Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42359 del 01/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 42359 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRUPIANO EMANUELE N. IL 16/01/1993
avverso la sentenza n. 2582/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 01/07/2014

R.G. 44983/2013

Considerato che:
Trupiano Emanuele ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 26/9/2013, confermativa della sentenza del Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Trapani del 29/1/2013, con la quale è stato
condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed € 600,00 di multa
per i reati ascritti, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1

con riguardo all’affermazione di penale responsabilità per il delitto di rapina ed
alla determinazione della pena con riferimento alla mancata concessione delle
attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti.
Osserva la Corte che il ricorso è, da un lato, privo della specificità
prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro,
manifestamente infondato: nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni
dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in appello. Deve,
infatti, a questo riguardo rilevarsi che nel ricorso per cassazione contro la
sentenza di appello non possono essere riproposte questioni che avevano
formato oggetto dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in
maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di
riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la
impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606, terzo
comma, ultima parte, cod. proc. pen. Con particolare riferimento alla
qualificazione giuridica del fatto come rapina dalla lettura della sentenza della
Corte territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità dell’imputato in ordine ai fatto ascrittigli. Analogamente con
riferimento alle attenuanti generiche si è escluso la prevalenza delle stesse sulle
aggravanti in considerazione della gravità della condotta posta in essere.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in € 1000,00.

lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce la carenza e l’illogicità della motivazione

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 1 luglio 2014

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