Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 424 del 10/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 424 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: DI GIURO GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
STRANGIS EMANUELE nato il 25/06/1981 a LAMEZIA TERME

avverso il decreto del 25/11/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;

Data Udienza: 10/11/2017

RILEVATO IN FATTO

La Corte di appello di Catanzaro, col decreto in epigrafe indicato,
confermava il decreto emesso dal Tribunale di Catanzaro, con il quale era stata
applicata nei confronti di Strangis Emanuele la misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni due con
imposizione del versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di
euro duemila a titolo di cauzione. Detta Corte evidenziava : – come il proposto

dell’art. 1 d. Igs. 159/2011, che vivono abitualmente, anche in parte, con i
proventi di attività delittuose che mettono in pericolo la tranquillità e la sicurezza
pubbliche; – come ai suoi precedenti di polizia per reati contro il patrimonio,
collocati tra gli anni 2001-2013 (in particolare di truffa tentata del 2010-2011;
riciclaggio del 2012, con condanna in primo grado; reati in materia di
stupefacenti, in particolare del 30.8.11, con condanna in primo grado; del
21.9.10 e permanente fino al 21.3.11, dall’1.1.10 al 31.12.11, dal 28.2.13 con
condanna in primo grado ed in appello), si affiancassero le sue recenti
frequentazioni con soggetti titolari di precedenti di polizia; – come fosse
inequivocabile lo stabile inserimento del proposto in una rete criminale dedita al
traffico di sostanze stupefacenti, nel territorio lametino, da cui emergeva in
pieno la sua pericolosità sociale, anche a ritenerne l’ estraneità alla cosca di
‘ndrangheta Giampà come emersa, secondo la difesa, dal procedimento penale
Perseo; – come, invero, le indagini avessero appurato che l’ approvvigionamento
assicurato dallo Strangis ai piccolo spacciatori passasse anche attraverso i
contatti con il pregiudicato Pulice Salvatore, che, come da intercettazione
ambientale della conversazione intrattenuta tra i due, avevano portato
all’acquisto da parte del primo di 1 kg. di marijuana al prezzo di 1200 euro nella
provincia di Reggio Calabria, allo scopo di rivenderla allo stesso Pulice; – come
del tutto fondata fosse l’applicazione di una nuova custodia cautelare in carcere
da parte del G.i.p. di Lamezia Terme in data 12.6.2014, poi confermata dal
Tribunale del riesame e dalla Corte di cassazione, nell’ ambito del procedimento
penale “Spire Tyre” sfociato in una condanna in doppia conforme dello Strangis;
– come neanche detto secondo periodo di custodia cautelare in carcere avesse
avuto effetto deterrente nei confronti dello Strangis e della sua abitualità a
delinquere, violando lo stesso dall’11.5.2016 al 16.6.2016 gli obblighi inerenti
alla sorveglianza speciale; – come la circostanza addotta dalla difesa circa il
riconoscimento del fatto di lieve entità in uno dei procedimenti penali a carico del
proposto non valesse a smussare il quadro di pericolosità sociale emergente
dalla ripetitività sistematica delle infrazioni di legge e da uno stile di vita del
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appartenesse senz’altro alle categorie di soggetti rientranti nella previsione

medesimo improntato alla commissione di attività delittuose (riciclaggio, truffa,
reati in materia di stupefacenti e violazioni degli obblighi inerenti alle misure di
prevenzione) da cui trarre sostentamento economico; – come la pericolosità
sociale del proposto fosse attuale, poiché i fatti di cui alla proposta (precedenti di
polizia e frequentazioni) e ai certificati del casellario giudiziale e dei carichi
pendenti fossero recentissimi ed ininterrotti fino al 2016 e raggiungessero la
consistenza di concreti indizi, fugando ogni dubbio su una mera pericolosità
presunta; – come, quindi, in questo quadro, anche le violazioni degli obblighi

impermeabile a qualsivoglia prescrizione legislativa, agente in totale dispregio
delle regole di convivenza civile; – come fosse congrua anche la durata della
misura preventiva rispetto alla carica antisociale manifestata dal proposto sino
ad epoca recentissima.
Lo Strangis proponeva, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione.
Col primo motivo si deduceva incompetenza funzionale dell’organo
proponente. Invero, si evidenziava che pur riguardando la proposta di misura
preventiva letteralmente le categorie criminologiche di cui all’art. 1 d. Igs. n. 159
del 2011, la stessa valorizzando la partecipazione dello Strangis ad
un’associazione mafiosa poteva essere formulata solo dai soggetti indicati
nell’art. 5 dello stesso decreto legislativo e non dalla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Lamezia Terme ove lo Strangis dimorava.
Col secondo motivo di impugnazione si rilevava che il giudizio di pericolosità
era stato fondato su fatti blandi, violazioni della legge sugli stupefacenti in
termini di lieve entità, o risalenti nel tempo, ovvero su mere contravvenzioni
rappresentate dalle violazioni degli obblighi di sorveglianza, che seppure più
recenti per la loro natura non in grado di attualizzare detta pericolosità. Si
evidenziava come la recente pronuncia della Corte costituzionale, n. 291 del
2013, avesse ribadito la necessità della persistenza della pericolosità sociale
tanto al momento della decisione che al momento dell’esecuzione della misura di
prevenzione personale, contestando meccanismi presuntivi. Si evidenziava,
quindi, anche alla luce della recente giurisprudenza di legittimità, come la
conferma del decreto del Tribunale di Catanzaro da parte della Corte di appello di
Catanzaro, con una motivazione altresì apparente in punto di pericolosità sociale,
avesse determinato palesi violazioni di legge prevenzionale.
Il difensore, alla luce di tali motivi, insisteva per l’annullamento del decreto
impugnato.

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relativi alla sorveglianza speciale risultassero emblematiche di una personalità

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CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va, invero, premesso che l’assetto normativo in tema di sindacabilità della
motivazione dei provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali – è rimasto ancorato al profilo della «assenza» di
motivazione, posto che il Giudice delle leggi ha di recente dichiarato la
infondatezza (sentenza numero 106 del 15 aprile 2015) della questione di

Penale di questa Corte di legittimità in data 22 luglio 2014>.
Resta fermo, pertanto, il criterio regolatore secondo cui il ricorso per
cassazione in tema di decisioni emesse in sede dì prevenzione non ricomprende in modo specifico – il vizio di motivazione (nel senso della illogicità manifesta e
della contraddittorietà), ma la sola violazione di legge (art. 4 comma 11 legge n.
1423 del 1956/ art. 10 comma 3 d.Lgs. n. 159 del 2011).
Da ciò, per costante orientamento di questa Corte, deriva che è sindacabile
la sola «mancanza» del percorso giustificativo della decisione, nel senso di
redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità (motivazione apparente) o di un testo del tutto inidoneo a
far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le altre, Sez. I
26.2.2009, rv 242887).
Nel caso in esame le doglianze esposte dal ricorrente e – ancor prima,
l’esame del provvedimento impugnato – non evidenziano profili di vera e propria
«apparenza» motivazionale, anzi il contesto espressivo rappresenta con
sufficiente chiarezza i necessari passaggi logici dell’iter dimostrativo dell’attuale
pericolosità sociale dello Strangis e della proporzionalità della misura scelta e
della sua durata a detta pericolosità (si veda sopra nel fatto).
Tanto detto, è evidente che i rilievi contenuti nel secondo motivo di
impugnazione non solo sembrano contestare, sotto le spoglie della violazione di
legge, la mera sufficienza motivazionale (e per tale motivo non potrebbero
essere presi in considerazione in questa sede, nella quale ciò che rileva è
l’assenza motivazionale), ma, comunque, dimostrano di non confrontarsi con l’
iter motivazionale dell’ordinanza impugnata, invitando, altresì, ad una non
consentita rivalutazione di elementi fattuali.
Quanto all’ulteriore profilo di impugnazione, di cui al primo motivo, circa
l’incompetenza funzionale dell’organo proponente, lo stesso è manifestamente
infondato in quanto la valorizzazione di una contiguità con un contesto
associativo non consente di mutare la competenza funzionale di una proposta

legittimità costituzionale, che era stata sollevata – sul tema – dalla V Sezione

che riguarda, come ammesso dal ricorrente, “letteralmente le categorie
criminologiche di cui all’art. 1 del DLGS 159/2011”.
Il ricorso proposto nell’interesse dello Strangis deve essere, pertanto,
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di
una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2017.

P.Q.M.

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