Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4274 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4274 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 07/01/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Cartagena Sante, n. a Cerignola
(FG) il 27.01.1957, attualmente detenuto per questa causa,
rappresentato e assistito dall’avv. Giancarlo Chiariello e dall’avv.
Rosario Marino di fiducia, avverso l’ordinanza n. 1127/2014 emessa
dal Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, in data
08.09.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Massimo
Galli che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentita la discussione dell’avv. Enzo Musco, comparso in sostituzione
dell’avv. Giancarlo Chiariello che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1.

Con ordinanza in data 02.08.2014, il giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Foggia applicava nei confronti di Cartagena Sante
la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui agli artt.
110, 628 commi 1 e 3 n. 1 cod. pen., 605 cod. pen., 2, 4 e 7 I. n.
895/1967, 648 cod. pen..
Ha ritenuto il giudice per le indagini preliminari l’esistenza a carico del

ricavabili dagli esiti delle indagini espletate dalla Squadra Mobile di
Foggia, dalle dichiarazioni rese dalle vittime delle rapine (con
riferimento alle modalità delle stese e segnatamente alle armi ed alle
autovetture utilizzate nonché alle caratteristiche degli indumenti
indossati dai rapinatori), dal contenuto delle sommarie informazioni
testimoniali rese da Stefanitti Luiza e da Andries Samir Marius,
riscontrate dall’esito delle perquisizioni e dei sequestri operati nonché
dal contenuto dei filmati delle videocamere di sorveglianza dei caselli
autostradali che hanno consentito di appurare la presenza sul luogo
della rapina del predetto Cartagena Sante a bordo dell’autovettura
Ford Kuga di colore bianco con targhe straniere il giorno 24 luglio
2014.
2.

Avverso detta ordinanza, nell’interesse di Cartagena Sante, veniva
proposto ricorso ex art. 309 cod. proc. pen.: il Tribunale, di Bari, con
ordinanza in data 08.09.2014, rigettava il gravame e confermava il
provvedimento impugnato.

3.

Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, viene proposto,
nell’interesse di Cartagena Sante, ricorso per cassazione attraverso il
quale si lamenta violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 546 lett. e), 292, 125, 63, 64, 273, 197,
197 bis, 351, 362, 382 cod. proc. pen., 110, 628 e ss. cod. pen., per
mancanza, ovvero comunque, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, risultante dal testo stesso del provvedimento
impugnato nonché da atti del procedimento, e segnatamente:
– dalle dichiarazioni di Andries Samir Marius del 24.07.2014 e del
29.07.2014;
– dalle dichiarazioni di Stefanitti Luiza del 24.07.2014 e del 29.07.2014;
-dalle dichiarazioni di Vitale Bruno del 24.07.2014;
– dalle dichiarazioni di Vitale Giuseppe del 24.07.2014;

Cartagena di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati ipotizzati

-dal fascicolo dei rilievi tecnici e descrittivi;
-dalle n. 2 relazioni di consulenza tecnica di parte, depositate presso il
Tribunale del riesame ed acquisite ai fini della decisione, aventi ad
oggetto le immagini riprese dal sistema di videosorveglianza installato
all’ingresso dell’abitazione di Cartagena Sante in Cerignola via
Portofino 4.

4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, immeritevole di
accoglimento.

5.

È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità
da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal
giudice del riesame sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte – che il Collegio condivide e
reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno
interessato l’art. 606 cod. proc. pen., cui l’art. 311 cod. proc. pen.
implicitamente rinvia – in tema di misure cautelari personali, allorché
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza ovvero delle esigenze
cautelarì, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che
ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente
conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del
quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza
della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la
richiesta di riesame – mezzo di impugnazione, sia pure atipico – ha la
specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza
cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art. 292 cod.
proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di
vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal
citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con

3

gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata
probabilità di colpevolezza (Sez. U, sent. n. 11 del 22/03/2000,
Audino, Rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art. 606 cod. proc.
pen., Sez. 4, sent. n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
La medesima giurisprudenza di legittimità ha osservato – sempre in

per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i
principi di diritto, ma non anche quando propone censure che
riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5,
sent. n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, sent. n.
11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione
secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno” del
provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti,
riguardare la ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure che,
pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate
dal giudice di merito, dovendosi in sede di legittimità accertare
unicamente se gli elementi di fatto siano corrispondenti alla previsione
della norma incriminatrice e le statuizioni siano a loro volta assistite da
motivazione non manifestamente illogica.
6. Il primo profilo di doglianza inerisce all’inutilizzabilità delle dichiarazioni
rese, nella veste di persone informate sui fatti, da Stefanitti Liza e da
Andries Samir Marius, soggetti nei cui confronti, sulla base dei primi
atti d’indagine, già sussistevano precisi indizi di reità che avrebbero
dovuto imporre l’assunzione delle relative dichiarazioni con le garanzie
di legge (artt. 64, 65, 350 cod. proc. pen.): da qui la conseguente
richiesta di declaratoria di inutilizzabilità, ex art. 63, comma 2 cod.
proc. pen., di tutte le dichiarazioni dai medesimi rilasciate e raccolte in

I

tema di impugnazione delle misure cautelari personali – che il ricorso

violazione dei commi 3 e 3 bis dell’art. 64 cod. proc. pen..
Assume il ricorrente, come i suindicati soggetti, ab initio, non abbiano
rivestito un ruolo meramente statico ed inerte, non essendosi affatto
limitati a tollerare passivamente la realizzazione di una serie continua
di atti oggettivamente ed intrinsecamente delittuosi, avendo di contro
concorso in quelle condotte. In particolare, gli stessi:
-consapevoli della presenza

in loco di armi, ne avevano curato la

custodia e la vigilanza durante l’assenza del Vitale e dei suoi amici;
-avevano ospitato all’interno della masseria sia l’autovettura Bmw
impiegata per le operazioni (ed a cui, di volta in volta, venivano
sovrapposte targhe diverse) che l’autovettura Mercedes utilizzata
nell’assalto del 18.07.2014.
7. Sotto altro profilo, assume il ricorrente come il Tribunale non si sia
neppure impegnato a contrastare gli elementi che scardinavano e
demolivano in radice la ricostruzione fatta da Andries Samir Marius. Al
riguardo, afferma testualmente il ricorrente: “… in occasione della
rapina del 18.06.2014, il dichiarante (ndr., Andries Samir Marius) è
“certo” di aver visto presso la fattoria … il Cartagena Sante, tanto
durante le fasi immediatamente precedenti la partenza del commando,
quanto in quella successiva al rientro, precisando che l’indagato era
giunto (e si era allontanato) in entrambi i casi a bordo della Ford di
colore bianco, di sua proprietà. Ebbene, questa indicazione è
contrastata da una prova documentale (art. 234 cod. proc. pen.) che
non ammette possibilità di equivoci: ovvero, le immagini riprese dal
sistema di videosorveglianza installato all’ingresso dell’abitazione del
Cartagena Sante … che attestano e dimostrano come l’auto di costui,
in data 18.06.2014 è rimasta parcheggiata davanti casa (quantomeno)
dalle ore 13.32 e sino alle ore 17.23 di quello stesso giorno …”.
8. Sotto ulteriore altro profilo, si censura il provvedimento impugnato nella
parte in cui, senza alcun adeguato riscontro, il giudice di merito aveva
cercato di invalidare i risultati di una consulenza “giurata” certificante,
attraverso dati rigorosamente scientifici, l’integrità della telecamera
che aveva ripreso i fotogrammi e, d’altra parte, aveva “svalutato”
l’assenza di prova che l’indagato si fosse trasferito presso la masseria
ovvero avesse incontrato altri coindagati.
9. Con riferimento al primo profilo, rileva preliminarmente il Collegio come
la sanzione di inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell’art. 63, comma 2

5

cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese da soggetti i quali fin dall’inizio
avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di imputati o di persone
sottoposte a indagini, richieda che a carico di tali soggetti risulti
l’originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità e tale
condizione non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i
dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende
potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti

23/12/2013, Carta e altri, Rv. 258109; Sez. 2, sent. n. 23211 del
09/04/2014, dep. 04/06/2014, Morinelli e altro, Rv. 259654). Spetta,
inoltre, esclusivamente al giudice, il potere di verificare – al di là del
riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione
del soggetto dichiarante nel registro delle notizie di reato l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le
dichiarazioni stesse vengano rese: accertamento che, se congruamente
motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (v., ex multis, Sez. 2,
sent. n. 51840 del 16/10/2013, dep. 30/12/2013, Caterino, Rv.
258069).
10. Fermo quanto precede, la questione relativa alle modalità di audizione
di Andries Samir Marius e di Stefanitti Luiza non rappresenta altro che
la reiterazione dell’analoga doglianza proposta dinanzi al Tribunale del
riesame, in relazione alla quale viene fornita una motivazione
esaustiva, puntuale sia in fatto che in diritto. Correttamente, sul punto,
il giudice di merito ha fatto richiamo alla costante giurisprudenza di
questa Suprema Corte, condivisa dal Collegio, in base alla quale la
sanzione di inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni assunte senza
garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall’inizio
essere sentito in qualità di imputato o di persona soggetta alle
indagini, postula che a carico dell’interessato siano già acquisiti, prima
dell’escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti
dall’autorità procedente, non rilevando a tal proposito eventuali
sospetti od intuizioni personali dell’interrogante (Sez. U, sent. n. 23868
del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417). E nella decisione ora citata, le
Sezioni Unite, rifacendosi a precedente elaborazione di questa Corte,
hanno evidenziato come la condizione di soggetti che fin dall’inizio
avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di imputati o di persone
sottoposte alle indagini non può farsi automaticamente derivare dal

penali a loro carico (cfr., Sez. 2, sent. n. 51732 del 19/11/2013, dep.

solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati in qualche modo
coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dare luogo alla
formulazione di addebiti penali a loro carico, occorrendo invece che tali
vicende, per come percepite dall’autorità inquirente, presentino
connotazioni tali da non potere formare oggetto di ulteriori indagini se
non postulando necessariamente l’esistenza di responsabilità penali a
carico di tutti i soggetti coinvolti o di taluni di essi (cfr., Sez. 1, sent. n.

08/11/2007, Rv. 239195).
Fermo quanto precede, sullo specifico punto, deve necessariamente
affermarsi che, nel caso di specie, i sigg.ri Andries e Stefanitti
dovevano – come correttamente avvenuto – essere sentiti come
persone informate sui fatti senza garanzie difensive, non potendo in
quel momento ipotizzarsi a loro carico, neppure astrattamente, alcun
fatto di rilevanza penale. Ciò a maggior ragione, in quanto la
previsione, contenuta nell’art. 63, comma 2 cod. proc. pen., di
inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rilasciate da persona che fin
dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagato o
imputato, persegue lo scopo di impedire che l’utilizzazione di dette
dichiarazioni possa risolversi, in qualunque modo sia pure
indirettamente, in un possibile pregiudizio per il soggetto che dette
dichiarazioni ha reso; è evidente che, nel caso di specie, nessun
pregiudizio poteva derivare ai succitati Andries e Stefanitti, per non
potere essere concretamente ipotizzabile alcun reato a loro carico.
Su queste premesse, ampiamente giustificata – e priva di quella
denunciata illogicità argonnentativa – è la motivazione del
provvedimento impugnato nella parte in cui, dopo aver premesso che
l’Andries e la Stefanitti sono due soggetti “deboli” a ragione della loro
età, della loro provenienza e delle loro condizioni personali e familiari,
ha riconosciuto come gli stessi avessero intuito l’illiceità di quanto si
svolgeva nell’azienda che li aveva ospitati e, pur con le oggettive
remore connesse all’ospitalità ricevuta pur quale corrispettivo
dell’attività richiesta (quella di braccianti incaricati anche della custodia
del bestiame), “… appena hanno avuto l’occasione hanno riferito, con
tutti i pericoli per la propria incolumità personale (atteso il calibro
delinquenziale degli indagati) a cui si espongono, a collaborare con gli
inquirenti e a riferire le circostanze di cui erano venuti a conoscenza.

i

8099 del 29/01/2002, Rv. 221327; Sez. 1, sent. n. 4060 del

Nessun rilievo ha la circostanza evidenziata dalla difesa, che la
Stefanitti abbia aperto il cancello con il telecomando quando i
rapinatori il 24 luglio sono tornati al capannone con il rimorchio, atteso
che la stessa, sola nell’azienda al momento dei fatti, ha aperto dopo
aver sentito il suono ripetuto di un clacson. E’ del tutto ragionevole,
inoltre, che la Stefanitti disponesse del telecomando, coabitando con il
Vitale all’interno della fattoria unitamente alla sua famiglia. Tale

dei coniugi rumeni … omissis … Nessun rilievo ha, inoltre, la
circostanza dei lavori effettuati all’interno del capannone da parte
dell’Andries, atteso che lo stesso, nella sua qualità di bracciante alle
dipendenze del Vitale, non ha fatto altro che eseguire un ordine
ricevuto dal suo datore di lavoro (tagliare delle travi) che tra l’altro non
si presenta connesso in modo univoco ed immediato alla perpetrazione
di una rapina ad un tir. Né il solo fatto di aver captato la perpetrazione
di attività illecite … da parte del Vitale e dei suoi complici, tra cui
l’odierno ricorrente, può ex se far ritenere i due dichiaranti coinvolti
fattivamente e concretamente nei fatti delittuosi in oggetto …”.
11. Gli ulteriori due profili di censura, trattabili congiuntamente alla luce
delle reciproche interazioni, presentano aspetti di critica fattuale ed
introducono un tema di indagine non sindacabile nel presente giudizio
di legittimità.
Anche qui va ribadito in premessa come lo sviluppo argomentativo
della motivazione del provvedimento impugnato risulta fondato su una
coerente analisi critica degli elementi di prova e sulla loro
coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale
appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a
detti elementi del requisito della sufficienza, rispetto al tema di
indagine concernente la responsabilità del ricorrente in ordine ai delitti
contestatigli. La motivazione dell’ordinanza impugnata supera quindi il
vaglio di legittimità demandato a questa Corte, alla quale non è tuttora
consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari
finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei
medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito
e questo tanto più alla luce di censure con le quali si muovono non già
precise contestazioni di illogicità argomentativa, ma solo doglianze di
merito, non condividendosi dal ricorrente le conclusioni attinte ed anzi

/14

disponibilità del telecomando non era, comunque, esclusiva da parte

proponendosi versioni più persuasive di quelle dispiegate nell’ordinanza
impugnata.
Fermo quanto precede, ritiene il Collegio del tutto congrue le
motivazioni del Tribunale sui punti oggetto di censura. Si legge infatti
nel provvedimento impugnato: “… ulteriore elemento fornito all’esame
del Collegio è rappresentato dalle videoriprese relative al giorno
18.06.2014 effettuate dalla videocamera di sorveglianza ubicata presso

Portofino n. 4. Dai fotogrammi estrapolati dal consulente tecnico di
parte Carmine Biase emerge che l’autovettura Ford Kuga bianca, nella
disponibilità del ricorrente, è rimasta parcheggiata dalle ore 12.34 alle
ore 17.23 del giorno suddetto. Il consulente ha, altresì, attestato che
la videocamera non aveva subito manomissioni. Questo elemento, a a
parere della difesa del Cartagena, andrebbe a screditare le
dichiarazioni dell’Andries con riferimento al primo episodio di rapina
contestato. Nelle sommarie informazioni rese il 24.07.2014 il
dichiarante, infatti, ha riferito che circa un mese prima, intorno alle ore
14.00 diversi soggetti tra cui l’odierno indagato a bordo della Ford
Kuga bianca, si erano portati all’interno dell’azienda e dopo essersi
organizzati (con armi e mezzi) erano di nuovo andati via. Tale
elemento è, a parere del Collegio, inconsistente e del tutto infondato.
In primo luogo il ricordo dell’Andries potrebbe essere impreciso con
riferimento agli orari in cui il Cartagena Sante ha fatto ingresso bella
azienda a bordo della Ford Kuga bianca, trattandosi di un episodio
avvenuto un mese prima ed essendosi lo stesso dichiarante espresso in
termini di genericità sia con riguardo alla data che all’orario (alle 14.00
“circa”). Deve inoltre evidenziarsi che pur essendo stato acclarato dal
consulente che dopo la registrazione la videocamera (di proprietà del
Cartagena) non aveva subito manomissioni, non può certo escludersi
che la stessa, trattandosi di videocamera privata, fosse correttamente
impostata con riferimento a data ed orario …”.
Ogni altra censura di merito, alla luce dell’ampio ed esaustivo

iter

motivazionale adottato, è stata correttamente disattesa per evidente
incompatibilità con la ricostruzione di fatto, del tutto completa,
effettuata (sulla non obbligatorietà da parte del giudice di secondo
grado di rispondere a tutti i profili di censura svolti nell’atto di
impugnazione, allorquando le doglianze possono essere disattese in

l’ingresso dell’abitazione di Cartagena Sante in Cerignola alla via

modo implicito v., Sez. 6, sent. n. 1307 del 26/09/2002, dep.
14/01/2003, Delvai, Rv. 223061).
12. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativannente in euro 1.000,00. Manda alla

pen.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen..
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 7.1.2015

cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc.

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