Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42390 del 11/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 42390 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Torciano Nicola, nato a Lavello il 20/05/1951

avverso la sentenza emessa il 04/02/2014 dal Tribunale di Ravenna

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per la parte civile non ricorrente l’Avv. Antonio Buttazzo, il quale ha
concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, in subordine il rigetto, del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 11/05/2015

Il difensore di Nicola Torciano ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa dal Giudice di pace di
Faenza, in data 16/10/2012, nei confronti del suo assistito. L’imputato risulta
essere stato condannato a pena ritenuta di giustizia per il delitto di ingiuria (con
contestuale assoluzione quanto ad ulteriori addebiti ex artt. 595 e 612 cod.
pen.), in ipotesi commesso in danno di Maurizio Ricciardelli; i fatti si riferiscono
ad un episodio occorso il 03/06/2010, quando il Torciano – creditore del
Ricciardelli – si recò sotto il domicilio della persona offesa, reclamando quanto

Nell’interesse del Torciano si lamenta che il Tribunale, pur avendo condiviso
la censura mossa dall’appellante alla decisione di primo grado in ordine alla
ritenuta intempestività della lista testimoniale della difesa, avrebbe
contraddittoriamente affermato l’inutilità di dare corso alla escussione dei testi in
questione: i tre soggetti indicati, infatti, avrebbero senz’altro chiarito il contesto
in cui si erano verificate le ingiurie in rubrica, riferendo circostanze decisive ai
fini del riconoscimento della esimente di cui all’art. 599, comma secondo, cod.
pen.. La tesi del ricorrente, esposta nei motivi di gravame avverso la decisione
del Giudice di pace, era che il Ricciardelli si fosse sempre negato al telefono
quando il creditore aveva cercato di contattarlo, e che anche il 03/06/2010 la
presunta persona offesa avesse inizialmente negato di conoscerlo; perciò, il fatto
ingiusto posto in essere dal Ricciardelli, contrariamente a quanto ritenuto dal
Tribunale per negare la ravvisabilità della causa di giustificazione de qua, non si
esauriva nell’inadempimento dell’obbligo di restituzione (condotta risalente nel
tempo, e dunque non immediata rispetto alla reazione del Torciano), ma
comprendeva anche il comportamento elusivo alle richieste di contatto e la
negazione stessa di conoscere il creditore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1 Secondo la ricostruzione operata dal giudice di appello, «l’asserita
reazione al preteso fatto ingiusto risulta incontestabilmente, anche per espressa
ammissione dell’appellante, non immediata. La condotta di Ricciardelli,
asseritannente appropriativa di denaro di proprietà di Torciano, di cui al debito
cui si fa riferimento nell’atto di appello, sarebbe comunque stata posta in essere
almeno diversi mesi prima rispetto ai fatti sub judice, di talché la reazione posta
in essere dalla pretesa vittima del fatto ingiusto non assume certamente i
caratteri dell’immediatezza descritti dall’art. 599 cod. pen., che presuppone

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gli era dovuto e pronunciando offese verbali.

un’istantaneità della reazione della vittima del fatto ingiusto, che agisce quindi
d’impeto, in uno stato d’ira momentaneo».
L’osservazione del giudicante è certamente condivisibile in linea di principio,
ma non tiene conto del rilievo che, nella prospettazione del Torciano, egli versò
in uno stato d’ira conseguente non solo alla mancata soddisfazione delle proprie
ragioni di credito da parte del Ricciardelli, bensì anche al comportamento elusivo
di costui, che più volte – e financo appena prima – si era negato al telefono.
Né va trascurato che, nel caso di specie, il requisito dell’immediatezza della

valutarsi non già tenendo conto della iniziale “condotta appropriativa” del
Ricciardelli, venendosi certamente a concretizzare un fatto contrario alle regole
civilistiche (prima ancora che di civile convivenza) ogni qual volta il debitore,
richiesto dell’adempimento, si era sottratto ai propri obblighi evitando di
confrontarsi con le legittime istanze di restituzione del dovuto provenienti
dall’imputato.
1.2 Il Tribunale osserva poi che non potrebbe assumere rilievo la condotta
tenuta dalla persona offesa nel momento in cui l’imputato giunse sotto casa dello
stesso Ricciardelli; ciò in quanto gli insulti in rubrica vennero rivolti dal Torciano
al querelante quando questi «si trovava ancora all’interno dell’abitazione, quindi
in un momento precedente rispetto a quello in cui, in tesi dell’appellante,
avrebbe fatto finta di non conoscere il Torciano».
Come appena evidenziato, tuttavia, l’assunto dell’imputato è che il
Ricciardelli si fosse fatto negare prima ancora che lo stesso ricorrente decidesse
di raggiungerlo a casa (decisione che anzi prese proprio a causa dell’ennesimo
comportamento elusivo della parte civile). A riguardo, la motivazione della
sentenza impugnata si rivela contraddittoria, da un lato censurando la
valutazione del giudice di primo grado circa la tardività della lista testimoniale
presentata dalla difesa, dall’altro omettendo di escutere i testimoni ivi indicati, i
quali – secondo la tesi del Torciano – avrebbero potuto confermare le
circostanze appena rappresentate.
1.3 Prosegue ancora il giudice di merito rilevando che la deposizione del
Maresciallo dei Carabinieri intervenuto in loco non avrebbe chiarito con certezza
quale atteggiamento assunse il Ricciardelli al cospetto dell’imputato, atteso che il
militare – riferendo di averlo notato comportarsi con distacco, e come se non
avesse mai visto prima il Torciano – si limitò a rappresentare una impressione
soggettiva, a fronte di un contesto nel quale la persona offesa ben avrebbe
potuto provare imbarazzo per essere oggetto di frasi offensive in pubblico.
L’argomento si presta alle medesime censure svolte al punto precedente,
atteso che la situazione di incertezza segnalata dallo stesso giudicante avrebbe

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reazione, rispetto al fatto ingiusto che si assumeva provocatorio, avrebbe dovuto

potuto essere superata dando corso all’esame dei testimoni erroneamente non
ammessi a deporre dal Giudice di pace.
1.4 II Tribunale rileva infine che, «quand’anche si volesse ritenere provato il che non è – che Ricciardelli abbia effettivamente finto di non conoscere il
proprio debitore» (rectius, creditore) «tale contegno non assume minimamente i
caratteri del fatto ingiusto di cui all’art. 599 cod. pen., anche nel senso ampio
attribuitogli dalla difesa inteso come violazione di regole di civile convivenza,
laddove il fatto di fingere di non conoscere qualcuno non costituisce certo

Sulla premessa in ordine al mancato raggiungimento della prova del
comportamento tenuto dal Ricciardelli, valgono le considerazioni di cui ai punti
precedenti; l’inciso secondo cui far finta di non conoscere una persona
integrerebbe una condotta insignificante, anche in punto di regole del vivere
civile, è invece manifestamente illogico, giacché un comportamento siffatto ove posto in essere nei confronti di chi si sappia essere un proprio creditore, e
nel momento in cui questi chieda conto del mancato adempimento dell’obbligo
assunto da parte di chi finga di cadere dalle nuvole – ha valenza di sostanziale
presa in giro.

2. Si impongono pertanto, ai fini di una rivalutazione della regiudicanda in
punto di ravvisabilità della esimente ex art. 599 cod. pen., le determinazioni di
cui al dispositivo.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Ravenna.

Così deciso 1’11/05/2015.

violazione di regole di civiltà».

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