Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4240 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4240 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FIGUS PIETRO N. IL 01/10/1978
avverso la sentenza n. 5449/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
01/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI;

Data Udienza: 22/10/2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 1 ottobre 2012, la Corte di appello di Firenze, 2^ sezione
penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Livorno appellata da Figus
Pietro, riduceva la mena al medesimo inflitta in sei mesi di reclusione e duecento
euro di multa; confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale era stato
dichiarato colpevole di ricettazione di motociclo Honda SH 150 tg CP98154
compendio di furto commesso il 12.3.2006 ai danni di Ceccarini Francesco.

difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi:
– mancanza e/o illogicità della motivazione ed errata applicazione della legge
penale in punto di configurabilità del reato di ricettazione per carenza dell’ elemento
soggettivo, per non avere la sentenza impugnato tenuto conto che la persona
offesa ha riferito che il motoveicolo era stato da lui lasciato parcheggiato sotto casa
con le chiavi inserite nel quadro di accensione e con i documenti di circolazione.
Erroneamente ritiene poi la sentenza che i! delitto in esame sia punibile a titolo di
dolo eventuale ed esclude la configurabilità della meno grave ipotesi di cui all’ art.
712 cod. pen., senza tenere conto che l’ imputato forse ha voluto semplicemente
proteggere la persona che gli ha dato il motoveicolo;
– mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione ed errata applicazione della
legge penale in punto di misura della pena per il mancato riconoscimento dell’
attenuante di cui alli art. 62 n. 4 cod. pen., stante il valore modesto del veicolo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato perché l’ assunto secondo
il quale mancherebbe la prova della sussistenza del reato presupposto lo si fonda
sulle dichiarazioni che si assume aver reso la persona offesa in udienza. Innanzi
tutto vale rilevare che si tratta di deduzioni di merito, che in quanto non indicate
come rappresentate nell’ atto di appello (al fine di denunciare omessa motivazione)
non possono essere oggetto di esame in questa sede (dove è preclusa la
rivalutazione delle emergenze probatorie). In ogni caso lo stesso ricorrente finisce
col dare conto che denuncia di furto vi è stata e che quindi il reato presupposto
sussiste, perché non mette in dubbio l’ attendibilità del denunciante. Ed invero l’
argomento successivo attiene alla critica della sentenza per la parte in cui essa ha
ritenuto la sussistenza della consapevolezza della illecita provenienza, previa
affermazione dell’ incompatibilità del dolo eventuale per l’ attribuzione di
responsabilità a carico dell’ imputato, senza tuttavia alcuna specifica
argomentazione in diritto a contrasto del diverso approdo ermeneutico cui questa
Suprema Corte è pervenuta ormai a far data dal 2010 (cfr. Cass. S.U. n. 12433 del
2010). Condivisibile è quindi l’ argomento per il quale la consapevolezza dell’ illecita

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del

provenienza è ricavabile dalla mancata indicazione delle circostanze di acquisto del
bene di cui è accertata la provenienza da delitto. L’ eventualità che il silenzio sia
stato determinato dalla deliberazione di “proteggere colui o colei che gli ha dato il
ciclomotore” e proposizione dedotta in maniera generica, in quanto meramente
ipotetica e quindi inammissibile a norma dell’ art. 581 lett. c) e 591 c. 2 lett. c) cod.
proc. pen.;
2. anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perché la

dalla Corte territoriale e la critica è mossa attraverso la pretesa di un giudizio
alternativo attinente al merito, come tale non proponibile in questa sede.
L’ indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato
– per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’ esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità
di verificare l’ adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali.
Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric.
Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

3. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di
somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa
rinvenibili nelle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in mille/00 euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1000,00 alla Cassa delle ammende.

insussistenza della particolare tenuità del danno è stata compiutamente giustificata

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