Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42651 del 13/10/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 42651 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 13/10/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di D’Alessandro Francesco, n. a
Chieti il 26.04.1982, rappresentato e assistito dall’avv. Emanuele
lezzi, di fiducia, avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila,
n. 2526/2013, in data 19.05.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Vito
D’Ambrosio che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata;
sentita la discussione del difensore del ricorrente, avv. Claudio
Sabbatani Schiuma, comparso in sostituzione dell’avv. Emanuele
lezzi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

1

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 14.02.2013, il Tribunale di Chieti, in
composizione monocratica, dichiarava D’Alessandro Gianni e
D’Alessandro Francesco responsabili dei reati di ricettazione di carte
di credito clonate e loro utilizzazione e, ritenuta la continuazione, li

multa ciascuno.
2. Avverso detta sentenza, D’Alessandro Gianni e D’Alessandro
Francesco, a mezzo difensore, proponevano appello.
3. Con sentenza in data 19.05.2014, la Corte d’appello de L’Aquila, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva
D’Alessandro Gianni dai reati a lui ascritti per non aver commesso il
fatto e rideterminava la pena nei confronti di D’Alessandro Francesco,
in anni due, mesi sei di reclusione ed euro 900,00 di multa, con
conferma nel resto della pronuncia di primo grado.
4. Avverso la sentenza di secondo grado, D’Alessandro Francesco, a
mezzo difensore, propone ricorso per cassazione, eccependo l’erronea
applicazione da parte della Corte territoriale della I. n. 67/2014,
avendo la stessa qualificato l’odierno ricorrente, non comparso in
giudizio, quale “assente” e non quale “contumace”, con
consequenziale

omessa

notifica

al

medesimo

dell’estratto

contumaciale: da qui la richiesta di annullare e/o revocare
l’impugnata sentenza ovvero di rimettere il ricorrente nei termini per
poter impugnare avanti alla Suprema Corte la pronuncia di secondo
grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per carenza di legittimazione.
2. Risulta dagli atti come la Corte d’appello di L’Aquila abbia applicato
nella fattispecie la nuova disciplina del processo in absentia introdotta
dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, nonostante alla data di entrata in
vigore della stessa fosse già stato pronunciato il dispositivo della
sentenza di primo grado.
2.1. E’ noto che, con la successiva legge 11 agosto 2014, n. 118, il

condannava alla pena di anni tre di reclusione ed euro 3.000,00 di

legislatore abbia dettato la disciplina transitoria prevedendo, con
l’introduzione dell’art. 15-bis all’interno del capo III della I. n.
67/2014, che “1. Le disposizioni di cui al presente capo si applicano ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato
pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado”.
2.2. Nella fattispecie, il dispositivo della sentenza di primo grado

antecedente all’entrata in vigore della nuova disciplina che ha
soppresso l’istituto della contumacia.
2.3. Il D’Alessandro risulta essere stato giudicato in grado di appello
in “assenza” invece che, come dovuto, in contumacia; allo stesso,
conseguentemente, doveva essere notificato l’avviso di deposito della
sentenza di secondo grado, incombente che risulta essere stato
omesso.
2.4. Nessun dubbio può residuare sul fatto che la notificazione
dell’estratto contumaciale persegua lo scopo di informare l’imputato
dell’esistenza di una sentenza emessa in sua contumacia, affinché ne
possa acquisire completa conoscenza per esercitare il proprio
autonomo diritto di impugnazione, che non si esaurisce con la
semplice presentazione dell’impugnazione da parte del difensore (cfr.,
Sez. 5, sent. n. 11651 del 23/01/2012, dep. 27/03/2012, Marcello,
Rv. 252957).
2.5. Fermo quanto precede, pur dovendosi escludere che nella
fattispecie si sia verificata una violazione del diritto di difesa ex art.
178, comma 1 lett. c) cod. proc. pen. dal momento che il
D’Alessandro risulta essere stato regolarmente citato a giudizio ed ivi
è stato validamente rappresentato dal difensore, essendo rimasta
inequivoca la libera e consapevole volontà del predetto imputato di
non comparire al processo, nondimeno appare indubbio come
l’omesso avviso dell’estratto contumaciale abbia comunque
determinato la mancata decorrenza del termine per proporre
impugnazione da parte dello stesso imputato (Sez. 5, ord. n. 11911
del 22/01/2010, dep. 26/03/2010, Zonca, Rv. 246553):
2.6. Osta, tuttavia, in modo decisivo, al rinvio della causa al giudice a
quo

per provvedere all’incombente omesso, la circostanza che

l’odierno ricorrente risulta aver conferito al proprio difensore, avv.

risulta essere stato emesso il 14.02.2013 e, quindi, in data

Emanuele lezzi, procura speciale (v. atto sottoscritto dal ricorrente in
data 01.08.2014, autenticato dal difensore) per proporre ricorso per
cassazione al fine di impugnare la sentenza della Corte d’appello de
L’Aquila in data 19.05.2014, così delegando in toto l’esercizio del
proprio diritto di impugnazione: diritto di impugnazione che, pertanto,
l’avv. lezzi ha esercitato nella qualità di procuratore speciale del
proprio assistito, come peraltro dallo stesso precisato nell’epigrafe del

Il D’Alessandro, quindi, si è spogliato del proprio diritto
all’impugnazione della sentenza de qua ed è privo di legittimazione a
far valere in questa sede doglianze in tal senso, quale quella di
vedersi rimesso in termini per poter autonomamente impugnare
avanti alla Suprema Corte la pronuncia di secondo grado.
3. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 13.10.2015

Il Consigliere estensore
Dott. Andrea Pellegrino

ricorso in parola.

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