Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42549 del 17/09/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 42549 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 17/09/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPPETTA LAURA N. IL 05/03/1964
avverso la sentenza n. 6935/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
09/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per I

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia, con sentenza del
5/10/11, dichiarava Laura Cappetta responsabile del reato di cui all’art. 44
lett. b) d.P.R. 380/01, perché, quale proprietaria della unità immobiliare,
costruire, a seguito della demolizione di una falda del tetto, un vanomansarda, di mq. 16, con una altezza da m. 1,20 a 2,00, e la creazione di
una botola nel solaio di accesso al predetto vano; la condannava alla pena
ritenuta di giustizia.
La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse della prevenuta, con sentenza del 9/5/2013, ha
confermato il decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione la difesa della Cappetta, con i seguenti
motivi:
-nullità della sentenza, derivante dal mancato accoglimento della istanza
di rinvio ad altra udienza, formulata dalla difesa della imputata al fine di
consentirne l’esame;
-nullità della sentenza per violazione di legge, in relazione all’art. 44 d.P.R.
380/01, in quanto l’intervento edilizio, realizzato dalla Cappetta
necessitava esclusivamente della semplice denunzia di inizio attività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia,

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sita in Roma, via Brandi n. 10, aveva realizzato, in difetto di permesso di

consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in ordine alla ritenuta
concretizzazione del reato e alla ascrivibilità di esso in capo alla
prevenuta.

giusta ragione, ha rigettato la eccezione di nullità della sentenza di primo
grado, giacchè la prevenuta, pur avendo formulato richiesta di essere
sentita, non ha dedotto impedimenti a comparire, per cui è del tutto
inconferente la doglianza: in particolare, nella specie, la Cappetta ha
esercitato il proprio diritto di rimanere contumace e di non presentarsi,
non solo alla udienza del 9/3/2011, ma anche a quella del 5/10/2011,
mostrando, peraltro, implicito disinteresse a che si procedesse alla
propria audizione.
Il secondo motivo è manifestamente infondato: infatti, a seguito di
puntuale disamina degli elementi costituenti la piattaforma probatoria,
(foto dei luoghi e deposizione dell’agente operante ), la Corte territoriale
ha evidenziato che la Cappetta aveva eseguito un manufatto del tutto
autonomo dal preesistente, con creazione di nuovi volumi, in difetto di
titolo abilitativo, in violazione dell’art. 44 lett. b), d.P.R. 380/01.
Va osservato che, in particolare, la censura mossa dalla difesa si muove su
binari fattuali, che non sono sottoponibili al vaglio di questa Corte,
quando, peraltro, come nella specie, il discorso giustificativo, sviluppato
dal giudice di merito, rappresenta il risultato di una radiografia estimativa
di tutti gli elementi istruttori acquisiti in atti, assolutamente esaustiva.
Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la
Cappetta abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, a norma dell’art.

Sul primo motivo di annullamento osservasi che la Corte distrettuale, a

616 cod.proc.pen., deve essere condannata al pagamento delle spese
processuali e al versamento di una somma, in favore della Cassa delle
Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 1.000,00.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 17/9/2014.

P. Q. M.

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