Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42731 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 42731 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPUANO LUIGI N. IL 13/05/1942
CAPUANO MASSIMO N. IL 12/07/1984
CAPUANO ALAN N. IL 15/08/1983
avverso la sentenza n. 3040/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per j (e,

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Data Udienza: 22/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27.11.2013 il Tribunale di Busto Arsizio, all’esito del
giudizio abbreviato, condannava – per quanto qui interessa – Luigi Capuano, Alan
Capuano e Massimo Capuano, con la continuazione e riconosciute le circostanze
attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva per Capuano
Luigi ed esclusa la recidiva per Massimo e Alan, alle pene specificamente
indicate, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili e provvisionale

lanciando una bomba incendiaria all’interno dell’abitazione di Ehigie Obaseki
Ighozua ed, altresì, cospargendo di benzina cui appiccavano il fuoco il ballatolo
antistante la porta dell’abitazione in cui si trovano altre quattro persone e un
minore, alcune della quali riportavano lesioni personali – nonché, in relazione ai
reati di incendio, di detenzione e porto illegale della bottiglia incendiaria;
Capuano Luigi, altresì, della violenza privata continuata in danno di Vargas Salas
Deborath Cristina volta ad impedire alla stessa di rivelare quanto a sua
conoscenza in ordine ai fatti predetti (capo D) e Capuano Massimo del reato di
minacce in danno di Ehigie Obaseki, Obas Annelisa e Sassone Giuseppe.
La Corte di appello di Milano, il 29.10.2014, decidendo sull’impugnazione
degli imputati e del pubblico ministero, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, assolveva i predetti dal reato di tentato omicidio in danno delle
persone diverse dal Ehigie Obaseki perché il fatto non costituisce reato,
escludeva la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 1 cod. pen. e riteneva la
recidiva per Capuano Massimo e Alan, riconoscendo al primo le circostanze
attenuanti generiche che riteneva equivalenti alle circostanze aggravanti,
rideterminando la pena in anni otto di reclusione per Capuano Luigi e Massimo e
anni dodici, mesi uno e giorni dieci di reclusione per Capuano Alan.

2.

Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per

cassazione gli imputati con atti separati, a mezzo dei rispettivi difensori di
fiducia.
2.1. Capuano Luigi con i primi due motivi di ricorso denuncia il vizio della
motivazione in relazione al capo A) per errata valutazione delle dichiarazioni
della testimone Pastore, avendo ritenuto la Corte di appello, come il giudice di
primo grado, attendibile la versione dei fatti indicata dalla stessa in dibattimento
e non quella resa nell’immediatezza del fatto, il 13.11.2006, quando aveva
affermato di aver visto in azione due persone invece di tre.
Con il terzo e il quarto motivo di ricorso il vizio della motivazione viene
denunciato con riferimento all’affermazione della accertata l’esistenza di tre

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esecutiva, in relazione al reato di tentato omicidio continuato – commesso

autonomi punti di accensione del fuoco contraddetta da quanto riferito dai
testimoni Ferrario e Fantoni, come da verbali allegati al ricorso.
Con due ulteriori motivi di ricorso si lamenta il vizio della motivazione per
evidente contraddizione laddove è stata ritenuta la volontà omicida in danno
dell’occupante l’abitazione del piano terra, mentre è stata esclusa con riferimento
agli abitanti del primo piano, tenuto conto che la Corte d’appello ha affermato la
volontaria accensione di tre focolai, escludendo la propagazione accidentale delle
fiamme, contraddicendo l’affermazione secondo la quale soltanto il lancio della

Con ulteriori motivi di ricorso si deduce la violazione di legge ed il vizio della
motivazione relativamente alla configurabilità del reato di cui all’art. 423 cod.
pen., ribadendo che le prove acquisite attestano che l’azione aveva natura
esclusivamente intimidatoria e che non si era verificato alcun incendio con le
caratteristiche richieste dalla citata norma, ossia caratterizzato da vastità di
proporzioni, dalla tendenza a progredire e della difficoltà di spegnimento.
Il ricorrente, quindi, lamenta la violazione di legge, sotto il profilo della
sussistenza dell’elemento soggettivo, del tentato omicidio e della insussistenza
della fattispecie di cui all’art. 83 cod. pen., ossia l’evento diverso da quello voluto
per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione con conseguente affermazione della
responsabilità a titolo di colpa, ribadendo che l’intenzione era quella di
danneggiare e non di determinare l’incendio; quindi, la azione non è compatibile
con la volontà di uccidere la persona offesa, perché in tale caso avrebbe lanciato
la bottiglia contro la finestra della camera e non contro la porta, avrebbe
cosparso di benzina la tapparella della camera e del bagno per rendere
impossibile la fuga.
Infine, si denuncia il vizio della motivazione e la violazione di legge in
relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della
provocazione, pur avendo la Corte di appello affermato che l’azione del ricorrente
era stata determinata dal fatto commesso dalla vittima che aveva percosso il
Capuano, tanto da escludere l’aggravante dei futili motivi. Contesta, peraltro, la
circostanza che la reazione non è stata immediata e la rilevanza ai fini della
provocazione della sproporzione.

2.2. Capuano Massimo, a mezzo dei difensori di fiducia, in primo luogo
denuncia la violazione di legge ed il vizio della motivazione con riferimento alla
ritenuta prova della partecipazione ai fatti in contestazione ed, in particolare, alla
valutazione delle dichiarazioni della testimone Vargas che, avendo ricevuto la
confessione dell’imputato, avrebbero dovuto essere vagliate con estremo rigore
da parte dei giudici di merito. Invece, la valutazione è frutto di evidente
travisamento del materiale probatorio e della mancata considerazione di alcune
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bottiglia incendiaria al piano terra sarebbe sorretto da volontà incendiaria.

circostanze che depongono per la inattendibilità della testimone la quale ha
fornito quattro versioni diverse dei fatti a sua conoscenza che non possono
essere giustificate dalle minacce che avrebbe subito da parte di Capuano Luigi,
nè dal contenuto della telefonata tra il predetto ed il nipote Alan, peraltro
precedente le dichiarazioni rese dalla testimone ai carabinieri; rileva, ancora, il
ricorrente che i giudici di merito hanno del tutto trascurato che la Vargas aveva
riferito di pressioni subite da parte della polizia giudiziaria.
Inadeguata ritiene, altresì, la valutazione delle dichiarazioni rese

modificato in parte il suo racconto, come delle dichiarazioni di Capuano Maurizio,
cheecluso la responsabilità del fratello Massimo.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la configurabilità del reato di
tentato omicidio sotto il profilo dell’elemento soggettivo, in specie del dolo
alternativo, rilevando l’errata valutazione del materiale probatorio, posto che
dalle testimonianze dei vigili del fuoco emergeva che l’incendio non aveva
interessato né il bagno né la camera da letto con la conseguenza che la persona
offesa aveva delle vie di fuga; in ogni caso, il coimputato Luigi che aveva
ammesso le sue responsabilità ha dichiarato di avere intenzione soltanto di dare
una lezione alla persona stessa.
Contesta, altresì, la qualificazione giuridica del fatto contestato al capo B)
non potendosi configurare il reato di incendio, nonché, il mancato riconoscimento
della circostanza attenuante della provocazione, proponendo su tali punti le
medesime censure del precedente ricorrente.
Denuncia la violazione di legge ed il vizio della motivazione in ordine alla
ritenuta recidiva, applicata in accoglimento dell’impugnazione del pubblico
ministero, essendo insufficiente la motivazione in mancanza di qualsivoglia
affinità .dei precedenti penali con i fatti in esame.
Il ricorrente rileva, inoltre, la omessa motivazione in relazione alla richiesta
difensiva di riconoscere l’ipotesi di cui all’art. 116 cod. pen. e la attenuante di cui
all’art. 114 cod. pen..
Infine, contesta il giudizio di bilanciamento operato dalla Corte di appello
motivato in maniera contraddittoria.

2.3. Capuano Alan lamenta che il compendio indiziario è assolutamente
insufficiente a fondare il giudizio di responsabilità al di là di ogni ragionevole
dubbio, posto che dalla intercettazione telefonica di altro procedimento lontana
nel tempo (2008) non si può desumere alcuna circostanza rilevante in ordine ai
fatti in oggetto; il contatto telefonico con Luigi avvenuto in orario prossimo ai
fatti è durato pochi secondi e non minuti, quindi, non può avere alcun significato
certo.
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nell’immediatezza dei fatti dalla testimone Pastore che solo successivamente ha

Con il secondo motivo contesta la configurabilità del reato di incendio
rilevando che deve configurarsi l’ipotesi di cui all’art. 83 secondo comma cod.
pen., mentre i giudici di merito hanno trascurato elementi chiari in ordine alle
reali intenzioni degli autori dell’azione.
Infine, il ricorrente assume che la Corte di appello ha errato a riconoscere la
recidiva reiterata specifica come si desume dal certificato penale: non è reiterata
perché manca una precedente dichiarazione di recidiva, né è specifica posto che
le precedenti condanne non si riferiscono a reati contro la persona.

superare il cumulo della pene risultante dalle condanne precedenti alla
commissione del nuovo delitto che è stato commesso il 13.11.2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Capuano Luigi, ad avviso del Collegio, deve essere
respinto.
Le doglianze del ricorrente in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della
testimone Pastore non sono fondate avendo i giudici di merito adeguatamente
motivato in ordine alla attendibilità della stessa. Il ragionamento logico
sviluppato dalla Corte di appello nel ritenere genuine le circostanze riferite dalla
testimone in dibattimento (p.16 in nota) e maggiormente precise rispetto a
quelle indicate al momento del fatto agli investigatori esclude qualsivoglia
sindacato in questa sede. Del resto, la ricostruzione delle dinamica dell’accaduto
è stata fondata dai giudici di merito prevalentemente, se non esclusivamente, su
altri elementi di prova, mentre quanto riferito dalla Pastore assume rilievo in
ordine alla specifica circostanza del numero delle persone coinvolte nell’azione
delittuosa che Capuano Luigi non ha alcun interesse a contestare, avendo
ammesso di aver partecipato al fatto.
Sono manifestamente infondati, altresì, i rilievi con i quali il Capuano
contesta la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla accertata
l’esistenza di tre autonomi punti di accensione del fuoco.
La Corte di appello, infatti, ha dato conto (p. 17-18) con discorso
giustificativo immune dai vizi denunciati della correttezza della ricostruzione dei
fatti indicata dal primo giudice, affermando che, pur in mancanza di
accertamento peritale, gli esiti delle indagini avevano consentito di verificare che
il fuoco era stato appiccato in tre distinti punti e non vi era stata una accidentale
propagazione delle fiamme. Ed ha dato atto, alla luce delle deduzioni difensive,
che tanto non risulta contraddetto da ciò che è stato riferito dal testimone vigile
del fuoco Ferrari, in specie quanto all’azione incendiaria posta in essere in tre
momenti diversi ed autonomi. Ha rilevato, altresì, come tale azione fosse
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Inoltre, rileva l’errato calcolo dell’aumento per la recidiva che non può

certamente idonea, sotto il profilo oggettivo, a causare la morte della persona
che abitava al piano terra dove era stata gettata la bottiglia incendiaria,
considerate anche le piccole dimensioni dell’appartamento e l’ora notturna.
Compiuta ed immune da interne contraddizioni è anche la motivazione con
la quale è stata affermata la volontà omicida in danno dell’occupante
dell’abitazione del piano terra; infatti, i giudici di appello non hanno escluso la
ravvisabilità della volontà incendiaria nell’azione di appiccare il fuoco nei tre
distinti punti, bensì, hanno ritenuto non sufficientemente provata la volontà

zerbino che si trovava dinanzi alla porta dell’abitazione del primo piano.
La Corte ha, poi, adeguatamente e correttamente argomentato in punto di
sussistenza del dolo alternativo dell’omicidio, anche prescindendo dalla
espressione <

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