Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42681 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 42681 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

IL

23 OTT 2015

sul ricorso proposto da
Ruggeri Giuseppe, nato a Cutro il 26/06/1959,

avverso la sentenza del 30/09/2014 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Ciborio Cataliotti, che ha concluso per l’annullamento
della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Giuseppe Ruggeri ricorre per l’annullamento della sentenza del
30/09/2014 della Corte di appello di Milano che, in parziale riforma della
sentenza del 25/09/2012 del Tribunale di quella stessa città, impugnata
dall’imputato stesso e incidentalmente anche dal Procuratore generale presso
quella Corte, ha concesso al ricorrente il beneficio della sospensione condizionale
della pena, confermando nel resto la condanna alla pena di un anno di reclusione

Data Udienza: 07/05/2015

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inflitta per il reato di cui all’art. 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, n 74, perché, quale
legale rappresentante della società «ITC Iniziative Commerciali S.r.l.», aveva
omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla
dichiarazione annuale presentata nel 2007, nel termine per il versamento
dell’acconto relativo al periodo di imposta precedente e pari ad C 1.614.417,00.
1.1. Con due motivi eccepisce violazione degli artt. 10-ter, d.lgs. n. 74 del
2000, e 43, cod. pen., e vizio di motivazione in punto di elemento soggettivo del
reato e deduce di aver omesso il versamento dell’acconto non perché voleva

all’acquisto di un terreno sul quale avrebbe dovuto costruire un centro
commerciale (già promesso in vendita) e che era stata accantonata a tal fine .

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.

3.In sintesi la vicenda è la seguente: l’imputato aveva costituito una società
di scopo, con un modesto capitale sociale, al fine di realizzare e vendere un
centro commerciale.
3.1. I contratti preliminari di acquisto dei terreni e di vendita del centro
avrebbero dovuto essere stipulati contemporaneamente nel periodo natalizio
dell’anno 2006 ma ciò non fu possibile a causa di intoppi burocratici che fecero
slittare la stipula del preliminare di acquisto al gennaio 2007.
3.2.Nel mese di dicembre 2006, pertanto, fu sottoscritto il solo contratto
preliminare di vendita del costruendo centro commerciale e pagato il relativo
anticipo che aveva maturato il debito di imposta non versato.
3.3.L’imputato deduce di aver per sua scelta deciso di non pagare l’IVA per
non privarsi della liquidità necessaria alla stipula del contratto preliminare di
acquisto e di aver tuttavia proceduto ad accantonare la somma per pagare le
sole sanzioni, visto che il debito sarebbe stato inevitabilmente compensato con il
credito a fini dell’imposta sul valore aggiunto derivante dall’acquisizione delle
aree.
3.4.La tesi difensiva è totalmente infondata.
3.5.Per la sussistenza del reato in questione non è richiesto il fine di
evasione, tantomeno l’intima adesione del soggetto alla volontà di violare il
precetto.
3.6.Quando il legislatore ha voluto attribuire all’elemento soggettivo del
reato il compito di concorrere a tipizzare la condotta e/o quello di individuare il
bene/valore/interesse con essa leso o messo in pericolo, lo ha fatto in modo
espresso, escludendo, per esempio, dall’area della penale rilevanza le condotte

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evadere il tributo, bensì per non privarsi della liquidità necessaria a procedere

solo eventualmente (e dunque non intenzionalmente) volte a cagionare l’evento
(art. 323, cod. pen., artt. 2621, 2622, 2634, cod. civ., art. 27, comma 1, d.lgs.
27 gennaio 2010, n. 39), incriminando, invece, quelle ispirate da un’intenzione
che va oltre la condotta tipizzata (i reati a dolo specifico), attribuendo rilevanza
allo scopo immediatamente perseguito con la condotta incriminata (per es., art.
424 cod. pen.), assegnando al momento finalistico della condotta stessa il
compito di individuare il bene offeso (artt. 393 e 629 cod. pen., 416, 270, 270bis, 305, cod. pen., 289-bis, 630, 605, cod. pen.).
3.7.11 dolo del reato in questione è integrato, dunque, dalla condotta

la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario
contrasto con il precetto violato.
3.8.Gli argomenti utilizzati a sostegno della decisione di non adempiere
appaiono, alla luce della considerazioni che precedono, frutto di un’operazione
dogmaticamente errata che tende ad attrarre nell’orbita del dolo generico
requisiti che, per definizione, non gli appartengono e che si collocano piuttosto
nell’ambito dei motivi a delinquere o che ne misurano l’intensità (art. 133 cod.
pen.).
3.9.La scelta di non pagare prova il dolo; i motivi della scelta non lo
escludono.
3.10.La sentenza appellata fa corretta applicazione dei suddetti principi ed è
completamente immune dalle censure che, peraltro, in modo del tutto generico
(sopratutto il secondo motivo di ricorso), il ricorrente propone.
3.11.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616
cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del
ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del
procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di C 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 07/05/2015

omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, non richiedendo

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