Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4251 del 08/01/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4251 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Giardina Concetta, n. a Scicli il
19.10.1944, rappresentata e assistita dall’avv. Giovanni Giuca e
dall’avv. Luigi Colaleo di fiducia, avverso la sentenza emessa dalla
Corte d’appello di Catania, prima sezione penale, n. 96/2011, in data
02.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
letti altresì i motivi aggiunti in data 27.03.2013 e in data 05.12.2014
nonché la memoria ex art. 121 cod. proc. pen. depositata dalla difesa
in data 30.12.2014;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Fulvio
Baldi, annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione;
sentita la discussione dell’avv. Giovanni Giuca che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

,

Data Udienza: 08/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza del Tribunale di Modica in composizione monocratica in
data 13.07.2010, Giardina Concetta veniva riconosciuta colpevole del
reato di cui all’art. 483, comma 1 cod. pen. (capo B) e condannata alla
pena di mesi uno di reclusione, oltre alle spese processuali e a quelle

della costituita parte civile Cerruto Maria, da liquidarsi in separato
giudizio; pena che veniva interamente condonata. Con la medesima
sentenza, Giardina Concetta veniva assolta dal reato di cui all’art. 643
cod. pen. (capo A), per insussistenza del fatto.
2.

Avverso detta sentenza, proponevano appello:
-l’imputata, per censurare l’affermazione di responsabilità con
riferimento al capo B) chiedendo l’assoluzione per carenza
dell’elemento psicologico;
-la parte civile, chiedendo limitatamente al capo A), la riforma della
sentenza impugnata nel capo civile e ritenersi la responsabilità penale
dell’imputata per il reato di cui all’art. 643 cod. pen. e annullarsi le
polizze assicurative per cui è processo ed ordinarsi la restituzione, in
favore della parte civile, della somma di euro 23.800,00 oltre agli
interessi medio tempore maturati, oltre al risarcimento del danno
morale da quantificarsi in euro 10,000,00 in quella maggiore o minore
ritenuta congrua dal giudice disponendo una provvisionale di euro
3.000,00;
-il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modica,
chiedendo la riforma della sentenza impugnata e la condanna
dell’imputata alla pena di giustizia oggetto di richiesta da parte del
Procuratore generale.

3.

Con sentenza in data 02.10.2012, la Corte d’appello di Catania, in
riforma della sentenza di primo grado, dichiarava Giardina Concetta
responsabile anche del reato di cui al capo A) e, per l’effetto,
determinava la pena per entrambi i reati a lei ascritti in anni due, mesi
uno di reclusione ed euro 300,00 di multa, con condanna altresì al
pagamento delle spese processuali nonché di quelle relative all’azione
civile, revoca dell’indulto e condanna della Giardina alla restituzione a
favore della Cerruto della somma di euro 23.800,00 oltre interessi

,

relative all’azione civile nonché al risarcimento del danno in favore

maturati nonché al pagamento di una provvisionale nella misura di
euro 3.000,00, con conferma delle statuizioni civili e nel resto.
4. Avverso detta pronuncia, tramite la propria difesa, propone ricorso per
cassazione, Giardina Concetta, lamentando:
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. c) cod. proc. pen., per omessa
declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione del pubblico ministero
per violazione degli artt. 570, 581 lett. c) e 591 comma 1 lett. c) cod.

-violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre
norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale (secondo motivo);
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., per
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione
(terzo motivo);
-violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., per
mancanza o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta
dal testo del provvedimento impugnato (quarto motivo);
– violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre
norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale (quinto motivo).
In relazione al primo motivo, si censura l’impugnazione proposta dalla
pubblica accusa nella parte in cui ha fatto proprie le doglianze della
parte civile, attraverso un richiamo per relationem ai relativi contenuti,
senza alcuna aggiunta sul piano strettamente soggettivo e recezione
acritica dei motivi di doglianza.
In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui è incorsa in un macroscopico errore nella valutazione della
norma civilistica relativa alla cointestazione del libretto di deposito a
risparmio dal quale vennero prelevati i soldi per stipulare le polizze
vita. Invero, il libretto madre fu acceso dal sig. Cerruto Giuseppe il
quale provvide alla cointestazione dello stesso tra la figlia e la Giardina
Concetta, con la provenienza chiara nel senso che da un libretto
cointestato a tre (Cerruto Giuseppe, Giardina Maria e Giardina
Concetta) era nato un libretto cointestato a due (Giardina Concetta e
Cerruto Maria) con la conseguenza che la norma civilistica impone di

proc. pen. (primo motivo);

ritenere le somme divisibili nella misura del 50%.
In relazione al terzo motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha omesso di motivare su una circostanza riferita dalla
persona offesa circa una presunta relazione sentimentale tra Cerruto
Giuseppe e Giardina Concetta. Appare verosimile che in un contesto
affettivo-amicale, la cointestazione del libretto Cerruto-Giardina che
deriva da altro libretto cointestato Cerruto-Giardina-Cerruto, si

comportamento tenuto dalla prevenuta, consentendo di ritenere non
ancorato ad elementi concreti del processo il ribaltamento di giudizio
effettuato dalla Corte rispetto alla sentenza di primo grado.
In relazione al quarto motivo, si censura la manifesta illogicità della
sentenza nella parte in cui ha dedotto la colpevolezza della prevenuta
con riferimento al presunto danno causato alla persona offesa. E’
pacifico infatti, che il libretto nel quale erano versate le somme avesse
un rendimento inferiore rispetto a quello offerto dalle polizze stesse
con un rendimento che passa dal 1,7% a 6%: risulta evidente il salto
logico relativo ad uno dei presupposti che integrano il reato di cui
all’art. 643 cod. pen. che, a voler seguire la Corte territoriale, sembra
essere la stipula delle polizze in sé e non il rendimento che è
favorevole sia per l’imputata che per la persona offesa; contraddittorio
inoltre il ritenere compiuto un atto comportante effetti giuridici dannosi
per sé o per altri: la sentenza di primo grado ha infatti ampiamente
chiarito che l’investimento era al contrario vantaggioso per sé o per
altri non fosse altro perché si trattava di prodotto sottoposto a
rivalutazione senza alcun pericolo per la sorte capitale. La Corte ha poi
omesso di motivare in ordine alla sussistenza del dolo specifico non
essendosi la sentenza “misurata” con l’elemento logico fattuale
rappresentato dal fatto che se la Giardina avesse effettivamente voluto
raggirare taluno si sarebbe fatta intestare le polizze.
In relazione al quinto motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha disposto la revoca dell’indulto pur non ricorrendo alcuna
causa di esclusione né soggettiva né oggettiva.
5. Con i motivi aggiunti la ricorrente censura:
-l’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di
inutilizzabilità, di inammissibilità o decadenza (art. 606, comma 1 lett.
c) cod. proc. pen.): omessa declaratoria di inammissibilità

,

giustifica come atto di donazione vero e proprio e tale da legittimare il

dell’impugnazione del pubblico ministero per violazione degli artt. 581
lett. c) e 591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen. (primo motivo);
-l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre
norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale (art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen.): art. 643 cod. pen.
(secondo motivo);
-la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della

impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei
motivi di gravame (art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.) (terzo e
quarto motivo).
In relazione al primo motivo, si reitera la censura di cui al primo
motivo del ricorso principale.
In relazione al secondo motivo, si censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha omesso di considerare come il presupposto del reato di
circonvenzione di persone incapaci richiede la sussistenza di una
condizione di deficienza psichica, situazione del tutto inesistente nella
fattispecie in parola. Ma non solo. Nella fattispecie fa altresì difetto
anche l’elemento del danno patrimoniale, la finalità di trarre profitto
nonché il dolo specifico da parte dell’agente.
In relazione al terzo motivo, si censura la motivazione della sentenza
impugnata che non chiarisce se vi siano o meno nel presunto soggetto
passivo le piene capacità cognitive ed intellettive.
In relazione al quarto motivo, si reitera la censura di cui al quinto
motivo del ricorso principale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Rileva preliminarmente il Collegio come entrambi i reati in
contestazione risultano essersi prescritti, peraltro in data successiva
alla pronuncia della sentenza di secondo grado.
Più precisamente, facendo applicazione della nuova normativa sulla
prescrizione – in quanto più favorevole al reo – che, per entrambi i reati
prevede un termine ordinario di anni sei, prorogato ad anni sette e
mesi sei per il verificarsi di eventi interruttivi, e tenuto altresì conto dei
periodi di sospensione del giudizio di primo grado ex art. 159 n. 3 cod.
pen., pari a complessivi mesi otto e giorni quindici (differimenti delle

r

motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento

udienze nei seguenti periodi: dal 20.02.2009 al 22.05.2009, dal
10.07.2012 al 19.10.2012, dal 19.10.2012 al 07.12.2012 e dal
02.03.2010 al 25.03.2010), i due reati (il capo A, commesso in data
29.11.2004; il capo B, commesso in data 24.01.2005) risultano essersi
prescritti nelle seguenti date: il 13.02.2013, il capo A) e il 08.04.2013,
il capo B).
7.

Pur non essendo stata dedotta nei motivi di ricorso per cassazione,

nel giudizio di legittimità in presenza di un motivo di gravame non
manifestamente infondato che impedisce la declaratoria di
inammissibilità del ricorso (cfr., Sez. 2, sent. n. 31034 del 05/07/2013,
dep. 19/07/2013, Santacroce, Rv. 256557).
8.

Nella fattispecie, ritiene il Collegio come il quinto motivo di ricorso
(ingiustificata revoca dell’indulto) appaia come non manifestamente
infondato per le ragioni esposte dalla ricorrente: circostanza di fatto
che consente la rilevabilità d’ufficio della prescrizione.

9.

A diverse conclusioni si deve giungere con riferimento a tutti gli altri
motivi di ricorso che, di contro, appaiono manifestamente infondati
proponendo cumulativamente censure in fatto ovvero doglianze
aspecifiche ovvero per essere frutto di reiterazione di motivi di appello,
disattesi dal giudice di secondo grado con motivazione congrua e priva
di vizi logico-giuridici: da qui la conferma delle statuizioni civili,
pronunciate in primo grado e confermate in sede di appello.

10. Alla pronuncia consegue:
– l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere i
reati estinti per prescrizione;
– la conferma delle statuizioni civili

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché estinti i reati per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 8.1.2015

ritiene il Collegio come la prescrizione debba essere rilevata d’ufficio

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