revocato, ai sensi degli artt. 51-ter e 47-ter, comma 6, Ord. Pen., la misura
della detenzione domiciliare, prorogata nei confronti di Cannito Cosimo Damiano

residua di cui al provvedimento di cumulo del 30 luglio 2009 della Procura
Generale presso la Corte di appello di Bari.
Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che:
– Cannito, in ragione delle sue condizioni di salute, attestate con successive
note dell’ASL BAT, era stato ammesso, in relazione alla pena di cui all’indicato
cumulo, pari ad anni trentatré di reclusione (per i reati di associazione per
delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti,
omicidio aggravato, rapina, estorsione, ricettazione, traffico di armi) e con fine
pena al 24 settembre 2017, alla misura alternativa della detenzione domiciliare,
ex artt. 146, comma 1, n. 3, cod. pen. e 47-ter, comma i-ter, Ord. Pen., con
ordinanza del 17 novembre 2011;
– detta misura era stata da ultimo prorogata, ex artt. 147, comma 1, n. 2,
cod. pen. e 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen., fino all’i agosto 2015 con ordinanza
dell’i agosto 2013, che aveva evidenziato la condotta sostanzialmente rispettosa
delle prescrizioni imposte, tenuta da Cannito, e aveva ritenuto non sintomatiche
di attuale pericolosità dello stesso e di incompatibilità con la misura applicata le
due diffide emesse nei suoi confronti dal Magistrato di sorveglianza di Bari il 25
settembre 2012 e il 2 novembre 2012;
– in data 29 ottobre 2013 il Magistrato di sorveglianza di Bari aveva, però,
emesso provvedimento di sospensione provvisoria della misura ex art. 51-ter
Ord. Pen., in considerazione delle plurime e gravi violazioni da parte del
condannato delle prescrizioni imposte, di cui alla nota dell’8 ottobre 2013 della
P.S. di Barletta, cui era seguita la diffida in pari data dello stesso Magistrato, e
alla informativa dei Carabinieri di Barletta e del GICO della Guardia di Finanza di
Bari del 25 gennaio 2013, trasmessa il 24 ottobre 2013 dalla Procura Generale
presso la Corte di appello di Bari;
– il Magistrato di sorveglianza aveva, in particolare, ritenuto, che le condotte
del condannato durante l’esecuzione della misura alternativa, non conosciute da
esso Tribunale alla data della pronuncia dell’ordinanza dell’i agosto 2013,

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dallo stesso Tribunale, con ordinanza dell’i agosto 2013, in relazione alla pena

imponevano di valutare più severamente anche le condotte oggetto delle
precedenti diffide;
– con lo stesso provvedimento il Magistrato di sorveglianza aveva disposto il
ricovero, in via provvisoria, del condannato presso idoneo Centro clinico
dell’Amministrazione penitenziaria, finalizzato al monitoraggio delle sue
condizioni di salute;

le dichiarazioni rese dal condannato 1’8 novembre 2013 allo stesso

Magistrato di sorveglianza, di cui al verbale di ascolto in atti, erano smentite

medesimo, telefonici e

de visu presso la propria abitazione, con cadenza

giornaliera, con persone gravate da precedenti penali nel periodo 25 luglio
2012/18 dicembre 2012, e aveva evidenziato la convergenza degli esiti delle
intercettazioni telefoniche con l’attività di videosorveglianza e la indubbia
identificazione del condannato;
– il differimento facoltativo della pena postulava condizioni di salute non tali
per gravità da escludere ogni valutazione della pericolosità sociale, avuto
riguardo alla espressa previsione normativa dell’art. 147, ultimo comma, cod.
pen.;
– le ripetute e sistematiche violazioni delle prescrizioni, poste in essere dal
condannato, nonostante le sue precarie condizioni di salute, ne evidenziavano
l’elevatissimo rischio di recidivanza criminosa e, comunque, un’attuale
pericolosità, non fronteggiabile con la misura adottata, che andava revocata per
condotta colpevole.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione per mezzo
del suo difensore, avv. Rachele Parrotta, l’interessato Cannito, che ha premesso
alla illustrazione dei motivi il diffuso richiamo alle proprie condizioni di salute a
partire dall’iniziale ricovero del gennaio 2009, quando era detenuto presso la
Casa di reclusione di Milano – Opera; ne ha illustrato la incompatibilità, in
ragione della gravità della malattia, con l’ambiente carcerario più volte attestata
dai sanitari dell’ASL BAT incaricati dallo stesso Tribunale di sorveglianza di Bari;
ha riferito in ordine al concesso differimento della esecuzione della pena nelle
forme della detenzione domiciliare presso la propria abitazione in Barletta, alle
sue ripetute proroghe e alla revoca del disposto differimento, con suo
inserimento in un ordinario circuito penitenziario, privo di assistenza medica
qualificata, sulla base di presunte violazioni solo ipotizzate per deduzioni e
nonostante l’acclarata incompatibilità delle sue condizioni di salute con
l’espiazione della pena in carcere, ulteriormente espressa nelle note del 7 e 12
novembre 2013 dell’ASL BAT.

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dalle risultanze della predetta informativa, che aveva dato conto dei rapporti del

Il ricorrente ha, quindi, chiesto l’annullamento dell’ordinanza sulla base di
due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 13,
comma 4, 32 e 27, comma 3, Cost. e 3 Convenzione dei diritti dell’uomo.
Secondo il ricorrente, il provvedimento impugnato è contrario ai principi
costituzionalmente garantiti e viola i principi fissati dalla Convenzione, poiché
lesivo del suo fondamentale diritto alla salute, non disconoscibile neppure a
fronte della generale inderogabilità dell’esecuzione della condanna, quando la

priva della tendenza alla rieducazione.
Il Tribunale ha, inoltre, ignorato quanto già sostenuto con recente ordinanza
dell’i agosto 2013, che, sulla base di quanto accertato e descritto circa
l’esistenza di gravi patologie, ha affermato la certa inadeguatezza della cura in
regime carcerario e la contrarietà della espiazione della pena in tale regime al
senso di umanità e al suo diritto alla salute e alle cure.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 111,
comma 6, Cost. per difetto di motivazione.
Secondo il ricorrente, la motivazione del provvedimento impugnato è illogica
e apparente, perché il Tribunale, basandosi solo sulle risultanze della informativa
dei Carabinieri di Barletta, non ha seriamente considerato le giustificazioni
evidenziate dalla difesa e riportate in ricorso, né ha proceduto al complessivo
esame delle dette risultanze.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per il rigetto del ricorso per la infondatezza delle censure.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2.

Questa Corte ha più volte affermato che, mentre la detenzione

domiciliare, al pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità
la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo
della esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147,
comma 1, n. 2 cod. pen., mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in
contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente
garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave,
cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze
dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere
praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in
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pena si risolva in trattamento contrario al senso di umanità e degradante e sia

ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen.,
operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato a essere
adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (tra le altre,
Sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, dep. 06/12/2007, De Witt, Rv. 238140; Sez.
1, n. 28555 del 18/06/2008, dep. 10/07/2008, Graziano, Rv. 240602; Sez. 1, n.
27313 del 24/06/2008, dep. 04/07/2008, Commisso, Rv. 240877; Sez. 1, n.
22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv. 244132; Sez. 1. n. 972
del 14/10/2011, dep. 13/01/2012, Farinella, Rv. 251674), e il rinvio obbligatorio

suppone che il condannato sia affetto da una delle patologie previste dalla legge
p particolarmente gravi, giunte a una fase così avanzata da escludere la
rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative (tra le
altre, Sez. 1, n. 41580 del 01/10/2009, dep. 29/10/2009, Cesarini, Rv. 245054;
Sez. 1, n. 42276 del 27/0/2010, dep. 30/11/2010, Gradizzi, Rv. 249019).
Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio, obbligatorio o facoltativo, della
esecuzione della pena per gravi condizioni di salute, il giudice deve valutare se le
condizioni di salute del condannato siano o no compatibili con le finalità
rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale
conseguenti alla rieducazione.
Qualora, all’esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell’infermità
e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione
di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da
essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza della
impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul condannato,
deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal codice penale.
2.1. Se, invece, malgrado la presenza di gravi condizioni di salute, il
condannato sia in grado di partecipare consapevolmente a un processo
rieducativo, che si attua attraverso i previsti interventi obbligatori del servizio
sociale, e residui un margine di pericolosità sociale che, nel bilanciamento tra le
esigenze del condannato e quelle della difesa sociale, faccia ritenere necessario
un minimo controllo da parte dello Stato, può essere disposta, in luogo del
differimento della pena e per un periodo predeterminato e prorogabile, la
detenzione domiciliare ai sensi dell’art.

47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen., che

espressamente prescinde dalla durata della pena da espiare e non ne sospende
l’esecuzione (tra le altre, Sez. 1, n. 4326 del 12/06/2000, dep. 04/08/2000,
Sibio, Rv. 216912; Sez. 1, n. 4750 del 14/01/2011, dep. 09/92/2011, Tinelli, Rv.
249794) e richiede, per l’effetto, una duplice valutazione del Tribunale, che deve
dapprima verificare la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per
concedere il differimento e poi disporre, eventualmente, la detenzione
domiciliare in alternativa alla sospensione dell’esecuzione, qualora ricorrano
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dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 146, comma 1, n. 3, cod. pen.,

ragioni particolari, rilevanti sul piano delle caratteristiche del reo e delle sue
condizioni personali e familiari o sul piano della gravità e durata della pena da
scontare (tra le altre, Sez. 1, n. 656 del 28/01/2000, dep. 06/03/2000, Ranieri,
Rv. 215494; Sez. 1, n. 23512 del 08/04/2003, dep. 28/05/2003, Bisogno, Rv.
224424).
L’introduzione con legge n. 165 del 1998 di tale regime detentivo, come
alternativo alla pura e semplice sospensione dell’esecuzione della pena, ha, in tal
modo, chiaramente risposto alla finalità di colmare una lacuna della previgente

146 e 147 cod. pen., si imponeva una alternativa secca tra carcerazione e libertà
senza vincoli, mirando tale polifunzionale regime -da disporsi a termine in
presenza di una negativa condizione soggettiva del condannato che non ne
consenta la piena liberazione-, per un verso, all’esigenza di effettività
dell’espiazione della pena e del necessario controllo cui vanno sottoposti i
soggetti pericolosi e, per altro verso, a una esecuzione mediante forme
compatibili con il senso di umanità (tra le altre, Sez. 1, n. 6952 del 07/12/1999,
dep.

14/02/2000,

Saraco,

dep. 28/02/2001,

Mulé,

dep. 28/04/2001,

Mangino,

Rv.

Rv.

215203;

218133;
Rv.

Sez.

Sez.

218762;

1,
1,

Sez.

n.
n.

8641

del

19/09/2000,

17208

del

19/02/2001,

1, n. 41492 del 09/10/2001,

dep. 17/11/2001, Guddo, Rv. 220086).
2.2. In coerenza con tale finalità, si è affermato che, ai fini della revoca della
detenzione domiciliare, concessa quando potrebbe essere disposto il rinvio
obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena per la gravità dei motivi di
salute, occorre accertare la persistenza delle pregresse precarie condizioni di
salute del condannato per verificare la compatibilità dello stato di salute con il
ripristino della detenzione carceraria (Sez. 1, n. 44579 del 09/12/2010,
dep. 20/12/2010, Villafranca, Rv. 249121), nell’ambito di una valutazione
comparativa tra le esigenze di tutela della collettività e quelle del rispetto del
principio dell’umanità della pena, sotto il profilo della sua abnorme afflittività in
caso di accertata grave infermità fisica (Sez. F, n. 34286 del 21/08/2008,
dep. 27/08/2008, Sposato, Rv. 240666).
A differenza di quanto previsto per la detenzione domiciliare ordinaria, per la
cui revoca è sufficiente la valutazione della condotta del soggetto contraria alla
legge, nel caso di una situazione di salute particolarmente grave e tale da
giustificare la incompatibilità con il regime carcerario devono essere, infatti,
“sottoposte a valutazione e comparazione anche le condizioni sanitarie del
soggetto, la cui salute può essere sacrificata soltanto in presenza di condotte
altamente negative e del tutto incompatibili con una situazione diversa dalla
detenzione in carcere” (Sez. F, n. 34286 del 21/08/2008, citata, in motivazione).

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normativa, per la quale, in presenza dei presupposti di fatto indicati negli artt.

3. Di tali principi, che il Collegio condivide e riafferma, il Tribunale di
Sorveglianza non ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione.
3.1. Il Tribunale, che ha dato atto dell’ammissione del ricorrente, con
ordinanza del 17 novembre 2011, alla misura della detenzione domiciliare ai
sensi degli artt. 146, comma 1, n. 3, cod. pen. e 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen.,
in ragione delle sue condizioni di salute tali da determinare, in relazione alle
norme richiamate, il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena, proseguita
nella forma della concessa misura alternativa, ha rappresentato le intervenute

ordinanza dell’i agosto 2013 sulla base delle condizioni di salute, attestate con
nota del 29 luglio 2013 dell’ASL BAT e testualmente descritte, e ritenute tali da
determinare, in relazione alle norme richiamate, il rinvio facoltativo, per grave
infermità fisica, dell’esecuzione della pena, proseguita nella forma della
prorogata misura alternativa.
Nel suo percorso argomentativo, il Tribunale, richiamando le note
informative della P.S. di Barletta, dei Carabinieri di Barletta e del GICO – Guardia
di Finanza di Bari, pervenute in data successiva a quella dell’ordinanza dell’i
agosto 2013, ha valorizzato le emergenze fattuali delle stesse, non conosciute al
momento della concessione dell’ultima proroga, e poste a fondamento del
provvedimento del Magistrato di sorveglianza di sospensione provvisoria della
misura, rimarcando che gli esiti delle intercettazioni telefoniche e dell’attività di
videosorveglianza, tra loro convergenti, rendevano indubbio conto delle plurime
e gravi violazioni da parte del condannato delle prescrizioni impostegli, e
ritenendo da esse smentite le ragioni opposte dal ricorrente in occasione del suo
ascolto da parte del Magistrato di sorveglianza.
Le descritte violazioni, ritenute espressive di

“attuale elevatissima

pericolosità” del ricorrente e sintomatiche di “rischi di recidivazione”, sono state,
infine, apprezzate dal Tribunale, quanto alla “paventata” incompatibilità delle
condizioni di salute del medesimo con il regime carcerario, sotto il profilo che il
differimento facoltativo dell’esecuzione della pena “postula(va) delle condizioni di
salute non talmente gravi da escludere qualunque valutazione sulla pericolosità
sociale” e che l’attuale pericolosità sociale non era fronteggiabile con la misura
della detenzione domiciliare.
3.2. In tale sua analisi e apprezzamento della vicenda, posta a fondamento
della proposta di revoca della misura della detenzione domiciliare e del suo
accoglimento, il Tribunale ha, tuttavia, omesso del tutto di valutare le condizioni
di salute del ricorrente, pur motivatamente considerate con sua recente
ordinanza (dell’i agosto 2013), sulla scorta dei dati medici e diagnostici acquisiti,
come gravi, incompatibili con il regime carcerario e giustificative del differimento

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proroghe successive del suo termine di durata e l’ultima proroga disposta con

facoltativo dell’esecuzione della pena nella forma della indicata misura
alternativa.
Vi è, infatti, nell’ordinanza il solo riferimento all’ultimo comma dell’art. 147
cod. pen, che prevede la non adottabilità del differimento facoltativo
dell’esecuzione della pena e la sua revoca, ove adottato, “se sussiste il concreto
pericolo di commissione di delitti”,

e che il Tribunale ha richiamato come

dimostrativo della non richiesta particolare gravità delle condizioni di salute ai
fini del detto differimento e della conseguente insussistente preclusione di una

Tale rilievo, non coerente con i suddetti principi di diritto che attengono alla
concessione del rinvio della esecuzione della pena in rapporto alla detenzione
domiciliare, è anche privo di pertinenza alla fattispecie concreta, in cui il
differimento della pena è stato concesso nella forma della detenzione domiciliare,
in ordine alla cui revoca è mancata, come imprescindibile passaggio logico, la
comparazione del già ritenuto, e non motivatamente superato, stato di grave
infermità fisica con le individuate occorse violazioni delle prescrizioni, connesse
alla stessa misura, e con l’afflittività della pena nel rispetto del principio della sua
umanità.
In tale contesto, si è posta come generica la conclusiva affermazione della
non fronteggiabilità della pericolosità del ricorrente con una situazione detentiva
domiciliare.
3.3. La decisione impugnata presenta carenze e incongruenze
argomentative anche nella disamina delle violazioni delle prescrizioni ascritte in
correlazione alla disposta revoca, per condotta colpevole, della misura
alternativa, ritenuta con esse non compatibile, essendo privi di esaustiva
rappresentazione i posti collegamenti tra i rilievi fotografici e gli esiti delle
intercettazioni telefoniche, poiché i primi sono evidenziati come attinenti
all’abituale introduzione nello stabile, in cui era l’abitazione del ricorrente, dei
soggetti indicati come pregiudicati, che il ricorrente ha contestato essere a lui
diretti in presenza di altri nuclei familiari nel medesimo stabile, e i secondi sono
riferiti a contatti telefonici, riguardo ai quali la posizione e la identificazione del
ricorrente, usuario di utenze, sono prive di riferimenti fattuali e temporali che ne
conferiscano specificità, mentre sia gli uni sia gli altri non sono neppure
enunciati, sì come collocati nel periodo 25 luglio 2012/18 dicembre 2012, in
termini di attualità rispetto alla decisione di revoca e di concreta incidenza su
una grave prognosi di recidivanza criminosa.

4. Il provvedimento impugnato va, di conseguenza, annullato con rinvio al
Tribunale di sorveglianza di Bari, che procederà a nuovo esame tenendo presenti
i principi e i rilievi prima formulati.
8

valutazione della pericolosità sociale.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Bari.
Così deciso in Roma il 9 luglio 2014

Il Consigliere estensore

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