Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4254 del 08/01/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4254 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 08/01/2015

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Savoca Mario, n. ad Enna il
04.04.1981, rappresentato e assistito dall’avv. Giovanni Palermo di
fiducia, avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di
Caltanissetta, seconda sezione penale, n. 1097/2013, in data
18.03.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Fulvio
Baldi che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentita la discussione dell’avv. Francesca Aricò, in sostituzione
dell’avv. Giovanni Palermo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1.

Con sentenza del Tribunale di Enna, in composizione monocratica, in
data 18.04.2013, Savoca Mario veniva dichiarato responsabile del
reato di cui all’art. 648 cod. pen. e, ritenuto il fatto di particolare
tenuità, veniva condannato alla pena di mesi uno di reclusione ed euro
100,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della
pena.

2.

Avverso detta sentenza, l’imputato, tramite difensore, proponeva

Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previo
riconoscimento a Savoca Mario delle circostanze attenuanti generiche,
riduceva la pena al medesimo inflitta nella misura di giorni venti di
reclusione ed euro 80,00 di multa.
3.

Avverso la sentenza di secondo grado, nell’interesse di Savoca Mario,
viene proposto ricorso per cassazione, lamentandosi:
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per
travisamento della prova (primo motivo);
-violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per
mancanza di motivazione (secondo motivo);
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione
agli artt. 648 e 712 cod. pen. (terzo motivo);
– erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1 lett. b)
cod. proc. pen. e mancanza di motivazione ex art. 606, comma 1 lett.
e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 175 cod. pen. (quarto motivo).
In relazione al primo motivo, si denuncia l’errore nel quale sono incorsi
i giudici, derivante dalla omonimia esistente tra l’odierno imputato ed il
titolare della pasticceria alle dipendenze del quale lavorava all’epoca
dei fatti la persona offesa, chiamato anch’egli Savoca Mario, ma
persona del tutto diversa dall’imputato, il quale è nato nel 1981 e,
all’epoca dei fatti, appena ventenne, frequentante l’Istituto regionale
paritario come comprovato dalla copia del diploma allegata al ricorso.
Muovendo dalla ricostruzione operata dai giudici d’appello secondo la
quale il telefono cellulare sarebbe stato sottratto alla persona offesa
dall’odierno imputato nel citato laboratorio pasticceria del bar, la Corte
avrebbe dovuto riqualificare il fatto nell’ipotesi di furto, mancando gli
elementi costitutivi del reato di ricettazione.
In relazione al secondo motivo, si censura l’impugnata sentenza che
incorre non solo in un palese difetto grafico ma appare altresì carente

appello: con sentenza in data 18.03.2014, la Corte d’appello di

nell’esposizione degli specifici motivi di gravame, non consentendo la
stessa di ripercorrere in chiave cognitiva il ragionamento logicogiuridico seguito da parte del giudice.
In relazione al terzo motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui la stessa è incorsa nel vizio di violazione di legge per aver
omesso di derubricare il reato nell’ipotesi contravvenzionale di cui
all’art. 712 cod. pen. pur in presenza di una versione dell’imputato del

cellulare, rinvenuto accidentalmente da parte del padre e poi
consegnato al figlio appena ventenne che lo aveva utilizzato con la
propria scheda telefonica.
In relazione al quarto motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto l’imputato immeritevole del beneficio della non
menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale
facendo ricorso ad una motivazione apparente attraverso il generico
riferimento di stile a non meglio specificati criteri di cui all’art. 133 cod.
pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Il ricorso è generico e manifestamente infondato e, come tale,
immeritevole di accoglimento.

5.

Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso.
Con lo stesso di denuncia un preteso travisamento della prova. Assume
il ricorrente che il vizio de quo sussiste nell’ipotesi in cui il giudice
abbia fondato il proprio convincimento sul di una prova inesistente
ovvero su di un risultato probatorio incontestabilmente diverso da
quello reale, in tal modo introducendo nella motivazione una
informazione rilevante che non esiste nel processo ovvero allorquando
si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia.
Va innanzitutto premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di
legittimità, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di
travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento
impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati
dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia
idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo
illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato

tutto verosimile e convincente in merito al possesso del telefono

processuale /probatorio, fermi restando il limite del

“devolutum” in

caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione
nel merito del risultato probatorio (cfr.,

ex multis, Sez. 6, sent. n.

5146 del 16/01/2014, dep. 03/02/2014, Del Gaudio e altri, Rv.
258774). In ogni caso va evidenziato come non spetti alla Suprema
Corte rivalutare il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato
apprezzato dal giudice di merito, giacché, attraverso la verifica del

controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione
esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e
ingiustamente trascurati o fraintesi. Per questo motivo non può esservi
spazio alcuno ad una rinnovata considerazione della valenza attribuita
ad una determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbe – in
ipotesi – farsi valere la mancata considerazione di altra deposizione
testimoniale di segno opposto esistente in atti, ma non considerata dal
giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione
testimoniale inesistente o che presenti un contenuto diametralmente
opposto a quello percepito dal giudicante e da lui riversato nella
motivazione (cfr., Sez. 2, sent. n. 6078 del 09/01/2009,
dep. 11/02/2009, Tripodi, Rv. 243448).
Fermo quanto precede, rileva il Collegio come, nella fattispecie, il
ricorrente non deduca l’inesistenza della prova posta a fondamento
della decisione ma proponga una diversa valutazione degli elementi di
prova, deducendo quindi un vizio riconducibile al c.d. travisamento del
fatto. La Suprema Corte non può però optare per la soluzione che
ritiene più adeguata sulla ricostruzione dei fatti valutando l’attendibilità
dei testi (e, ove esistenti, le conclusioni di periti e consulenti tecnici)
esclusa dai giudici di merito: può soltanto verificare se un mezzo di
prova esista e se il risultato della prova sia quello indicato dal giudice
di merito e sempre che questa verifica non si risolva in una valutazione
della prova.
Come accennato in premessa, infatti, il giudice di legittimità non ha
quindi il potere di rivalutare gli elementi di prova al fine di pervenire ad
una diversa ricostruzione del fatto essendo questo compito esclusivo
del giudice di merito; il travisamento del fatto – inteso nel senso
indicato – non può pertanto costituire motivo di ricorso in Cassazione
se inteso nel senso di una complessiva rivalutazione degli elementi di

,

travisamento della prova, il giudice di legittimità può e deve limitarsi a

fatto posti a fondamento della decisione e senza che venga indicata
alcuna (manifesta) illogicità in cui sia incorso il giudice di merito in
questa ricostruzione. E sempre che – come è avvenuto nel caso di
specie – il giudice di appello abbia fornito non illogica risposta alle
argomentazioni in fatto contenute nei motivi di appello (cfr., Sez. 4,
sent. n. 36769 del 09/06/2004, dep. 17/09/2004, Cricchi ed altri, Rv.
229690).

teste Ricca Fausto … all’udienza del 30.4.2009, il cellulare in questione
era stato sottratto sul luogo di lavoro a Spitaleri Daniele e veniva
trovato e spontaneamente consegnato dal padre dell’imputato, all’esito
della disposta perquisizione domiciliare. Pertanto la penale
responsabilità dell’imputato risulta acclarata sulla scorta dei dati
documentali (í tabulati) e sulla scorta degli esiti della perquisizione
domiciliare, in mancanza di una plausibile spiegazione del possesso del
cellulare; tanto più che l’oggetto era stato sottratto da un luogo di
lavoro – il laboratorio della pasticceria – dove pochissime persone
avevano accesso, tra le quali vi era Savoca Mario, essendo la
deposizione del padre evidentemente finalizzata a scagionare il figlio”.
Trattasi all’evidenza di un articolato costrutto di responsabilità, adesivo
alle statuizioni del primo giudice, avverso il quale il ricorso finisce con il
proporre una sua alternativa, per lui preferibile, ma non consentita,
rivalutazione sia delle singole emergenze processuali, sia del
complesso dei dati probatori, quali invece ragionevolmente correlati ed
interpretati dai giudici di merito, che hanno espresso il loro
convincimento con una motivazione persuasiva, priva di illogicità od
incoerenze, apprezzabili ex art. 606 cod. proc. pen., nonchè indenne
da travisamenti dei fatti oppure delle prove acquisite.
6. Inammissibile per genericità è il secondo motivo di ricorso con il quale
si censura la sentenza di secondo grado per aver omesso di
considerare gli specifici motivi di impugnazione e nel non aver
argomentato sulla loro eventuale non pertinenza.
Invero, è da ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere
apprezzata non solo per la sua genericità come indeterminatezza, ma

Si legge infatti nel provvedimento impugnato che “… come riferito dal

anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato nella specie, da ritenersi esaustive delle doglianze proposte – senza
cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c) cod. proc. pen., all’inammissibilità (cfr., ex multis,
Sez. 4, sent. n. 5191 del 20/03/2000, dep. 03/05/2000, Barone, Rv.

7.

Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata motiva congruamente – seppur succintamente
– in relazione all’inaccoglibilità della richiesta di derubricazione del
reato riconoscendo come “le modalità dell’azione impediscono di
configurare la contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen., in quanto
trattasi di bene provento di reato”.

8.

Parimenti manifestamente infondato è il quarto ed ultimo motivo di
ricorso.
Adeguatamente motivato è infatti il provvedimento di diniego del
beneficio della non menzione che si riporta ai criteri di cui all’art. 133
cod. pen. nonché alla valutazione “del titolo del reato e del non lineare
comportamento processuale tenuto dall’imputato”.

9.

Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen.
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché, valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, la condanna al
pagamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle
ammende

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 8.1.2015

Il Consigliere estensore
Dott. Andrea Pellegrino

Il Presidente

216473).

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