Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42411 del 25/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 42411 Anno 2015
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Gigli Carletto, nato a Recanati il 20/04/1948

avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Ancona il 30/07/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Procuratore generale presso questa Corte, nella persona
del Dott. Luigi Riello, che ha richiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Ancona, con il provvedimento in epigrafe, statuiva
l’inammissibilità di una dichiarazione di ricusazione presentata da Carletto Gigli
nei confronti del Dott. Paolo Giombetti, giudice del Tribunale della stessa città,
dinanzi al quale era pendente un processo che vedeva imputato lo stesso Gigli.

Data Udienza: 25/05/2015

i

Nella motivazione dell’ordinanza, la Corte territoriale rilevava la tardività
della dichiarazione suddetta, giacché non presentata nel termine di cui all’art. 38
cod. proc. pen., evidenziando altresì il mancato rispetto delle forme previste
dalla norma appena menzionata: in particolare, non ne era stata consegnata
copia presso la Cancelleria dell’ufficio di appartenenza del magistrato ricusato, e
l’atto risultava sfornito della necessaria documentazione (nell’istanza si era
dedotto, senza tuttavia allegare alcunché a supporto dell’assunto, che il Dott.
Giombetti, «proferendo nel corso dell’udienza del 04/06/2014 espressioni

reato, aveva espresso un giudizio anticipatorio circa la colpevolezza del Gigli»).
Inoltre, la Corte marchigiana segnalava che le condotte ed espressioni in ipotesi
utilizzate dal suddetto giudice non integravano comunque i presupposti della
causa di ricusazione di cui all’art. 37, comma 1, lett. b), del codice di rito.

2. Propone ricorso per cassazione il Gigli, con atto personalmente
sottoscritto.
2.1 Con un primo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione dell’art.
38 cod. proc. pen., rappresentando che:
– il giudizio a suo carico, pendente dinanzi al Tribunale di Ancona, riguardava un
addebito ex art. 489 cod. pen.;
– all’udienza del 04/06/2014, terminata l’istruttoria dibattimentale e prima di
dare corso alla discussione, il Dott. Giombetti aveva segnalato come l’imputato
fosse gravato da “due pagine di precedenti penali”;
– una volta esaurita la discussione, lo stesso magistrato aveva invitato il
rappresentante dell’ufficio del P.M. a contestare, ai sensi dell’art. 516 cod. proc.
pen., i reati di cui agli artt. 81, 477 e 482 cod. pen.;
– il difensore del Gigli aveva, a quel punto, chiesto ed ottenuto termine, con
rinvio al 16/07/2014.
Il ricorrente, secondo la ricostruzione offerta, non era stato in grado di
documentare ab initio quanto si era verificato nel corso dell’udienza, visto che le
frasi pronunciate dal giudicante non erano state riportate nel relativo verbale;
era stata pertanto avanzata dal Gigli una istanza di accesso alla registrazione
audio, del cui accoglimento egli era stato informato il 16/07/2014. Nel
frattempo, 1’8 luglio, il Gigli aveva depositato presso la Corte di appello la
dichiarazione di ricusazione; il giorno 17, sulla base dell’ascolto della
registrazione finalmente acquisita e della trascrizione personalmente curata, il
medesimo aveva presentato una memoria integrativa, allegando la trascrizione
anzidetta.

2

relative ai precedenti dell’imputato, e invitando il P.M. a contestare ulteriori fatti-

Ne deriva che l’imputato era stato in grado di documentare concretamente le
circostanze esposte soltanto dopo l’accesso alla registrazione audio, ed è a
decorrere da quella data (il 16/07/2014) che avrebbe dovuto farsi decorrere il
termine previsto dall’art. 38, comma 2, cod. proc. pen.: il Gigli aveva potuto
«acquisire l’effettiva e completa conoscenza della causa di ricusazione» solo
attraverso l’ascolto, ottenendo al contempo, e per la prima volta, la possibilità
materiale di «allegare la documentazione necessaria a dimostrare la denunciata
causa di incompatibilità». Secondo la tesi del ricorrente, inoltre, la mancata

giudice cui la stessa si riferisce non costituisce motivo di inammissibilità (come
da riferimenti giurisprudenziali indicati nell’atto di impugnazione); in ogni caso,
l’incombente fu curato nella stessa data del deposito in Corte di appello della
dichiarazione medesima.
2.2 Con un secondo motivo di doglianza, il Gigli fa presente la mancanza di
motivazione del provvedimento impugnato circa l’omessa allegazione dei
documenti fondanti la causa di ricusazione, documenti che – al contrario risultano ritualmente presentati (stante il deposito della trascrizione della
registrazione concernente l’udienza del 04/06/2014).
2.3 Infine, il ricorrente censura l’ordinanza in epigrafe per carenza e
manifesta illogicità della motivazione quanto al rilievo che le condotte ascritte al
Dott. Giombetti non integrerebbero causa di ricusazione. L’affermazione della
Corte di appello, in proposito, risulta apodittica, quando invece appare evidente
che il magistrato, nel segnalare i presunti e numerosi precedenti penali
dell’imputato, aveva l’obiettivo di «indicare alla pubblica accusa la richiesta che
egli si attendeva da quest’ultima: la condanna ad una pena non
condizionalmente sospesa». Peraltro, anche l’invito al P.M. a contestare un
fatto diverso, intervenuto dopo le conclusioni rassegnate da tutte le parti e
dunque quando la registrazione dell’udienza era già cessata, avrebbe dovuto
intendersi indicativo del pregiudizio manifestato dal magistrato.
Gli argomenti sviluppati nei motivi di ricorso vengono ribaditi in una
memoria presentata dal Gigli ex art. 611 cod. proc. pen., depositata presso la
Cancelleria di questa Corte in data 09/05/2015.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, per manifesta infondatezza dei
motivi di doglianza.

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consegna di copia della dichiarazione di ricusazione presso la Cancelleria del

La tardività della dichiarazione di ricusazione è infatti innegabile ed appare
assorbente rispetto alle ulteriori censure. Secondo la previsione di cui all’art.
38, comma 2, cod. proc. pen., questa deve essere in ogni caso proposta – se la
causa di ricusazione è sorta o divenuta nota durante un’udienza – prima del
termine della stessa; l’ulteriore previsione del termine di tre giorni dal verificarsi
della causa medesima, o da quando il ricusante ne abbia avuto conoscenza, ha
carattere residuale, tanto che la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo
di affermare che «la causa di ricusazione sorta durante l’udienza, alla presenza

da quest’ultimo, sia in virtù del rapporto fiduciario che impone una continua e
diretta comunicazione di tutti gli elementi rilevanti per l’esercizio delle facoltà
difensive, sia in forza delle esigenze di economia processuale e di contrasto ad
eventuali abusi del diritto di difesa nel processo, cui risponde la previsione del
termine decadenziale di cui all’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen.» (Cass.,
Sez. III, n. 12983 del 18/12/2014, Fiesoli, Rv 262996; la perentorietà del
termine de quo risulta ribadita anche nei riguardi dell’imputato detenuto, per
quanto materialmente impossibilitato a formalizzare un’istanza di ricusazione
prima del termine di un’udienza cui egli abbia rinunciato a presenziare: v. Cass.,
Sez. V, n. 37468 del 03/07/2014, Santonastaso).
Nella fattispecie in esame, è lo stesso ricorrente a segnalare che l’istanza di
ricusazione venne da lui presentata presso la Corte di appello di Ancona in data
08/07/2014 (stando a quanto si attesta nell’ordinanza oggi impugnata, il
materiale deposito avvenne in realtà il 10 luglio), vale a dire oltre un mese dopo
la celebrazione dell’udienza de qua.

Né può sostenersi che il Gigli ebbe

conoscenza della causa di ricusazione soltanto dopo avere acquisito la
registrazione: oltre al rilievo dirimente dei principi affermati da questa Corte con
la sentenza Fiesoli, sopra richiamati, nella memoria che lo stesso Gigli depositò
alla Corte territoriale il 18/07/2014 egli sostiene di avere effettuato verifiche sul
contenuto del verbale già in data abbondantemente anteriore, tanto da avere
appunto richiesto – evidentemente, sulla base di una già piena consapevolezza
delle frasi pronunciate dal Dott. Gionnbetti in pubblica udienza – di accedere alla
documentazione audio.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Gigli al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento in favore
della Cassa delle Ammende della somma di C 2.000,00, così equitativamente
stabilita in ragione dei motivi dedotti.

del difensore di fiducia dell’imputato contumace, deve essere ritenuta conosciuta

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 25/05/2015.

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