Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4267 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4267 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TORTORA ROSARIO N. IL 22/08/1967
avverso la sentenza n. 5648/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI;

Data Udienza: 22/10/2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 26 settembre 2012, la Corte di appello di Napoli, 7^ sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale in sede appellata da
Tortora Rosario e dal Procuratore Generale, rideterminava la pena in due anni otto
mesi di reclusione e seicento euro di multa; confermava nel resto la sentenza
impugnata, con la quale l’ imputato era stato dichiarato colpevole di rapina di una
borsa contenente duemila/00 euro sottratta con violenza a Manzi Concetta dopo
effrazione del vetro del veicolo condotto da Manzi Mario, in Napoli il 31.10.2011 ed

era stata riconosciuta l’ attenuante di cui all’ art. 62 n. 6 cod. pen. equivalente alla
contestata recidiva.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, che ne ha chiesto
I’ annullamento per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione e violazione di legge relativamente alla quantificazione della pena con
riferimento alli art. 133 cod. pen., tenuto conto dell’ avvenuto risarcimento del
danno da considerarsi anche quale sintomo tangibile del ravvedimento del reo
idoneo ad incidere anche sul convincimento di ridotta capacità a delinquere del
colpevole, senza motivazione per il diniego delle attenuanti generiche, stante la
risalenza nel tempo dell’ ultimo precedente specifico.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato perché la sentenza impugnata ha
correttamente spiegato le ragioni per le quali difettavano i presupposti per le
invocate attenuanti generiche e per un ulteriore riduzione della pena (ridusione giò
riconosciuta, tanto da avvicinare la pena base in misura prossima al minimo
edittale), con motivazione dettagliata che il ricorrente non ha criticato
specificamente, se non ribadendo le ragioni già poste a fondamento dell’ appello sì
da finire col sollecitare una diversa valutazione di merito, come tale non consentita
in questa sede, dove il limite al sindacato degli argomenti spesi dalla Corte
territoriale è quello della loro manifesta illogicità.
L’ indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato
– per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’ esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità
di verificare l’ adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,

it”

valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric.
Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma
in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili
nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in mille/00 euro.

P.Q.M.

processuali e della somma di C 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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