Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42816 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 42816 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Accardi Mario, nato a Caltagirone il 30/06/1976

avverso la sentenza del 07/03/2013 del Tribunale di Caltagirone

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di
pace di Caltagirone del 13/12/2011, con la quale Mario Accardi veniva ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 594 cod. pen., commesso in Caltagirone il
16/04/2010 in danno di Nicoletta Accardi; e condannato alla pena di €. 300 di
multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

1

Data Udienza: 19/06/2014

L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla sussistenza del fatto contestato, il ricorrente deduce mancanza di
motivazione in ordine alle censure proposte con l’appello avverso l’ordinanza del
Giudice di pace dell’11/10/2011, con la quale veniva rigettata l’istanza difensiva
di acquisizione del decreto di citazione a giudizio di Emanuele Giallanza, marito
di Nicoletta Accardi, per fatti di ingiuria e minaccia dallo stesso commessi in
danno dell’imputato nella stessa giornata di quelli contestati in questa sede e
successivamente agli stessi, della querela presentata per tali fatti e del certificato

tali prove, decisive ai fini del giudizio sull’attendibilità delle dichiarazioni della
persona offesa. Rileva ulteriore mancanza di motivazione nel generico rinvio, ai
fini della prova dei fatti contestati, alle dichiarazioni della persona offesa ed alla
conferma delle stesse in quelle dei testi Gulino e Scalone e nel certificato medico,
che non consente di ricostruire il procedimento logico di valutazione di dette
prove, e nell’omessa valutazione delle prove a discarico. Deduce l’illogicità del
giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa in quanto affidato
unicamente al ritenuto riscontro in dichiarazioni testimoniali, peraltro
erroneamente indicate come contestuali laddove invece acquisite in udienza
diversa da quella di escussione di Nicoletta Accardi, valutate in modo
indifferenziato e non singolarmente nella loro specifica valenza probatoria, e in
un certificato medico attestante solo uno stato di ansia, incongruamente riferito
alla condotta ingiuriosa contestata ed invece insorto, come riferito dalla stessa
persona offesa, dopo che il marito aveva aggredito verbalmente l’imputato.
2.

Sul mancato riconoscimento della scriminante della provocazione, il

ricorrente deduce mancanza di motivazione in ordine al fatto ingiusto costituito
dalla falsa accusa di manomissione e dalla minaccia di aggressione in danno
dell’imputato, riferite dallo stesso e dalla teste Scalone, e violazione di legge
nella confusione fra le figure della provocazione e della reciprocità delle offese e
nel rinvio alla sentenza di primo grado, che erroneamente qualificava la
circostanza come attenuante, e non come esimente, e ne subordinava la
ricorrenza a requisiti di adeguatezza, proporzionalità e continenza non previsti
dalla norma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi proposti sulla sussistenza del fatto contestato sono infondati.
E’ in primo luogo insussistente il dedotto vizio di mancanza di motivazione
sul rigetto in primo grado delle richieste di acquisizione probatoria della difesa e
—,
2

medico rilasciato all’imputato; e comunque lamenta la mancata acquisizione di

comunque sulla mancata assunzione in appello di dette prove. Il Tribunale
argomentava infatti specificamente su entrambi gli aspetti, osservando che le
prove richieste dalla difesa avevano ad oggetto una produzione documentale
proveniente da una vicenda processuale non ancora definita, e che comunque le
stesse non influivano sul chiarimento dei fatti giudicati nel presente
procedimento. E a tali considerazioni, in tema di decisività delle prove richieste,
il ricorrente oppone una prospettazione dei fatti che, lungi dal contrastare le
conclusioni dei giudici di merito, ne conferma la validità nel momento in cui

successivamente a quello contestato in questa sede.
E’ altresì infondata l’ulteriore doglianza di carenza motivazionale sul
percorso logico che avrebbe condotto il Tribunale a ritenere il fatto accertato in
base al riscontro delle dichiarazioni della persona offesa in quelle dei testi Gulino
e Scalone e nella certificazione medica. Quanto a quest’ultima, la sentenza
impugnata, nel sottolineare il malore attestato dal certificato come subito dalla
persona offesa dopo i fatti, attribuiva evidentemente significato confermativo a
tale circostanza in quanto coerente con la denunciata aggressione verbale; e,
quanto alle deposizioni testimoniali, il sintetico riferimento della sentenza alle
stesse è integrato dalla più estesa motivazione delle decisione di primo grado,
nella quale, precisato che il Gulino interveniva solo quale verbalizzante, si
rilevava che la Scalone, persona estranea Aa famiglia Accardi, riferiva le stesse
circostanze narrate da quest’ultima in quanto presente ai fatti.
Tali argomentazioni, complessivamente considerate, sono esenti dalle
ulteriori censure di illogicità proposte dal ricorrente. Il richiamo alla convergenza,
sulla stessa rappresentazione fattuale, delle dichiarazioni della persona offesa e
della teste Scalone, quest’ultima ritenuta attendibile per la sua estraneità
all’ambiente familiare della persona offesa e dell’imputato, rende generici i rilievi
del ricorrente sull’assenza di una specifica valutazione del significato probatorio
degli elementi d’accusa; l’accenno del ricorso all’erronea indicazione di tali
testimonianze come contestualmente assunte non trova alcuna corrispondenza
nella sentenza impugnata, nella quale non si riferiva dell’acquisizione delle
deposizioni nella stessa udienza, e comunque riguarda una circostanza
irrilevante ai fini del giudizio di attendibilità delle dichiarazioni; e neppure illogica
è la valutazione dello stato di ansia della persona offesa, attestato dal certificato,
come riscontro ad una situazione di tensione comunque innescata dalla condotta
ingiuriosa subita.

2. Parimenti infondati sono i motivi proposti sul mancato riconoscimento
della scriminante della provocazione.

3

riferisce gli elementi dei quali si chiede l’acquisizione a fatti avvenuti

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la sentenza impugnata era
adeguatamente motivata in ordine alla mancanza dei presupposti della
scriminante in oggetto. La conclusiva affermazione del Tribunale
sull’insussistenza di elementi indicativi di un fatto ingiusto che avesse prodotto la
reazione ingiuriosa deve infatti essere collegata a quanto precedentemente
esposto nella sentenza sullo svolgimento della vicenda, inserita in una contrasto
interno alla famiglia Accardi sul prelievo di acqua da un pozzo sito nel fondo della
persona offesa, ed in particolare sulle circostanze per le quali quest’ultima

cosa stesse facendo nel timore di una manomissione, veniva ingiuriata fino
all’arrivo del marito. Tale descrizione dei fatti implica l’esclusione di qualsiasi
comportamento ingiusto di Nicoletta Accardi, limitatasi a chiedere spiegazioni sul
comportamento dell’imputato. Ma, in ogni caso, anche per questo aspetto le
conclusioni del Tribunale devono essere integrate con il contenuto della sentenza
di primo grado, nella quale si rilevava come, anche a voler individuare
nell’atteggiamento della persona offesa un’implicita ed ingiusta accusa di
manomissione dell’impianto rivolta all’imputato, tanto non giustificava una
reazione ingiuriosa manifestata con una pluralità di insulti.
Infondata, a quest’ultimo proposito, è la censura di violazione di legge nella
ritenuta rilevanza dell’assenza di proporzione fra il fatto ingiusto, ove verificatosi,
e l’offesa. La sproporzione e l’inadeguatezza della reazione costituiscono infatti
elementi utili ai fini della valutazione sull’effettiva sussistenza delle condizioni per
la ravvisabilità dell’attenuante in esame, ed in particolare della sussistenza dello
stato di ira o del rapporto causale dello stesso con il comportamento del soggetto
passivo (Sez. 5, n. 24693 del 02/03/2004, Vannozzi, Rv. 228861; Sez. 1, n.
30469 del 15/07/2010, Lucianò, Rv. 248375; Sez. 5, n. 604 del 14/11/2013,
D’Ambrogi, Rv. 258678).
Per il resto, la doglianza di mancanza di motivazione su un’aggressione che
sarebbe stata subita dall’imputato è generica quanto all’indicazione dell’autore di
tale aggressione e della collocazione temporale della stessa, rispetto ad una
vicenda sviluppatasi anche successivamente alla condotta ingiuriosa contestata
con l’intervento del marito della persona offesa; ed altrettanto generici, in
quanto estranei al percorso motivazionale essenziale della sentenza impugnata,
sono i riferimenti del ricorrente all’accenno del Tribunale all’esimente della
reciprocità, citata solo per escluderne comunque la sussistenza nel caso di specie
in termini tali da non creare l’asserita confusione con la provocazione,
specificamente oggetto delle considerazioni dei giudici di merito, ed alla
qualificazione della provocazione come attenuante, in effetti presente nella

sorprendeva l’imputato mentre armeggiava sull’impianto idraulico e, chiestogli

sentenza di primo grado, ma unicamente nella parte espositiva delle richieste
conclusive della difesa.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Così deciso in Roma il 19/06/2014

Il Consigliere estensore

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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