Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4265 del 17/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 4265 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 17/12/2014

SENTENZA
Sui ricorsi rispettivamente proposti da
Minerba Antonio, n. ad Aradeo (LE) il 01.09.1957
Minerba Massimo, n. ad Aradeo (LE) il 02.06.1970
Minerba Carmine, n. ad Aradeo (LE) il 17.07.1931
Pepe Aurora, n. a Seclì (LE) il 25.11.1958
rappresentati e assistiti dall’avv. Pasquale Corleto, avverso le
ordinanze del Tribunale di Lecce, sezione del riesame, n. 486/2014,
tutte in data 27.06.2014;
visti gli atti, i provvedimenti impugnati ed i ricorsi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Oscar
Cedrangolo che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
sentito l’avv. Pasquale Corleto che ha chiesto l’accoglimento dei
ricorsi.

1

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 20.05.2014, il giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Lecce disponeva nei confronti di Minerba Antonio,
Minerba Massimo, Minerba Carmine e Pepe Aurora la misura cautelare
degli arresti donniciliari per il reato di associazione a delinquere nonché

Segnatamente, queste le incolpazioni:

a.Minerba Antonio:
– capi D) ed E), usura ed estorsione in danno di Baffa Pietro;

b.Minerba Massimo:
– capi F) ed I), usura in danno di Zenobini Simonetta e Giustizieri Luigi;
– capo G), usura in danno di Donadei Silenia e Pellegrino Anna;

c.Minerba Carmine:
-capo B), usura in danno di Calvi Davide e Ivagnes Francesco;
– capo C), estorsione in danno di Calvi Davide e Ivagnes Francesco;
– capi D) ed E), usura ed estorsione in danno di Baffa Pietro;
-capi F) ed I), usura in danno di Zenobini Simonetta e Giustizieri Luigi;
– capo G), usura in danno di Donadei Silenia e Pellegrino Anna;
– capo H), usura in danno di Caggiano Lucio;

d.Pepe Aurora:
– capi F) ed I), usura in danno di Zenobini Simonetta e Giustizieri Luigi;
-capo G), usura in danno di Donadei Silenia e Pellegrino Anna;
– capo H), usura in danno di Caggiano Lucio.
Il medesimo giudice decretava altresì il sequestro preventivo di vari beni
riconducibili agli indagati (immobili, autovetture e disponibilità
bancarie/postali, partecipazioni azionarie, capitale sociale ed intero
compendio aziendale dell’Istituto Popolare del Salento s.p.a.).
2. Avverso il provvedimento impositivo della cautela personale, gli
indagati proponevano distinti ricorsi ex art. 309 cod. proc. pen. avanti al
Tribunale del riesame di Lecce che, con ordinanza in 27.06.2014,
rigettava i gravami e confermava il provvedimento impugnato.
Il Tribunale, in particolare, respingeva le censure sia di inutilizzabilità
degli atti investigativi per tardività dell’iscrizione nel registro delle notizie
di reato che di nullità dell’ordinanza ex art. 292 cod. proc. pen. per
omessa indicazione della norma di legge violata con riferimento alla

(r

per vari reati di usura ed estorsione.

fattispecie criminosa di cui al capo A (art. 416 cod. pen.), ritenendo che,
sia pure per relationem, vi fosse stata, da parte del giudice per le indagini
preliminari, la relativa enunciazione; riteneva, inoltre, la configurabilità
del reato associativo e di usura, sulla base del numero di episodi
accertati, della disponibilità di mezzi, del riprodursi di uno schema
operativo identico, della ripartizione di compiti tra gli associati e dei
rapporti parentali intercorrenti tra gli indagati; riconosceva infine la sola

3. Con distinti atti di ricorso, di analogo tenore, gli indagati, a mezzo
difensore, propongono un sostanziale unico ricorso per cassazione
avverso le due ordinanze del Tribunale del riesame (quella resa con
riferimento alla cautela personale e quella relativa alla cautela reale)
lamentando:
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 125, 178, 179, 185, 192,
273,

274, 275, 292 cod. proc. pen. ed in particolare per l’operato rinvio

acritico alle conclusioni investigative (primo motivo);
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 178, 179, 185, 192, 273,
274,

292, 405, 406, 407 cod. proc. pen. ed in particolare per il mancato

esercizio, a tutt’oggi, dell’azione penale da parte del pubblico ministero,
essendo il processo, a dieci anni dal suo incipit, ancora in fase di mere
indagini (secondo motivo);
-nullità dell’ordinanza per violazione, inosservanza nonché erronea
applicazione della legge penale e processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod.
proc. pen. con riferimento al combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost.,
178, 179, 185, 192, 268, 271, 273, 274, 275, 292 cod. proc. pen.:
sussistenza e gravità degli indizi fondata su intercettazioni inutilizzabili
perché non trascritte e comunque interpretate e “tradotte”
esclusivamente dalla polizia giudiziaria (terzo motivo);

esigenza cautelare connessa al pericolo di recidivazione.

- nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 178, 179, 273, 274, 275,
292, 309, 362 cod. proc. pen. con particolare riferimento all’inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalle persone offese, in primis dai membri della

– nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416 cod. pen.,
273, 274, 275, 292 cod. proc. pen. con particolare riferimento all’omessa
descrizione sommaria del fatto e delle norme di legge assertivamente
violate (almeno per le ipotesi presuntivamente sub A e sub I di cui
all’ordinanza cautelare), alla contestuale contestazione delle singole
ipotesi di reato sia ex art. 110 cod. pen. che in via associativa nonché
all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativi ai reati
provvisoriamente ascritti, con precipua attinenza alla prospettata
associazione tra gli indagati (quinto motivo);
– nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 3, 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416 cod.
pen., 273, 274, 275, 294 cod. proc. pen.: per Roberto Giuri, sebbene
concorrente in tutte le fattispecie incriminatrici ed equiparato agli altri
presunti associati a delinquere, il riesame nulla ha motivato per la
ritenuta insussistenza di esigenze cautelari, incomprensibilmente ritenute
ricorrenti per tutti gli altri indagati (sesto motivo);
– nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416, 629 cod.
pen., 273, 274, 275, 292, 321 cod. proc. pen.: insussistenza dei gravi

I

famiglia Calvi (quarto motivo);

indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari per il mantenimento delle
misure in atto (settimo motivo);
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416, 629 cod.

censura del ricorrente in sede di riesame in ordine alla gradazione della
misura cautelare da ritenersi inadeguata ed eccessiva tenuto conto delle
condizioni personali dell’indagato e della sua condotta sin dall’emissione
della misura (ottavo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati – per talune censure, anche in modo manifesto
– e, come tali, sono immeritevoli di accoglimento.
2. È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità
da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice
del riesame e dell’appello sulla libertà personale.
2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide e
reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno
interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod. proc. pen.
implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari personali, allorché sia
denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla
sussistenza delle esigenze cautelari (e/o alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza), alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad
esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la sussistenza delle
esigenze (e/o la gravità del quadro indiziario) nei confronti dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione
degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è
anche precisato che la richiesta di riesame – mezzo di impugnazione, sia
pure atipico – ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la validità

pen., 273, 274, 275, 294, 321 cod. proc. pen.: omessa motivazione sulla

dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art.
292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità
del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato come la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista
strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato
articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli
adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia

non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di
colpevolezza ed alla formulazione di un giudizio prognostico in merito alla
reiterazione delle condotte ovvero alla ricorrenza delle altre esigenze di
cautela nella prospettiva di una verificata eseguibilità della pena
infliggenda (cfr., Sez. U, sent. n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828;
conforme, dopo la novella dell’art. 606 cod. proc. pen., Sez. 4, n. 22500
del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
2.2. Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione
delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è
ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di
legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando
propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si
risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (Sez. 5, sent. n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv.
241997; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
2.3. Altro doveroso principio che merita di essere ricordato in questa
sede, afferisce i compiti del giudice dell’appello (anche cautelare), che
non è tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte
nell’impugnazione, giacché le stesse possono essere disattese per
implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente
incompatibilità con la ricostruzione effettuata (cfr., per tutte, Sez. 6, sent.
n. 1307 del 26/09/2002, dep. 14/01/2003, Delvai, Rv. 223061).
3. Invero, il tessuto motivazionale dell’ordinanza censurata non presenta
quella carenza, contraddittorietà o macroscopica

illogicità del

ragionamento del giudice di merito che, alla stregua dei principi affermati
da questa Corte, può indurre a ritenere sussistente il vizio di cui alla lett.
e) dell’art. 606 cod. proc. pen., nel quale sostanzialmente si risolvono le
censure proposte dal ricorrente.

;

cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento

3.1. Merita al riguardo di ricordare come costituisca principio
assolutamente consolidato (cfr., Sez. 1, sent. n. 2080 del 12/12/2007;
Sez. 2, sent. n. 38602 del 20/09/2007; Sez. 2, sent. n. 35476 del
12/07/2007; Sez. 4, sent. n. 37878 del 06/07/2007 e numerose altre)
quello in base al quale l’insussistenza delle esigenze cautelari (art. 274
cod. proc. pen.) è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella
violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della

“all’interno” del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità non
può riguardare la ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure
che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito, dovendosi quindi soltanto accertare se gli elementi di
fatto siano corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice.
3.2. Di contro, è da ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione i cui
motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice
dell’impugnazione, delle censure articolate con il relativo atto di gravame,
rinviando di fatto e genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto,
al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si
assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità,
dovendo l’atto di ricorso essere autosufficiente, e cioè contenere la
precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da
sottoporre a verifica (cfr.,

ex multis,

Sez. 2, sent. n. 13951 del

05/02/2014, dep. 25/03/2014, Lg., Rv. 259704).
4.

Fermo quanto precede, ritiene il Collegio come il Tribunale abbia

proceduto a valorizzare un’articolata serie di elementi in merito sia alla
gravità indiziaria che alle esigenze cautelari, riconoscendo nei confronti
degli indagati ricorrenti l’indispensabilità del disposto provvedimento di
cautela personale.
La sostanziale identità del tenore di tutti i ricorsi impone una trattazione
unitaria e cumulativa dei medesimi.
5.

Con il primo motivo, i ricorrenti operando integrale richiamo alle

censure e ai motivi di riesame (ivi compresi quelli aggiunti), osservano
come il Tribunale, con motivazione acritica, di mero stile e

“per

relationem” avesse confermato il quadro valutativo ed argomentativo
dell’ordinanza
motivazionale.

cautelare

rilevando

una

sostanziale

incongruità

motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo

5.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella generica e
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in sede di impugnazione di
merito e – come nella fattispecie – motivatamente disattesi dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale

avverso la sentenza oggetto di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, sent. n.
25559 del 15/06/2012, Pierantoni; Sez. 6, sent. n. 22445 del
08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181; Sez. 5, sent. n. 11933
del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708). In altri termini, è del tutto
evidente che a fronte di un provvedimento di secondo grado che ha
fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di
essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata
come critica argomentata rispetto a quanto affermato dal giudice di
seconde cure: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente
privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che
impone l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni
richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
6. Con il secondo motivo, ci si lamenta del fatto che il dies a quo per il
computo delle indagini preliminari, per lo meno con riferimento a Minerba
Carmine, decorreva dal marzo 2005 con conseguente ampio superamento
del termine massimo di durata ed altrettanto conseguente inutilizzabilità
del compendio di indagine raccolto nel periodo non consentito e nullità
assoluta dell’ordinanza custodiale originaria emessa sulla base di atti
affetti da vizio genetico.
6.1. La censura è infondata.
Come ampiamente e congruamente argomentato in sede di
provvedimento impugnato “solo in data

10 ottobre 2007 il pubblico

ministero procedente … disponeva effettuarsi una serie di atti investigativi
consistenti nell’ascolto delle persone offese, cui sarebbe seguita
l’acquisizione di documenti, l’espletamento di consulenze tecniche e la
captazione di conversazioni telefoniche; sicchè solo in data 13 dicembre
2008 furono iscritti nel registro delle notizie di reato i nominativi di
Carmine Minerba e Roberto Giuri. Del resto, l’obbligo per il pubblico
ministero di iscrivere nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.
una “notitia crimínis” a carico di un determinato soggetto, sorge soltanto

i

8

quando emergano nei confronti di quest’ultimo specifici elementi indiziari,
non essendo, invece, sufficienti meri sospetti. Ad ogni modo,
sull’eccezione formulata dalla difesa, è appena il caso di rilevare che “il

termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il
pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome
della persona cui il reato è attribuito, senza che al giudice per le indagini
preliminari sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli

del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi
di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma terzo,
cod. proc. pen., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità
disciplinare o penale del magistrato del pubblico ministero che abbia
ritardato l’iscrizione (Sez. U, sent. n. 40538 del 24/09/2009, dep.
20/10/2009, Lattanzi, Rv. 244376, fattispecie di ordinanza di misura
coercitiva sottoposta a riesame)”.
Il principio è stato a più riprese ribadito dalla Suprema Corte (cfr. sent. n.
25385/2012) con l’ulteriore precisazione che la decorrenza del termine
delle indagini preliminari va calcolata al momento della formale iscrizione
nell’apposito registro delle generalità della persona alla quale il reato
stesso sia stato attribuito e non da quello in cui il pubblico ministero abbia
disposto l’iscrizione medesima. Nessuna rilevanza pertanto assume la
circostanza che gli indagati … avrebbero dovuto essere iscritti in una data
anteriore nel registro degli indagati …”.
Le conclusioni assunte nel provvedimento impugnato sono del tutto
conformi ai costanti insegnamenti della giurisprudenza di legittimità,
secondo cui l’omessa annotazione della

“notitia criminis” nel registro

previsto dall’art. 335 cod. proc. pen., con l’indicazione del nome della
persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini
“contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina
l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento
dell’effettiva iscrizione nel registro, poiché, in tal caso, il termine di durata
massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 cod. proc. pen.,
al cui scadere consegue l’inutilizzabilità degli atti di indagine successivi,
decorre per l’indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto
nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il
pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla.
L’apprezzamento della tempestività dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo

/

eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che

ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi
indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione
discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all'”an” e al
“quando”, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di
ipotesi di responsabilità disciplinare o addirittura penale nei confronti del
pubblico ministero negligente (cfr., Sez. 6, sent. n. 40791 del
10/10/2007, dep. 06/11/2007, P.M. in proc. Genovese, Rv. 238039).

L’utilizzabilità degli atti di indagine compiuti nel periodo decorrente
dall’effettiva data di iscrizione legittima tutti i provvedimenti che ne sono
conseguenza.
7. Con il terzo motivo, si censura come, in spregio dell’art. 268 cod. proc.
pen., non risultava mai essere stata eseguita la trascrizione integrale di
tutte le intercettazioni utilizzate sia per l’emissione dell’ordinanza
cautelare che per il provvedimento adottato dal Tribunale del riesame;
inoltre, sebbene l’art. 268 cod. proc. pen. rinvii espressamente alle norme
sulla perizia, pur rinvenendosi nelle intercettazioni espressioni dialettali e
frasi ritenute incomprensibili, la sommaria trascrizione risultava essere
stata operata dalla polizia giudiziaria alla quale era stata demandata
l’interpretazione e finanche la traduzione dal dialetto all’italiano, senza
alcuna garanzia difensiva a che la corretta trascrizione dei fonemi potesse
anche mutare, in tutto o in parte, il senso di una conversazione: da qui la
dedotta nullità di ordine generale.
7.1. Il motivo è infondato.
Va preliminarmente evidenziato come l’omessa trascrizione delle
intercettazioni telefoniche nella fase delle indagini preliminari, senza che
le parti ne abbiano fatto richiesta, non comporta la nullità né
l’inutilizzabilità dei relativi risultati, non costituendo essa prova o fonte di
prova, ma solo un’operazione rappresentativa in forma grafica del
contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica, della quale
il difensore, secondo l’art. 268, comma 8 cod. proc. pen., può far eseguire
la trasposizione su nastro magnetico (cfr., Sez. 1, sent. n. 43725 del
04/10/2011, dep. 25/11/2011, Cassano, Rv. 251475; nello stesso senso,
Sez. 6, sent. n. 10890 del 22/11/2005, dep. 28/03/2006, Palazzoni, Rv.
234103). A questo va aggiunto che, sempre secondo il consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di intercettazioni,
la trascrizione sommaria del contenuto delle comunicazioni, effettuata nel
relativo verbale a norma dell’art. 268, comma 2 cod. proc. pen., può

10

essere utilizzata in sede cautelare, come verificatosi nella fattispecie,
quale fonte dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273, comma 1
cod. proc. pen., anche quando, trattandosi di conversazioni avvenute in
lingua straniera (ovvero – come nella fattispecie – in linguaggio dialettale),
il loro contenuto sia esplicitato attraverso una traduzione simultanea
affidata alla polizia giudiziaria ovvero ad un interprete non nominato dal
giudice, il quale abbia agito come semplice ausiliario del personale

addetto all’ascolto, fermo restando il potere-dovere del giudice di
verificare la piena affidabilità dell’interpretazione, sulla base di ogni
elemento utile messo a disposizione dal pubblico ministero ovvero
altrimenti acquisito (cfr., in tal senso, Sez. 6, sent. n. 2930 del
23/10/2009, dep. 22/01/2010, Ceroni e altri, Rv. 246129).
8. Con il quarto motivo, si censura l’ordinanza impugnata (così come
l’originaria misura cautelare) nella parte in cui ha attribuito rilevanza
pressoché assorbente alle dichiarazioni resedalle persone offese, atteso il
manifesto interesse alla condanna dell’Istituto Popolare del Salento nella
prospettiva della futura costituzione di parte civile.
8.1. Anche questo motivo è infondato.
Invero, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, in tema di misure cautelarí personali, le dichiarazioni
accusatorie della persona offesa possono integrare i gravi indizi di
colpevolezza richiesti per l’applicazione della misura, senza necessità di
acquisire riscontri oggettivi esterni ai fini della valutazione di attendibilità
estrinseca (Sez. 5, sent. n. 5609 del 20/12/2013, dep. 04/02/2014,
Puente Suarez, Rv. 258870).
9. Con il quinto motivo, i ricorrenti reiterano, quale espressa doglianza di
nullità dell’ordinanza cautelare, l’omessa descrizione pur sommaria delle
fattispecie incriminatrici con l’indicazione delle norme assertivamente
violate, così come previsto dall’art. 292 lett. b) cod. proc. pen..
9.1. Il motivo è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
Sul punto si ribadiscono le medesime argomentazioni esposte nel
precedente punto 5.1. alla cui lettura si rimanda.
10. Con il sesto motivo, si censura l’ordinanza impugnata nella parte in
cui, con incoerenza motivazionale, ha ritenuto l’inesistenza di esigenze
cautelari per il solo coindagato Giuri Roberto nonostante la maggior
efficacia partecipativa alle condotte di reato in contestazione, senza
alcuna “ricaduta” sulle posizioni dei ricorrenti, con conseguente esistenza

11

di una palese ed ingiustificata disparità di trattamento.
10.1. La censura è inammissibile per carenza di interesse.
Va preliminarmente osservato come il principio di proporzionalità, al pari
di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle
misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto,
tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento
coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante

verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le
esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio
della minor compressione possibile della libertà personale (Sez. U, sent.
n. 16085 del 31/03/2011, dep. 22/04/2011, P.M. in proc. Khalil, Rv.
249324).
Sotto questo profilo, difetta certamente di interesse la parte che deduca
violazione di legge o carenza motivazionale per denunciare una pretesa
disparità di trattamento sotto il profilo del trattamento cautelare rispetto
alla posizione del concorrente nel reato, allorquando il provvedimento
impugnato, nel fare buon governo dei principi di cui sopra in relazione al
controllo dei canoni di adeguatezza e proporzionalità con riferimento alla
posizione dell’istante – valutazione che certamente non si condiziona dal
confronto con gli esiti valutativi di altra distinta posizione non fosse altro
per l’indiscutibile diversità delle singole posizioni sotto il profilo soggettivo
– pervenga ad un provvedimento confermativo della misura in atto.
11. Con il settimo motivo, in relazione alla misura cautelare personale, si
censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui si ritiene che la stessa sia
frutto di un insufficiente approfondimento in merito all’effettiva
consistenza del panorama indiziario.
11.1. Il motivo, che richiama inammissibili censure in fatto e reitera
doglianze già sollevate in sede di gravame su cui il Tribunale ha fornito
adeguata motivazione, è manifestamente infondato.
Invero, le osservazioni critiche articolate nel motivo in parola si risolvono
nella introduzione di temi in fatto diversi da quelli emergenti dalla
ricostruzione – vincolante perché esente da vuoti logici – resa nel doppio
giudizio di conformità operato dai giudici del merito, assumendo i toni
tipici ed altrettanto inammissibili, delle valutazioni alternative rispetto a
quelle segnalate in sentenza non adeguatamente supportate
dall’indicazione dei profili di manifesta illogicità del motivare della Corte
destinati ad inficiarne il portato.

12

I ricorrenti, infatti, non senza evocare in larga misura censure in fatto non
proponibili in questa sede, si sono per lo più limitati a riprodurre le stesse
questioni già devolute in sede di riesame e da quei giudici puntualmente
esaminate e disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che
non è stata in alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata
confutazione.
Come precedentemente affermato, è ormai pacifica acquisizione della

giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono
le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non
solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento
che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591
cod. proc. pen., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione
(cfr., in tal senso, Sez. 2, sent. n. 29108 del 15/07/2011,
Cannavacciuolo, non mass.; conf., Sez. 5, sent. n. 28011 del 15/02/2013,
Sannmarco, Rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo,
Rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv.
240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693).
12. Con l’ottavo motivo, si censura infine l’omessa motivazione da parte
del Tribunale del riesame in merito alla necessaria gradazione della
misura cautelare.
12.1. Anche quest’ultimo motivo è inammissibile, per manifesta
infondatezza in presenza di un apparato argomentativo della decisione sul
punto del tutto congruo e privo di vizi logico-giuridici.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (cfr.,

ex multis, Sez. 6,

sent. n. 10951 del 15/03/2006, dep. 29/03/2006, Casula, Rv. 233708;
nello stesso senso, Sez. 1, sent. n. 41738 del 19/10/2011, dep.
15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516), anche alla luce della nuova
formulazione dell’art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen., dettata
dalla L. 20 febbraio 2006 n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul

13

discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a
verificare che la relativa motivazione sia: a) “effettiva”, ovvero realmente
idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della
decisione adottata; b) non “manifestamente illogica”, ovvero sorretta, nei
suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica; c) non internamente
“contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue

diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa
contenute; d) non logicamente “incompatibile” con altri atti del processo,
dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro
rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e
determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o
radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione (nell’affermare
tale principio, la Corte – nella sentenza Casula – ha precisato che il
ricorrente, che intende dedurre la sussistenza di tale incompatibilità, non
può limitarsi ad addurre l’esistenza di “atti del processo” non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione o non
correttamente interpretati dal giudicante, ma deve invece identificare, con
l’atto processuale cui intende far riferimento, l’elemento fattuale o il dato
probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la
ricostruzione adottata dal provvedimento impugnato, dare la prova della
verità di tali elementi o dati invocati, nonché dell’esistenza effettiva
dell’atto processuale in questione, indicare le ragioni per cui quest’ultimo
inficia o compromette in modo decisivo la tenuta logica e l’interna
coerenza della motivazione).
Non è dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente
siano semplicemente “contrastanti” con particolari accertamenti e
valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzione complessiva e finale
dei fatti e delle responsabilità né che siano astrattamente idonei a fornire
una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante.
Ogni giudizio, infatti, implica l’analisi di un complesso di elementi di segno
non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che – per
essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti
verso un’unica spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di
segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico
composto da lettori razionali del provvedimento. E’, invece, necessario

r,

14

che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l’esistenza
di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza
esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di
disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Il giudice di
legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza

o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente
concernenti “atti del processo”. Tale controllo, per sua natura, è destinato
a tradursi in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e
globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla permanenza della
“resistenza” logica del ragionamento del giudice.
Come precedentemente accennato, al giudice di legittimità resta infatti
preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito,
perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte
nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare
funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che
la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le
parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispettino sempre uno
standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare
l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione. Può quindi
affermarsi che, anche a seguito delle modifiche dell’art. 606 cod. proc.
pen., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, “mentre
non è consentito dedurre il travisamento del fatto, stante la preclusione
per il giudice di legittimità si sovrapporre la propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è
invece, consentito dedurre il vizio di travisamento della prova, che ricorre
nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento
su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale, considerato che in tal caso, non si tratta di
reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini
della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano” (Sez. 5,

15

sent. n. 39048 del 25/09/2007, dep. 23/10/2007, Casavola e altri, Rv.
238215).
13. Ne consegue il rigetto dei ricorsi e, per il disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processua li

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 17.12.2014

PQM

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA