Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42724 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 42724 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOSTRO FRANCESCO N. IL 21/08/1975
avverso la sentenza n. 213/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
10/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F. ti
che ha concluso per n
e.01/1-0

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

JL

Data Udienza: 05/05/2015

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 10.7.2013 la Corte d’appello di Messina confermava la sentenza in data
12.7.2012 del Tribunale di Messina appellata da NOSTRO FRANCESCO con la quale il predetto
era stato condannato, con l’attenuante di cui all’art.89 cod. pen. equivalente alla contestata
recidiva, alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa per i delitti di cui agli artt.
9/2 legge 1423/1956 e porto abusivo di una pistola; in Messina in data 28.5.2011.
I giudici di merito ricostruivano il fatto ed identificavano l’imputato, come colui che aveva

seguenti prove.
Dalle dichiarazioni del teste Cicero Giuseppe, titolare di un autolavaggio, era risultato che nella
tarda mattinata del 28.5.2011 si erano recati nel predetto impianto di autolavaggio i fratelli
Davide e Gianluca Ciraolo per lavare la propria autovettura; sul posto si trovava anche Nostro
Francesco, intento a lavare la propria vespa di colore bianco; tra i predetti fratelli ed il Nostro
era scoppiata una lite e, dopo circa mezz’ora, il suddetto teste aveva udito l’esplosione di un
colpo di pistola, senza però vedere chi l’avesse esploso.
La lite e l’esplosione del colpo di pistola venivano confermate dai testi Arena Marcello e
Frassica Letterio, quest’ultimo titolare di un esercizio commerciale adiacente all’autolavaggio,
munito di un sistema di videosorveglianza, la cui registrazione veniva consegnata alla Polizia.
Dalla registrazione risultava che, in corrispondenza all’orario della lite, era stato visto
allontanarsi dall’autolavaggio a bordo di una vespa di colore chiaro un soggetto che gesticolava
vistosamente all’indirizzo di qualcuno che si trovava in prossimità dell’autolavaggio; dopo una
quindicina di minuti lo stesso individuo era ritornato sul posto con la stessa vespa e, dopo
quindici secondi – il tempo di fermarsi e scendere dal ciclomotore -, erano state riprese dalla
videocamera le gambe di un soggetto che aveva esploso un colpo in direzione
dell’autolavaggio, esplosione comprovata dall’apparizione un secondo dopo di un segno sul
cofano dell’autovettura di Messina Santino e dal rinvenimento, a distanza di qualche giorno, di
un bossolo calibro 7,65.
Il Messina aveva dichiarato che il Cicero l’aveva informato che la sua auto era stata
danneggiata durante una sparatoria e, avendo egli espresso l’intenzione di denunciare il fatto,
il Cicero l’aveva dissuaso dicendosi disposto a riparare il danno. Secondo i giudici di merito,
quindi, il Cicero – contrariamente a quanto aveva dichiarato – era ben consapevole dello
svolgimento dei fatti.
La Corte territoriale, sulla base dei suddetti dati, riteneva che l’imputato, il quale nell’occasione
aveva riportato lesioni dopo aver litigato con i fratelli Ciraolo, si fosse allontanato a bordo della
sua vespa per andare a prendere una pistola e, tornato sul posto, avesse esploso il colpo di
pistola che aveva danneggiato l’autovettura del Messina.
La Corte d’appello riteneva che per la natura e gravità dei precedenti dovesse essere applicata
la recidiva, in quanto dimostrativa di maggiore pericolosità sociale dell’imputato, il quale non

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esploso un colpo di pistola che aveva attinto l’autovettura di Messina Santino, attraverso le

appariva meritevole delle attenuanti generiche in considerazione dei numerosi e gravi
precedenti penali.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento, con il primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione.
Dalle prove raccolte non era emerso che ad esplodere il colpo di pistola fosse stato l’imputato,
poiché nessuno dei testi l’aveva visto sparare e non era riconoscibile nelle videoriprese la

bordo dello stesso veicolo, del quale peraltro non era possibile leggere la targa.
Neppure vi era prova che il colpo di pistola fosse stato esploso contro i fratelli Ciraolo, essendo
stato dichiarato insussistente il reato di tentato omicidio contestato ed avendo dichiarato il
Cicero che i partecipanti alla lite se ne erano tutti andati.
Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato carenza di motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui non aveva ritenuta prevalente l’attenuante della seminfermità
mentale sulle aggravanti, non ritenendo necessario applicare la recidiva, sollevando in
subordine questione di legittimità costituzionale dell’art.69 cod. pen., se interpretato come
divieto assoluto di giudizio di prevalenza dell’attenuante di cui all’art.89 cod. pen.
L’aumento per la recidiva, secondo la difesa, non era stato escluso con formule di stile.
Nel caso in cui si fosse ritenuta adeguatamente motivata la non esclusione dell’aumento di
pena per la recidiva, il ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.69
cod. pen. nella parte in cui non esclude per l’attenuante di cui all’art.89 cod. pen., nella quale è
accertata una limitata capacità ad autodeterminarsi, il divieto di ritenere detta aggravante
prevalente sulla recidiva reiterata causata dalla medesima patologia.
Con il terzo motivo è stato dedotto il vizio di motivazione per il diniego delle attenuanti
generiche, per il trattamento sanzionatorio e per l’aumento di pena di un anno per il reato di
cui all’art.9 legge 1423/1956.
Con successiva memoria la difesa ha ribadito e approfondito i motivi di ricorso, sostenendo che
ben poteva essere stato uno dei fratelli Ciraolo ad essersi allontanato dall’autolavaggio con una
vespa e poi essere ritornato per esplodere un colpo di pistola; che non vi era neppure prova
certa che il danno all’autovettura del Messina fosse stato provocato da un’arma da fuoco; che
la sollevata questione di legittimità costituzionale doveva ritenersi fondata anche considerando
che il divieto di ritenere le attenuanti prevalenti sulle aggravanti non è previsto per l’ipotesi più
grave di recidiva obbligatoria di cui all’art.99/5 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
I Giudici di merito hanno logicamente desunto dalle prove raccolte che fosse stato Nostro
Francesco ad esplodere un colpo pistola calibro 7,65, arma che aveva portato in luogo pubblico

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persona che si era allontanata dall’autolavaggio a bordo di una vespa e che poi era tornata a

senza essere autorizzato (avendo anche un esplicito divieto di portare armi), contravvenendo
così anche alle prescrizioni della misura di prevenzione alla quale all’epoca era sottoposto.
Sono stati accertati, infatti, una serie di fatti strettamente collegati tra loro che individuano
nell’imputato l’autore dello sparo in direzione dell’autolavaggio gestito da Cicero Giuseppe,
dove si trovavano i fratelli Davide e Gianluca Ciraolo.
Non è contestato che, nella mattinata del 28.5.2011, si trovassero casualmente i suddetti
fratelli e l’imputato nell’impianto di autolavaggio del Cicero, per lavare i rispettivi veicoli

lite, nel corso della quale l’imputato ha riportato lesioni, per motivi che non è stato possibile
accertare.
In corrispondenza dell’orario della lite, la videocamera ha ripreso una moto vespa il cui
conducente gesticolava vistosamente all’indirizzo di qualcuno che si trovava nei pressi
dell’autolavaggio; dopo una quindicina di minuti lo stesso individuo, a bordo dello stesso
motoveicolo, era ritornato sul posto ed aveva esploso un colpo di pistola in direzione
dell’autolavaggio.
Anche se la videoripresa non ha consentito di identificare il volto del conducente della vespa né
la targa del veicolo, la Corte di merito ha ritenuto che colui che aveva sparato dovesse
necessariamente essere identificato nell’imputato, perché lo stesso, possessore di una moto
vespa, aveva litigato nell’autolavaggio con i fratelli Ciraolo, riportando anche lesioni; si era
allontanato a bordo del suo veicolo, inveendo e minacciando evidentemente coloro con i quali
aveva litigato; era tornato poco dopo (il tempo di andare a prendere la sua pistola e tornare
sul luogo) e subito dopo aveva esploso un colpo a scopo intimidatorio verso l’autolavaggio, ove
si trovavano ancora i suddetti fratelli (anche se non è stato possibile stabilire la posizione di
costoro al momento dello sparo, stante la reticenza delle dichiarazioni da loro rese).
Come è noto, il controllo di legittimità affidato a questa Corte non comporta l’esame degli atti e
delle prove raccolte nel corso del procedimento, e quindi non può essere presa in
considerazione la diversa interpretazione delle risultanze, rispetto a quella del giudice, data
dal ricorrente.
Nel caso in esame il ricorrente non ha denunciato alcun vizio logico nella motivazione della
ordinanza impugnata, né ha messo in evidenza alcun travisamento delle prove da parte del
giudice (travisamento che ricorre solo nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il
proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente ed
incontestabilmente diverso da quello reale) e le obiezioni su cui si fonda la tesi difensiva sono
state sostanzialmente prese in esame dalla Corte territoriale, la quale ha individuato l’imputato
come colui che aveva sparato un colpo di pistola che aveva attinto l’autovettura del Messina
attraverso i suddetti passaggi del tutto logici, strettamente concatenati tra loro.
Motivatamente, anche considerando le dichiarazioni del Messina, ha ritenuto inattendibile la
deposizione del Cicero ed evidente dalla videoripresa che il colpo di arma da fuoco, udito da

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tutti i testimoni, era stato esplosa dal conducente della moto vespa, risultando dalla stessa
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(un’autovettura ed una moto vespa), né che tra il Nostro ed i fratelli Ciraolo sia scoppiata una

videoripresa che immediatamente dopo lo sparo era apparsa una scalfitura sull’auto del
Messina.
La Corte di merito ha con congrua motivazione ritenuto che per i precedenti penali e per
l’attuale pericolosità dell’imputato non potesse essere escluso l’aumento di pena per
l’aggravante della recidiva, dichiarata equivalente all’attenuante del vizio parziale di mente.
è manifestamente infondata ed irrilevante nel caso in esame la questione di costituzionalità
sollevata dal ricorrente, in relazione alla disposizione di cui all’art.69/4 cod. proc. pen., perché

parziale di mente, avuto riguardo alla pericolosità del soggetto che già recidivo commetta un
ulteriore delitto non colposo, in quanto la pericolosità non può considerarsi ridotta solo per la
parziale incapacità d’intendere e di volere dell’imputato; sotto altro aspetto, dalla motivazione
dei giudici di merito si evince che comunque l’imputato, proprio in ragione della pericolosità
dimostrata e della gravità dei precedenti penali, non avrebbe meritato la prevalenza delle
attenuanti sull’aggravante della recidiva, così come non è stato ritenuto meritevole, per le
stesse ragioni, della concessione delle attenuanti generiche.
Infondata, infine, è anche la critica alla motivazione della sentenza relativa al trattamento
sanzionatorio, ed in particolare al diniego delle attenuanti generiche, alla determinazione della
pena ed all’aumento della stessa, a titolo di continuazione, per la violazione delle prescrizioni
inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Il giudice di secondo grado ha rigettato la richiesta delle attenuanti generiche tenendo conto
dei criteri indicati dall’art.133 cod. pen, avendo avuto riguardo alla gravità delle condotte poste
in essere dall’imputato ed ai gravi e numerosi precedenti penali, indicativi di una personalità
fortemente negativa ed indifferente alle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.
Ha ritenuta congrua, tenuto conto di quanto sopra, e quindi con motivazione adeguata, la pena
di anni 4 per il porto abusivo di una pistola (non ritrovata) e l’aumento di pena a titolo di
continuazione di un anno di reclusione (considerata la particolare gravità della violazione della
prescrizione di non portare armi).
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 5 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

non è irragionevole vietare il giudizio di prevalenza anche in caso di persona affetta da vizio

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