Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42788 del 09/10/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 42788 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARENA COSIMO N. IL 29/09/1947
avverso il decreto n. 18/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
21/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 47,’,e- .70
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/10/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso in data 21 novembre 2012 la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma
del decreto emesso il 6 giugno 2012 dal Tribunale di Torino, ha ridotto ad anni tre la durata della misura
di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza applicata nei confronti di Arena Cosimo,
confermando nel resto il provvedimento impugnato.

difensore dell’Arena, deducendo violazione di legge per inosservanza dell’obbligo di motivazione in
relazione all’art. 4, comma 9, della I. n. 1423/1956, per avere la Corte espresso il proprio giudizio sulla
attuale pericolosità del proposto attraverso un mero rinvio alle valutazioni operate dal Tribunale a
sostegno della ritenuta appartenenza alla ” ‘ndrangheta” locale, nonché per avere omesso di considerare
il fatto che l’Arena, con scritti depositati in sede dibattimentale e ribaditi anche all’atto del suo esame, ha
in più occasioni dichiarato la propria estraneità alla su indicata organizzazione criminale.

CONSIDERATO IN DIFtITTO

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

4. Occorre preliminarmente osservare, secondo una costante linea interpretativa di questa Suprema
Corte, che il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione, in coerenza con la
natura e la funzione del relativo procedimento, è limitato alla violazione di legge (ex art. 4, comma 11,
della I. n. 1423/1956) e non si estende al controllo della motivazione, a meno che questa sia del tutto
mancante o meramente apparente, ipotesi in cui sussisterebbe comunque il vizio di violazione di legge
(Sez. 6, n. 24272 del 15/01/2013, dep. 04/06/2013, Rv. 256805; Sez. 6, n. 35240 del 27/06/2013, dep.
21/08/2013, Rv. 256263; v., inoltre, Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007, dep. 18/09/2007, Rv. 237277,
nonchè Sez. 5, n. 19598 del 08/04/2010, dep. 24/05/2010, Rv. 247514).
Nel caso di specie il ricorrente, pur denunciando formalmente il vizio della violazione di legge, tende
in sostanza a confutare, nell’illustrazione dell’unica ragione di doglianza, la motivazione del
provvedimento impugnato, nella chiara prospettiva di accreditare una diversa ed alternativa
interpretazione delle circostanze di fatto emerse e di togliere così ogni valenza agli elementi posti alla
base della formulazione del giudizio e della misura di prevenzione adottata nei suoi confronti.
Il decreto impugnato, di contro, è sorretto da un apparato argomentativo del tutto congruo e
logicamente correlato alle risultanze in atti, le quali sono state apprezzate tenendo conto dei rilievi
difensivi, peraltro solo genericamente formulati, e nel pieno rispetto di un quadro di principii esattamente
interpretati ed applicati, sicché non può sotto alcun profilo parlarsi di motivazione mancante o apparente.
La Corte d’appello, infatti, dopo aver specificamente richiamato gli atti processuali da cui già il primo
Giudice aveva tratto una serie di elementi sintomatici dell’appartenenza dell’Arena ad un locale sodalizio
criminale di stampo cd. ” ‘ndranghetistico” (costituiti dalle risultanze di intercettazioni telefoniche ed
ambientali, da atti di osservazione investigativa e dal contenuto delle dichiarazioni rese da una teste sotto
protezione), ha motivatamente confermato le valutazioni espresse nella prima decisione riguardo alla
prognosi di pericolosità del proposto ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 159/2011, escludendo al riguardo
1

2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione il

l’affievolimento della pericolosità in ragione della rilevata circostanza per cui nei confronti del ricorrente è
stata eseguita un’ordinanza applicativa di misura cautelare per il reato di associazione mafiosa in data 6
giugno 2011, mentre il decreto emesso dal Tribunale di Torino all’esito del primo giudizio reca la data del
6-29 giugno 2012: un intervallo ancor breve e non idoneo ad inficiare la presunzione di perdurante
pericolosità ammissibile per gli appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, tenuto conto sia della
prossimità temporale degli elementi rivelatori del suo inserimento nel sodalizio, sia dell’assenza di un
effettivo e concreto atto di dissociazione dalla predetta organizzazione criminale.
In definitiva, a fronte di un quadro argomentativo logicamente strutturato e linearmente illustrato, il

Giudice del gravame, sicché le questioni dedotte in ricorso devono ritenersi non specificamente
prospettate, sia per la loro sostanziale indeterminatezza, sia per la mancanza di una puntuale
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, lì, 9 ottobre 2014

Il Consigliere estensore

ricorrente si è limitato a riproporre le medesime doglianze già ritenute infondate, in punto di fatto, dal

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