Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42820 del 17/09/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 42820 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

Data Udienza: 17/09/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTI RICCARDO N. IL 09/03/1963
avverso la sentenza n. 49/2014 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
04/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. EZ,6,fLo g .)„,s(e cc2 o
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv Igeo W-LAÀ

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Uditi difensor Avv.

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e: In

RITENUTO IN FA1170

1.La Corte di appello di Firenze in parziale riforma della sentenza di primo
grado condannava il Berti alla pena di anno uno di reclusione ed euro 15.000
di multa in relazione al reato di appropriazione indebita aggravata. Si contestava
al Berti di essersi appropriato delle somme che avrebbe dovuto versare alla
società partecipanti all’Associazione temporanea di imprese della quale la società

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Berti che
deduceva.
2.1. violazione di legge per difetto di correlazione tra accusa e sentenza.
Secondo il ricorrente la condanna interveniva per fatti radicalmente diversi
rispetto a quelli descritti nel decreto di citazione a giudizio. Si deduceva che la
Corte di appello aveva ritenuto l’imputato responsabile di una condotta
commissiva ovvero il trasferimento da un conto corrente ad altro, laddove
invece risultava contestato un comportamento omissivo ovvero il mancato
versamento delle somme dovute alle società associate;
2.2. violazione di legge in relazione all’art. 646 cod. pen. e vizio di motivazione.
si deduceva che il fatto che la somma contestata fosse stata riscossa dalla
società capogruppo mandataria non integrava una appropriazione indebita, in
considerazione del fatto che l’impresa capogruppo è quella legittimata alla
riscossione dei pagamenti salvo la definizione delle pendenze alla fine dei lavori
attraverso la ripartizione del compenso.
Si deduceva inoltre che non vi era prova che gli assegni emessi (dalla Tofanelli)
non fossero riferibili alla attività comune mentre il conto sul quale erano state
riversate le somme oggetto della presunta appropriazione era utilizzato per
pagare i fornitori e le imprese partecipanti all’ATI.

3. Con memoria del 22 luglio 2015 la difesa dell’imputato deduceva il decorso
del termine di prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Con riguardo al denunciato vizio di correlazione tra accusa e sentenza si
rileva che il motivo è privo di pregio in quanto la Corte territoriale, nella
approfondire la vicenda oggetto di giudizio aveva rilevato non solo l’omesso
2

della quale era legale rappresentante era mandataria.

,

versamento delle somme oggetto di appropriazione alle società partecipanti
all’ATI, ma aveva anche analizzato la destinazione delle somme non versate.
A pag. 5 della sentenza impugnata si legge infatti che dalla documentazione in
atti emergeva che le somme in contestazione non erano state accreditate alle
imprese facenti capo all’ ATI e che l’importo relativo all S. A. L. n. 7 risultava
girato su altro conto dal quale si registrava la emissione di diversi assegni
circolari. L’analisi del fatto effettuata dal giudice di merito dunque non risulta
essersi arrestata alla rilevazione dell’omissione, ma piuttosto essere estesa alla

impianto motivazionale non può evidentemente essere censurato sotto il profilo
del difetto di correlazione tra accusa e sentenza: il fatto omissivo contestato
risulta infatti provato anche attraverso la rilevazione della diversa destinazione
data alle somme che avrebbero dovuto essere versate alle associate.
1.2. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso che denuncia
l’inesistenza dei presupposti dell’associazione perché la regolazione dei rapporti
tra società mandataria e associate dell’ATI avrebbe dovuto essere definita a
lavori conclusi e che pertanto nessun illecito poteva essere attribuito
all’imputato che in qualità di rappresentante della società mandataria era
legittimato a riscuotere le somme per tutti i partecipanti all’associazione
La Corte di appello con valutazione di merito non sindacabile in sede di
legittimità, in quanto priva di fratture logiche ed aderente alle emergenze
processuali, evidenziava come vi fosse stata una illegittima ritenzione delle
somme delle somme che erano destinate a coprire i costi sostenuti dalla
imprese associate che non trovava alcuna giustificazione alternativa a quella
dell’illecita appropriazione
Le ulteriori censure proposte circa il mancato approfondimento della effettiva
destinazione degli assegni circolari propongono una valutazione alternativa
delle emergenze processuali inammissibile in sede di legittimità.
1.3. Da ultimo il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le norme
sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento
che secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di
impugnazione, dei requisiti prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen., ovvero alla
manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen. (cfr.: Cass., Sez.
Un., n. 21 del 11.11.1994 dep. 1995, rv 199903; Cass. Sez. Un., n. 32 del
22.11. 2000, rv 217266).

destinazione finale delle somme di cui si contestava l’appropriazione. Tale

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1000,00, nonché alla rifusione in
favore della parti civili costituite delle spese sostenute nel presente grado di
giudizio che liquida in complessivi euro 4.200 oltre spese forfettarie nella misura
del 15%, CPA e Iva.
La somma liquidata è stata calcolata effettuando un duplice aumento del 20% in

rispetto dell’art. 4 comma 2 D.M. 55 del 2014.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende
nonché alla rifusione in favore della parti civili costituite delle spese sostenute
nel presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 4.200 oltre spese
forfettarie nella misura del 15%, CPA e Iva
Cosi deciso in Roma il 17 settembre 2015

L’estensore
(2eccltre

Il Presidente
ranco Fi7danese

relazione allo svolgimento di difesa cumulativa su posizione analoghe nel

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