Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42433 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 42433 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Toro Nicola, nato a Marsala il 11/09/1969,

avverso la sentenza del 14/02/2014 della Corte di appello di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Pasquale Fimiani, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Nicola Toro ricorre per l’annullamento della sentenza del
14/02/2014 della Corte di appello di Palermo che, respingendo il suo gravame,
ha confermato la condanna inflittagli dal Tribunale di Marsala con sentenza del
16/04/2013 che l’aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 181, comma
1-bis, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

1.1. Con il primo motivo eccepisce l’inosservanza dell’art. 141, comma 1quinquies, d.lgs. n. 42 del 2004, nonché degli artt. 45 e 76, d.P.R. 28 dicembre

Data Udienza: 07/05/2015

2000, n. 445, perché l’autocertificazione a sua firma e l’asseverazione del tecnico
di fiducia sono documenti idonei a dimostrare i fatti in essi rappresentati (nel
caso di specie la demolizione delle opere abusive).
1.2.Con il secondo motivo eccepisce mancanza e/o manifesta illogicità della
motivazione che, pur a fronte della documentazione suddetta, regolarmente
protocollata presso il Comune di Marsala, nega che sia stata fornita la prova del
fatto estintivo del reato.

2.11 ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.

3.L’innputato risponde del reato di cui all’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n. 42
del 2004 per aver realizzato, in parte entro la fascia di rispetto del fiume Sossio,
e dunque in zona sottoposta a vincolo paesistico, una recinzione in muratura alta
circa mt. 1,70.
3.1.11 ricorrente non contesta di essere il materiale autore dell’opera, né la
sua abusiva realizzazione all’interno della fascia protetta; egli concentra le sue
critiche verso la decisione dei Giudici di merito di ritenere non provata la causa
estintiva del reato.
3.2.0ccorre premettere che la competente Soprintendenza, con
provvedimento del 17/11/2011, aveva effettuato l’accertamento di compatibilità
paesaggistica dell’opera a condizione che l’altezza esterna del muro di recinzione
fosse inferiore a un metro fuori terra.
3.3.11 Tribunale, sulla scorta delle testimonianze assunte in dibattimento,
aveva escluso che l’imputato si fosse adeguato a tali prescrizioni.
3.4.Per dimostrare il contrario il Toro aveva chiesto, in sede di appello, la
riapertura del dibattimento finalizzata alla acquisizione di documentazione
attestante la remissione in pristino dello stato dei luoghi prima della sentenza di
condanna.
3.5.Aveva a tal fine prodotto la segnalazione di inizio attività a sua firma del
27/01/2014 (e la allegata documentazione tecnica a firma dell’ing. Messina),
nonché la comunicazione di fine lavori del 08/02/2014.
3.6.Acquisita la documentazione la Corte di appello, oltre ad aver
evidenziato che la comunicazione di fine lavori non risultava regolarmente
protocollata, aveva in ogni caso considerato come essa provasse, al più,
l’intenzione dell’imputato di adeguarsi alle prescrizioni della Soprintendenza, ma
non l’effettiva demolizione dell’opera non rilevabile dalle fotografie prodotte.
3.7.Tanto premesso, osserva il Collegio che le argomentazioni difensive sono
in parte manifestamente infondate, in parte generiche.
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.8.Sono generiche perché si concentrano sull’idoneità dei documenti
asseverati a provare i fatti in essi documentati e sul protocollo della
comunicazione di fine lavori, ma prescindono completamente dalle specifiche
argomentazioni che nella motivazione dei giudici di merito hanno avuto un peso
rilevante nell’escludere che l’opera fosse stata demolita: le prove testimoniali
assunte in primo grado e le fotografie prodotte in appello (ritenute non idonee a
rappresentare l’effettiva demolizione dell’opera).
3.9.Sono manifestamente infondate perché, come risulta dalla sentenza

successiva alla condanna.
3.10. Sennonché, la remissione in pristino, per avere efficacia estintiva del
reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, deve intervenire prima
della sentenza di condanna, dovendosi intendere per tale la sentenza anche non
irrevocabile di primo grado (Sez. 3, n. 37140 del 10/04/2013, Anselmi, Rv.
257680).
3.11.In ogni caso, costituisce principio consolidato e condiviso dal Collegio
che la dimostrazione di fatti o circostanze favorevoli alla parte privata dichiarante
non può essere fornita in sede processuale mediante autocertificazione o
dichiarazione sostitutiva di atto notorio (Sez. 1, n. 47889 del 20/11/2013,
Corallo, Rv. 258467; per l’analoga affermazione, in sede civilistica, cfr. da ultimo
Cass. civ., Sez. 3, n. 4556 del 26/02/2014, Rv. 630129, secondo la quale ea
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in
genere, ha attitudine certificativa e probatoria solo nei rapporti con la RA. e non
in sede giurisdizionale).
3.12.Ne consegue che la presentazione della dichiarazione di fine lavori, non
ne prova di per sé né l’esecuzione, né la loro fine, ma solo il fatto che la
dichiarazione sia stata presentata.

4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 1000,00.

3

impugnata (e il dato non è contestato), la segnalazione di inizio attività è

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 07/05/2015

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