Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4258 del 17/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 4258 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 17/12/2014

SENTENZA
Sui ricorsi rispettivamente proposti da
Minerba Antonio, n. ad Aradeo (LE) il 01.09.1957
Minerba Massimo, n. ad Aradeo (LE) il 02.06.1970
Minerba Carmine, n. ad Aradeo (LE) il 17.07.1931
Pepe Aurora, n. a Seclì (LE) il 25.11.1958
rappresentati e assistiti dall’avv. Pasquale Corleto, avverso
l’ordinanza del Tribunale di Lecce, sezione del riesame, n. 80/2014 in
data 27.06.2014;
visti gli atti, i provvedimenti impugnati ed i ricorsi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Oscar
Cedrangolo che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
sentito l’avv. Pasquale Corleto che ha chiesto l’accoglimento dei
ricorsi.

1

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 20.05.2014, il giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Lecce disponeva nei confronti di Minerba Antonio,
Minerba Massimo, Minerba Carmine e Pepe Aurora la misura cautelare
degli arresti domiciliari per il reato di associazione a delinquere nonché

altresì il sequestro preventivo di vari beni riconducibili agli indagati
(immobili, autovetture e disponibilità bancarie/postali, partecipazioni
azionarie, capitale sociale ed intero compendio aziendale dell’Istituto
Popolare del Salento s.p.a.).
2. Avverso il provvedimento impositivo della cautela reale, gli indagati
proponevano distinti ricorsi ex art. 324 cod. proc. pen. avanti al Tribunale
del riesame di Lecce che, con ordinanza in 27.06.2014, rigettava i
gravami e confermava il provvedimento impugnato.
Circa le condizioni legittimanti il sequestro preventivo di beni confiscabili,
il Tribunale riteneva sufficiente l’astratta configurabilità delle ipotesi di
reato ed irrilevante il fatto che i beni sequestrati fossero stati acquistati in
epoca anteriore o successiva ai pretesi reati, assumendo sussistere, a
carico degli intestatari, una presunzione di illecita accumulazione
patrimoniale. In ultimo, il Tribunale reputava la sproporzione tra i beni
degli indagati e la loro capacità reddituale, non vinta dalle allegazioni e
produzioni difensive.
3. Con distinti atti di ricorso, di analogo tenore, gli indagati, a mezzo
difensore, propongono un sostanziale unico ricorso per cassazione
avverso le due ordinanze del Tribunale del riesame (quella resa con
riferimento alla cautela personale e quella relativa alla cautela reale)
lamentando:
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 125, 178, 179, 185, 192,
273, 274, 275, 292 cod. proc. pen. ed in particolare per l’operato rinvio
acritico alle conclusioni investigative (primo motivo);

per vari reati di usura ed estorsione. Il medesimo giudice decretava

- nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 178, 179, 185, 192, 273,
274, 292, 405, 406, 407 cod. proc. pen. ed in particolare per il mancato
esercizio, a tutt’oggi, dell’azione penale da parte del pubblico ministero,

indagini (secondo motivo);
– nullità dell’ordinanza per violazione, inosservanza nonché erronea
applicazione della legge penale e processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod.
proc. pen. con riferimento al combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost.,
178, 179, 185, 192, 268, 271, 273, 274, 275, 292 cod. proc. pen.:
sussistenza e gravità degli indizi fondata su intercettazioni inutilizzabili
perché non trascritte e comunque interpretate e “tradotte”
esclusivamente dalla polizia giudiziaria (terzo motivo);
– nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 178, 179, 273, 274, 275,
292, 309, 362 cod. proc. pen. con particolare riferimento all’inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalle persone offese, in primis dai membri della
famiglia Calvi (quarto motivo);
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416 cod. pen.,
273, 274, 275, 292 cod. proc. pen. con particolare riferimento all’omessa
descrizione sommaria del fatto e delle norme di legge assertivamente
violate (almeno per le ipotesi presuntivamente sub A e sub I di cui
all’ordinanza cautelare), alla contestuale contestazione delle singole
ipotesi di reato sia ex art. 110 cod. pen. che in via associativa nonché
all’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativi ai reati
provvisoriamente ascritti, con precipua attinenza alla prospettata
associazione tra gli indagati (quinto motivo);

;

essendo il processo, a dieci anni dal suo incipit, ancora in fase di mere

-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 3, 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416 cod.
pen., 273, 274, 275, 294 cod. proc. pen.: per Roberto Giuri, sebbene
concorrente in tutte le fattispecie incriminatrici ed equiparato agli altri

presunti associati a delinquere, il riesame nulla ha motivato per la
ritenuta insussistenza di esigenze cautelari, incomprensibilmente ritenute
ricorrenti per tutti gli altri indagati (sesto motivo);
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416, 629 cod.
pen., 273, 274, 275, 292, 321 cod. proc. pen.: insussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari per il mantenimento delle
misure in atto (settimo motivo);
-nullità

dell’ordinanza

per

manifesta

carenza

motivazionale,

contraddittorietà ed illogicità ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen. nonché
per violazione, inosservanza, erronea applicazione della legge penale e
processuale ex art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen. con riferimento al
combinato disposto degli artt. 24, 111 Cost., 43, 81, 110, 416, 629 cod.
pen., 273, 274, 275, 294, 321 cod. proc. pen.: omessa motivazione sulla
censura del ricorrente in sede di riesame in ordine alla gradazione della
misura cautelare da ritenersi inadeguata ed eccessiva tenuto conto delle
condizioni personali dell’indagato e della sua condotta sin dall’emissione
della misura (ottavo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati, per taluni profili anche in modo manifesto e,
come tali, vanno rigettati.
2. Con riferimento al

thema decidendum

vanno preliminarmente

rammentate le regole in tema di impugnazione del provvedimento di
sequestro preventivo. Innanzitutto, va considerato che con il ricorso per
cassazione ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. può essere dedotta la

4

violazione di legge e non anche il vizio di motivazione. Ma, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, ricorre violazione di legge laddove la
motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non
avendo i pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda
contestata e

l’iter

logico seguito dal giudice del provvedimento

impugnato. In tale caso, difatti, atteso l’obbligo di motivazione dei
provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un elemento essenziale

3. Va anche ricordato che, anche se in materia di sequestro preventivo il
codice di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio serio
come per le misure cautelari personali, non è però sufficiente prospettare
un fatto costituente reato, limitandosi alla sua mera enunciazione e
descrizione. È invece necessario valutare le concrete risultanze istruttorie
per ricostruire la vicenda anche al semplice livello di

“fumus” al fine di

ritenere che la fattispecie concreta vada ricondotta alla figura di reato
configurata; è inoltre necessario che appaia possibile uno sviluppo del
procedimento in senso favorevole all’accusa nonché valutare gli elementi
di fatto e gli argomenti prospettati dalle parti. A tale valutazione, poi,
dovranno aggiungersi le valutazioni in tema di perículum in mora che,
necessariamente, devono essere riferite ad un concreto pericolo di
prosecuzione dell’attività delittuosa ovvero ad una concreta possibilità di
condanna e, quindi, di confisca (cfr., Sez. 6, sent. n. 6589 del
10/01/2013-dep. 11/02/2013, Gabriele, rv. 254893).
4. Come è noto, in forza del combinato disposto degli artt.

12-sexies d.l.

n. 306/1992 e 321, comma 2 cod. proc. pen., il legislatore ha previsto
che possa essere disposto il sequestro preventivo di cose di cui è
consentita la confisca e, tra tali beni, rientrano certamente

“denaro, beni

o altre utilità di cui il condannato (per delitti tra i quali rientrano quello
oggetto di contestazione) non può giustificare la provenienza e di cui,
anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o
avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività
economica”:

trattasi di speciale ipotesi di confisca con la quale il

legislatore ha operato una presunzione di illecita accumulazione, senza
distinguere se i beni (di valore sproporzionato al reddito o all’attività
economica dell’imputato) siano o meno collegati da un nesso pertinenziale
con il reato per il quale si procede ed a prescindere dall’epoca

dell’atto.

dell’acquisto, che però non deve risalire ad un’epoca talmente precedente
la commissione del reato da far venir meno, ictu ()culi, la presunzione che
la loro disponibilità sia riconducibile all’attività delittuosa (Sez., 1, sent. n.
11409 del 21/03/2001, Di Bella, rv. 226051). Sotto tale profilo, la
condizione di “confiscabilità” del bene a norma degli artt.

12-sexies I.

356/1991, 321, comma 2 cod. proc. pen., consiste nella presenza di seri
indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca,

reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla
mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Sez. U,
sent. n. 920 del 17/12/2003, Montella; Sez. 6, sent. n. 5452 del
12/01/2010).
5. L’oggetto della confisca è costituito non solo dai beni sui quali il
condannato sia titolare di diritti a lui facenti capo formalmente ovvero
attraverso lo schema simulatorio dell’interposizione fittizia, ma investe
anche i beni dei quali il “condannato” abbia la “disponibilità a qualsiasi
titolo”, con ciò intendendosi riferirsi a quella speciale relazione effettiva
con il bene connotata dall’esercizio di poteri di fatto in forza dei quali
l’indagato può autonomamente determinare la destinazione, l’impiego e il
godimento del bene stesso (Sez. 1, sent. n. 11732 del 09/03/2005, De
Masi).
6. Poste tali premesse, ritiene questo Collegio come le valutazioni e gli
apprezzamenti probatori operati dai giudici di merito, e nella specie
espressi nel provvedimento impugnato, trovino una giustificazione che
risulta completa nonché fondata su argomentazioni giuridicamente
corrette, adeguate e coerenti, il tutto in presenza di un ragionamento
probatorio indenne da vizi logici.
6.1. Come è noto, ai fini dell’applicazione del sequestro preventivo di cui
al combinato disposto degli artt. 12-sexies I. n. 356/1982 e 321, comma
2 cod. proc. pen. non è necessario che sia intervenuta condanna definitiva
per almeno uno dei reati contemplati dal citato art.

12-sexies

I. n.

356/1982, essendo al riguardo sufficiente l’accertata sussistenza del
fumus delicti commissi ricavabile dagli stessi elementi valutati in termini
di gravità indiziaria e posti a base della misura custodiale applicata in
danno dei ricorrenti.
6.2. Su queste implicite premesse, il Tribunale ha riconosciuto come gli
accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria costituissero un parametro

il \

sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al

di riferimento idoneo nella presente fase.
La sostanziale identità del tenore di tutti i ricorsi impone una trattazione
unitaria e cumulativa dei medesimi.
7.

Con il primo motivo, i ricorrenti operando integrale richiamo alle

censure e ai motivi di riesame (ivi compresi quelli aggiunti), osservano
come il Tribunale, con motivazione acritica, di mero stile e

“per

relationem” avesse confermato il quadro valutativo ed argomentativo
cautelare

rilevando

una

sostanziale

incongruità

motivazionale.
7.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Invero, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il
ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella generica e
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in sede di impugnazione di
merito e – come nella fattispecie – motivatamente disattesi dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso (v., tra le tante, Sez. 5, sent. n.
25559 del 15/06/2012, Pierantoni; Sez. 6, sent. n. 22445 del
08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181; Sez. 5, sent. n. 11933
del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708). In altri termini, è del tutto
evidente che a fronte di un provvedimento di secondo grado che ha
fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di
essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata
come critica argomentata rispetto a quanto affermato dal giudice di
seconde cure: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente
privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che
impone l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni
richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
8. Con il secondo motivo, ci si lamenta del fatto che il dies a quo per il
computo delle indagini preliminari, per lo meno con riferimento a Minerba
Carmine, decorreva dal marzo 2005 con conseguente ampio superamento
del termine massimo di durata ed altrettanto conseguente inutilizzabilità
del compendio di indagine raccolto nel periodo non consentito e nullità
assoluta dell’ordinanza custodiate originaria emessa sulla base di atti
affetti da vizio genetico.
8.1. La censura è infondata.
Come ampiamente e congruamente argomentato in sede di

dell’ordinanza

provvedimento impugnato “solo in data 1° ottobre 2007 il pubblico
ministero procedente … disponeva effettuarsi una serie di atti investigativi
consistenti nell’ascolto delle persone offese, cui sarebbe seguita
l’acquisizione di documenti, l’espletamento di consulenze tecniche e la
captazione di conversazioni telefoniche; sicchè solo in data 13 dicembre
2008 furono iscritti nel registro delle notizie di reato i nominativi di
Carmine Minerba e Roberto Giuri. Del resto, l’obbligo per il pubblico

una “notitia criminis” a carico di un determinato soggetto, sorge soltanto
quando emergano nei confronti di quest’ultimo specifici elementi indiziari,
non essendo, invece, sufficienti meri sospetti. Ad ogni modo,
sull’eccezione formulata dalla difesa, è appena il caso di rilevare che “il

termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il
pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome
della persona cui il reato è attribuito, senza che al giudice per le indagini
preliminari sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli
eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che
del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi
di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma terzo,
cod. proc. pen., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità
disciplinare o penale del magistrato del pubblico ministero che abbia
ritardato l’iscrizione (Sez. U, sent. n. 40538 del 24/09/2009, dep.
20/10/2009, Lattanzi, Rv. 244376, fattispecie di ordinanza di misura
coercitiva sottoposta a riesame)”.
Il principio è stato a più riprese ribadito dalla Suprema Corte (cfr. sent. n.
25385/2012) con l’ulteriore precisazione che la decorrenza del termine
delle indagini preliminari va calcolata al momento della formale iscrizione
nell’apposito registro delle generalità della persona alla quale il reato
stesso sia stato attribuito e non da quello in cui il pubblico ministero abbia
disposto l’iscrizione medesima. Nessuna rilevanza pertanto assume la
circostanza che gli indagati … avrebbero dovuto essere iscritti in una data
anteriore nel registro degli indagati …”.
Le conclusioni assunte nel provvedimento impugnato sono del tutto
conformi ai costanti insegnamenti della giurisprudenza di legittimità,
secondo cui l’omessa annotazione della

“notitia criminis”

nel registro

previsto dall’art. 335 cod. proc. pen., con l’indicazione del nome della
persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini

k

ministero di iscrivere nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.

”contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina
l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento
dell’effettiva iscrizione nel registro, poiché, in tal caso, il termine di durata
massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 cod. proc. pen.,
al cui scadere consegue l’inutilizzabilità degli atti di indagine successivi,
decorre per l’indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto
nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il

L’apprezzamento della tempestività dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo
ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi
indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione
discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all'”an” e al
“quando”, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di
ipotesi di responsabilità disciplinare o addirittura penale nei confronti del
pubblico ministero negligente (cfr., Sez. 6, sent. n. 40791 del
10/10/2007, dep. 06/11/2007, P.M. in proc. Genovese, Rv. 238039).
L’utilizzabilità degli atti di indagine compiuti nel periodo decorrente
dall’effettiva data di iscrizione legittima tutti i provvedimenti che ne sono
conseguenza.
9. Con il terzo motivo, si censura come, in spregio dell’art. 268 cod. proc.
pen., non risultava mai essere stata eseguita la trascrizione integrale di
tutte le intercettazioni utilizzate sia per l’emissione dell’ordinanza
cautelare che per il provvedimento adottato dal Tribunale del riesame;
inoltre, sebbene l’art. 268 cod. proc. pen. rinvii espressamente alle norme
sulla perizia, pur rinvenendosi nelle intercettazioni espressioni dialettali e
frasi ritenute incomprensibili, la sommaria trascrizione risultava essere
stata operata dalla polizia giudiziaria alla quale era stata demandata
l’interpretazione e finanche la traduzione dal dialetto all’italiano, senza
alcuna garanzia difensiva a che la corretta trascrizione dei fonemi potesse
anche mutare, in tutto o in parte, il senso di una conversazione: da qui la
dedotta nullità di ordine generale.
9.1. Il motivo è infondato.
Va preliminarmente evidenziato come l’omessa trascrizione delle
intercettazioni telefoniche nella fase delle indagini preliminari, senza che
le parti ne abbiano fatto richiesta, non comporta la nullità né
l’inutilizzabilità dei relativi risultati, non costituendo essa prova o fonte di
prova, ma solo un’operazione rappresentativa in forma grafica del

pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla.

contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica, della quale
il difensore, secondo l’art. 268, comma 8 cod. proc. pen., può far eseguire
la trasposizione su nastro magnetico (cfr., Sez. 1, sent. n. 43725 del
04/10/2011, dep. 25/11/2011, Cassano, Rv. 251475; nello stesso senso,
Sez. 6, sent. n. 10890 del 22/11/2005, dep. 28/03/2006, Palazzoni, Rv.
234103). A questo va aggiunto che, sempre secondo il consolidato
orientamento della giurisprudenza dì legittimità, in tema di intercettazioni,

la trascrizione sommaria del contenuto delle comunicazioni, effettuata nel
relativo verbale a norma dell’art. 268, comma 2 cod. proc. pen., può
essere utilizzata in sede cautelare, come verificatosi nella fattispecie,
quale fonte dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273, comma 1
cod. proc. pen., anche quando, trattandosi di conversazioni avvenute in
lingua straniera (ovvero – come nella fattispecie – in linguaggio dialettale),
il loro contenuto sia esplicitato attraverso una traduzione simultanea
affidata alla polizia giudiziaria ovvero ad un interprete non nominato dal
giudice, il quale abbia agito come semplice ausiliario del personale
addetto all’ascolto, fermo restando il potere-dovere del giudice di
verificare la piena affidabilità dell’interpretazione, sulla base di ogni
elemento utile messo a disposizione dal pubblico ministero ovvero
altrimenti acquisito (cfr., in tal senso, Sez. 6, sent. n. 2930 del
23/10/2009, dep. 22/01/2010, Ceroni e altri, Rv. 246129).
10.

Con il quarto motivo, si censura l’ordinanza impugnata (così come

l’originaria misura cautelare) nella parte in cui ha attribuito rilevanza
pressoché assorbente alle dichiarazioni rese dalle persone offese, atteso il
manifesto interesse alla condanna dell’Istituto Popolare del Salento nella
prospettiva della futura costituzione di parte civile.
10.1. Anche questo motivo è infondato.
Invero, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, in tema di misure cautelari personali, le dichiarazioni
accusatorie della persona offesa possono integrare i gravi indizi di
colpevolezza richiesti per l’applicazione della misura, senza necessità di
acquisire riscontri oggettivi esterni ai fini della valutazione di attendibilità
estrinseca (Sez. 5, sent. n. 5609 del 20/12/2013, dep. 04/02/2014,
Puente Suarez, Rv. 258870).
11. Con il quinto motivo, i ricorrenti reiterano, quale espressa doglianza di
nullità dell’ordinanza cautelare, l’omessa descrizione pur sommaria delle
fattispecie incriminatrici con l’indicazione delle norme assertivamente

10

violate, così come previsto dall’art. 292 lett. b) cod. proc. pen..
11.1. Il motivo è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
Sul punto si ribadiscono le medesime argomentazioni esposte nel
precedente punto 7.1. alla cui lettura si rimanda.
12. Con il sesto motivo, si censura l’ordinanza impugnata nella parte in
cui, con incoerenza motivazionale, ha ritenuto l’inesistenza di esigenze
cautelari per il solo coindagato Giuri Roberto nonostante la maggior

efficacia partecipativa alle condotte di reato in contestazione, senza
alcuna “ricaduta” sulle posizioni dei ricorrenti, con conseguente esistenza
di una palese ed ingiustificata disparità di trattamento.
12.1. La censura è inammissibile per carenza di interesse.
Va preliminarmente osservato come il principio di proporzionalità, al pari
di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle
misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto,
tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento
coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante
verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le
esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio
della minor compressione possibile della libertà personale (Sez. U, sent.
n. 16085 del 31/03/2011, dep. 22/04/2011, P.M. in proc. Khalil, Rv.
249324).
Sotto questo profilo, difetta certamente di interesse la parte che deduca
violazione di legge o carenza motivazionale per denunciare una pretesa
disparità di trattamento sotto il profilo del trattamento cautelare rispetto
alla posizione del concorrente nel reato, allorquando il provvedimento
impugnato, nel fare buon governo dei principi di cui sopra in relazione al
controllo dei canoni di adeguatezza e proporzionalità con riferimento alla
posizione dell’istante – valutazione che certamente non si condiziona dal
confronto con gli esiti valutativi di altra distinta posizione non fosse altro
per l’indiscutibile diversità delle singole posizioni sotto il profilo soggettivo
– pervenga ad un provvedimento confermativo della misura in atto.
13.

Con il settimo motivo, in relazione alla misura cautelare reale, si

censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui rivela assoluta carenza
motivazionale rinviando, per stralcio, agli esiti investigativi nonché
all’ordinanza cautelare generica “blindando” il sequestro sull’assunto di un
onere probatorio non assolto dalla difesa.
13.1. Il motivo, che richiama inammissibili censure in fatto e reitera

11

doglianze già sollevate in sede di gravame su cui il Tribunale ha fornito
adeguata motivazione, è manifestamente infondato.
Invero, le osservazioni critiche articolate nel motivo in parola si risolvono
nella introduzione di temi in fatto diversi da quelli emergenti dalla
ricostruzione – vincolante perché esente da vuoti logici – resa nel doppio
giudizio di conformità operato dai giudici del merito, assumendo i toni
tipici ed altrettanto inammissibili, delle valutazioni alternative rispetto a

quelle segnalate in sentenza non adeguatamente supportate
dall’indicazione dei profili di manifesta illogicità del motivare della Corte
destinati ad inficiarne il portato.
I ricorrenti, infatti, non senza evocare in larga misura censure in fatto non
proponibili in questa sede, si sono per lo più limitati a riprodurre le stesse
questioni già devolute in sede di riesame e da quei giudici puntualmente
esaminate e disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che
non è stata in alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata
confutazione.
Come precedentemente affermato, è ormai pacifica acquisizione della
giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono
le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non
solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento
che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591
cod. proc. pen., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione
(cfr., in tal senso, Sez. 2, sent. n. 29108 del 15/07/2011,
Cannavacciuolo, non mass.; conf., Sez. 5, sent. n. 28011 del 15/02/2013,
Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, sent. n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo,
Rv. 253849; Sez. 2, sent. n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv.
240109; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4,
sent. n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693).
13.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio come il Tribunale, con
motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici, abbia

12

riconosciuto come l’intero compendio investigativo consentisse di
affermare che l’Istituto Popolare del Salento “… fosse configurabile alla
stregua di un mero schermo utilizzato quale strumento di simulazione per
la commissione dei reati configurati dal pubblico ministero, dovendo
ritenersi l’attività del predetto Istituto come integralmente volta alla
commissione di illeciti …. Orbene …, una volta fornita da parte dell’accusa
la prova della sproporzione, rispetto alla capacità reddituale lecita del

soggetto, del valore economico dei beni da confiscare, sussiste una
presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale che può essere
superata solo da specifiche e verificate allegazioni dell’interessato. Sulla
base di questi principi, a fronte dei riepilogati accertamenti patrimoniali
che hanno attestato la sproporzione fra i beni posseduti dagli indagati,
ovvero a loro riconducibili per il tramite dei prossimi congiunti, e i propri
redditi leciti, la difesa non ha assolto all’onere di allegazione specifica e
documentata tale da vincere la presunzione di illecita accumulazione
patrimoniale … (cfr., Sez. 6, sent. n. 45700 del 20/11/2012, dep.
22/11/2012, Di Marzio, Rv. 253816) essendosi il suo atto di gravame
essenzialmente fondato sulla pretesa inesistenza di gravi indizi di
colpevolezza a carico degli indagati. Anche con riferimento alla richiesta di
dissequestro parziale solo di alcuni libretti postali e/o conti correnti, essa
non appare in alcun modo documentata e pertanto essa è respinta …”.
14. Con l’ottavo motivo, si censura infine l’omessa motivazione da parte
del Tribunale del riesame in merito alla necessaria gradazione della
misura cautelare.
14.1. Anche quest’ultimo motivo è inammissibile, per manifesta
infondatezza in presenza di un apparato argomentativo della decisione sul
punto del tutto congruo e privo di vizi logico-giuridici.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (cfr., ex multis, Sez. 6,
sent. n. 10951 del 15/03/2006, dep. 29/03/2006, Casula, Rv. 233708;
nello stesso senso, Sez. 1, sent. n. 41738 del 19/10/2011, dep.
15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516), anche alla luce della nuova
formulazione dell’art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen., dettata
dalla L. 20 febbraio 2006 n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul
discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a
verificare che la relativa motivazione sia: a) “effettiva”, ovvero realmente
idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della
decisione adottata; b) non “manifestamente illogica”, ovvero sorretta, nei

13

suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica; c) non internamente
“contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa
contenute; d) non logicamente “incompatibile” con altri atti del processo,
dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro
rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e

determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o
radicalmente inficiare sotto il profilo logico la motivazione (nell’affermare
tale principio, la Corte – nella sentenza Casula – ha precisato che il
ricorrente, che intende dedurre la sussistenza di tale incompatibilità, non
può limitarsi ad addurre l’esistenza di “atti del processo” non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione o non
correttamente interpretati dal giudicante, ma deve invece identificare, con
l’atto processuale cui intende far riferimento, l’elemento fattuale o il dato
probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la
ricostruzione adottata dal provvedimento impugnato, dare la prova della
verità di tali elementi o dati invocati, nonché dell’esistenza effettiva
dell’atto processuale in questione, indicare le ragioni per cui quest’ultimo
inficia o compromette in modo decisivo la tenuta logica e l’interna
coerenza della motivazione).
Non è dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente
siano semplicemente “contrastanti” con particolari accertamenti e
valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzione complessiva e finale
dei fatti e delle responsabilità né che siano astrattamente idonei a fornire
una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante.
Ogni giudizio, infatti, implica l’analisi di un complesso di elementi di segno
non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che – per
essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti
verso un’unica spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di
segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico
composto da lettori razionali del provvedimento. E’, invece, necessario
che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l’esistenza
di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza
esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di
disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo

14

interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Il giudice di
legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza
o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente
concernenti “atti del processo”. Tale controllo, per sua natura, è destinato
a tradursi in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e

globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla permanenza della
“resistenza” logica del ragionamento del giudice.
Come precedentemente accennato, al giudice di legittimità resta infatti
preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito,
perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte
nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare
funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che
la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le
parti non prestino autonomamente acquiescenza) rispettino sempre uno
standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare
l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione. Può quindi
affermarsi che, anche a seguito delle modifiche dell’art. 606 cod. proc.
pen., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, “mentre
non è consentito dedurre il travisamento del fatto, stante la preclusione
per il giudice di legittimità si sovrapporre la propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradì di merito, è
invece, consentito dedurre il vizio di travisamento della prova, che ricorre
nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento
su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale, considerato che in tal caso, non si tratta di
reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini
della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano” (Sez. 5,
sent. n. 39048 del 25/09/2007, dep. 23/10/2007, Casavola e altri, Rv.
238215).
15. Ne consegue il rigetto dei ricorsi e, per il disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese

15

processuali

PQM

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 17.12.2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA