Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4261 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4261 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIROLI ERJON N. IL 18/11/1980
avverso la sentenza n. 664/2014 GIP TRIBUNALE di LECCO, del
16/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sCntitc le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difen r Avv.;

Data Udienza: 17/12/2014

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RITENUTO IN FATTO

1.11 Giudice per le indagini preliminari di Lecco applicava all’indagato la pena
concordata di anni tre, mesi due di reclusione ed euro 1200 di multa in
relazione ai reati di rapina impropria aggravata ai sensi dell’art. 628 comma 3,
n. 1, così riqualificato il fatto nel corso dell’udienza fissata ai sensi dell’ art. 447
cod. proc. pen., resistenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie e detenzione di
strumenti atti a forzare serrature.

dell’imputato deducendo violazione di legge processuale. Il ricorrente si doleva
della violazione del diritto al contraddittorio, in quanto la contestazione
dell’aggravante non era stata comunicata all’imputato, che aveva conferito al
difensore procura speciale per concordare la pena in relazione al reato nella
configurazione originaria, senza l’aggravante. Il fatto che i difensori non si
fossero opposti alla nuova contestazione ed avessero formulato una nuova
richiesta di applicazione pena in relazione alla imputazione modificata non
potevano considerarsi comportamenti idonei a sanare la lesione denunciata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso è infondato.
1.1. In via preliminare si rileva che quando il pubblico ministero contesta una
nuova aggravante nel corso dell’udienza fissata per decidere sulla proposta di
pena concordata, di fatto compie una attività che equivale a revoca del
consenso sulla precedente proposta che era fondata su una imputazione
diversamente configurata. La giurisprudenza non è uniforme sulla legittimità
della revoca del consenso. Secondo un primo orientamento soltanto quando il
giudice per le indagini preliminari ha ratificato l’accordo delle parti ai sensi
dell’art. 444 c.p.p. non è più consentito alle stesse modificare i termini
dell’accordo (Cass. sez. 3, n. 3580 del 09/01/2009, Rv. 242673, Cass. sez. 1, n.
2831 del 24/06/1991 Rv. 188612); secondo altro orientamento, invece, la
richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico
processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può
essere ne’ revocato, ne’ modificato unilateralmente ed è sottoposto solo al
controllo giudiziale” (Cass. n. 4199 del 5.12.1997; Cass. n. 7563 del 15.1.2004;
Cass. sez. 4, n. 38051 del 03/07/2012, Rv. 254367; Cass. sez 4, n. 38070 del
11/07/2012, Rv. 254371). A sostegno di tale interpretazione si richiama l’art.
447 cod. proc. pen., u.c., il quale prevede che, durante il termine fissato dal
giudice per esprimere il consenso o il dissenso sulla richiesta, quest’ultima non è
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2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore

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revocabile: sarebbe illogico ritenere che, una volta raggiunto l’accordo, la
proposta possa invece essere revocata (Cass. n. 39730 del 2009; Cass. n. 115
del 9.1.1998).
Tuttavia, nel caso di specie alla revoca del consenso conseguente alla unilaterale
modifica delle condizioni dell’accordo manifestatasi attraverso la contestazione
dell’aggravante è seguito un nuovo accordo volto a siglare un ulteriore negozio
processuale basato sulla imputazione nella configurazione modificata. Tale
nuova manifestazione di consenso si sovrappone alla prima, generando la
carenza di interesse di entrambe le parti a dolersi della illegittimità della revoca

unilaterale del consenso al primo accordo.
1.2. Quanto alla invocata necessità di comunicare la contestazione della
aggravante all’imputato assente, si osserva che la modifica della imputazione
nel corso dell’udienza camerale fissata ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen.
risulta effettuata al limitato fine di verificare la possibilità di addivenire ad un
nuovo accordo basato sulla nuova imputazione.
Considerato

che la comunicazione al solo difensore è stata ritenuta dal

legislatore garanzia sufficiente in caso di contestazione dell’aggravante
all’assente nel corso dell’udienza preliminare, quando la cognizione del giudice
ha confini ben più ampi di quelli, estremamente circoscritti, consentiti nel corso
dell’udienza incidentale fissata ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen. si ritiene
che, anche qualora la contestazione avvenga in tale udienza, non sia necessaria
la comunicazione formale all’imputato, essendo sufficiente a garantire il diritto
di difesa la comunicazione al difensore, il quale, essendo munito di procura
speciale, presenta una legittimazione rafforzata a rappresentare l’imputato ai fini
delle valutazioni sull’accesso al

rito a prova contratta,

ovvero le uniche

effettuabili nella fase incidentale in cui si verifica la modifica dell’imputazione.
Può dunque affermarsi che la eventuale modifica dell’aggravante nel corso
dell’udienza camerale fissata ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen non richiede
la comunicazione all’imputato, essendo sufficiente quella al difensore comparso.
1.3. Assente un onere di comunicazione della nuova aggravante, contestata nel
corso dell’udienza camerale ex art. 447 cod. proc. pen, non può che rilevarsi
come l’intervento sull’imputazione vanifica la validità della proposta di pena
sulla base della quale l’udienza era stata fissata, modificandone i presupposti.
Deve quindi essere verificato se il difensore munito di procura speciale può
legittimamente concorrere a formare un nuovo negozio processuale sulla base
del mandato ricevuto, esprimendo la volontà dell’imputato anche

con

riferimento alla imputazione nella nuova configurazione.
Sul punto si ritiene che la procura speciale per la definizione del procedimento
con il rito della pena concordata è atto personalissimo, fondamentale per la
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O

legittimità del negozio, che può presentarsi sia in forma specifica, con la
fissazione di limiti e condizioni, che in forma generica. Sul punto il collegio
condivide l’orientamento della Corte di legittimità secondo cui non è consentito al
procuratore speciale travalicare i limiti del mandato ne’ in relazione alla pena
(ove questa sia stata già rigidamente predeterminata), ne’ in relazione a
condizioni cui eventualmente sia stato subordinato il concordato. La richiesta di
applicazione pena è, invero, atto personalissimo dell’imputato, il quale,
direttamente o a mezzo del procuratore speciale, deve esprimere la sua volontà

21/11/2007 Ud., dep 2008 Rv. 239052) con i limiti e le condizioni che intende
imporgli.
1.4. Quando la procura speciale assume una configurazione generica e non
presenta limiti o condizioni, essa deve intendersi segnatamente finalizzata alla
conclusione del processo con il rito speciale. Con tale atto l’imputato affida
infatti al difensore il mandato di esprimere per suo conto la volontà di accesso al
rito a prova contratta, sicchè deve ritenersi che tale mandato comprenda anche
quello di valutare le fisiologiche vicende del procedimento e del processo
successive al conferimento della procura, in coerenza con gli interessi
dell’imputato.
1.5. Può pertanto essere affermato che la eventuale modifica dell’imputazione,
non toglie efficacia al mandato conferito, ove questo non contenga una esplicita
limitazione. Sicchè, ogni volta che la procura speciale a concludere il processo
con un rito a prova contratta non preveda limiti e condizioni, spetta al difensore
la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi
dell’imputato che gli ha conferito il mandato.
1.6. Nel caso specifico la procura speciale non contiene alcuna specificazione o
limitazione oltre a quella relativa ai numeri del ruolo del procedimento. Deve
dunque intendersi che l’imputato abbia conferito al difensore un ampio mandato
esteso alla valutazione delle fisiologiche evenienze del procedimento come la
modifica dell’imputazione.

2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, il giorno 17 dicembre 2014
L’estensore

Il Presiden

(Cass. sez. 3 n. 41880 del 9.10.2008, Rv. 241495; Cass. sez. 3 n. 6427 del

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