Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4235 del 18/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4235 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• MONTEBELLO Felice, nato a Molfetta il 26/4/1987
avverso la sentenza n. 824/2014 in data 6/3/2014 della Corte di Appello di Bari
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo GALLI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6/3/2014 la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza
in data 16/3/2013 del Tribunale di Trani con la quale MONTEBELLO Felice era
stato dichiarato colpevole dei reati di concorso in rapina pluriaggravata e lesioni
personali e, non applicata la recidiva, concesse le circostanze attenuanti
generiche, ritenuta la continuazione tra i reati contestati, era stato condannato
alla pena di anni 3 di reclusione ed C 900,00 di multa.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza l’imputato personalmente,
deducendo:
1. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento alla
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ai sensi

Data Udienza: 18/12/2014

dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. con
riguardo alle dichiarazioni rese dalle parti offese.
Lamenta il ricorrente il fatto che i Giudici territoriali avrebbero errato nella
valutazione delle prove con particolare riguardo alle dichiarazioni delle persone
offese in quanto le stesse hanno dichiarato che entrambi gli aggressori
indossavano magliette di colore bianco mentre esso MONTEBELLO indossava una
maglietta di colore nero.

impugnata allorquando in una parte è dato leggere che le persone offese erano
agitate al momento dell’aggressione e, nell’altra, che le stesse “hanno fatto più
attenzione alle caratteristiche fisiche piuttosto che all’abbigliamento” degli
aggressori.
Inoltre vi sarebbe assoluta mancanza di motivazione circa il fatto che le due
vittime non sono state in grado di riconoscere il ricorrente in sede di
dibattimento.
2. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 628 e 624-bis
cod. proc. pen.
Evidenzia, al riguardo, il ricorrente che i Giudici territoriali hanno errato nel
momento in cui hanno ritenuto configurato nei fatti il reato di rapina mentre
l’azione doveva essere riqualificata come violazione dell’art. 624-bis cod. pen.
essendo stata l’azione violenta chiaramente rivolta verso la collanina e non
anche sulla persona.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente lamenta innanzitutto un’errata valutazione di attendibilità delle
persone offese dal reato.
Deve essere immediatamente rilevato al riguardo che “Poiché la mancata
osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita
a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come
espressamente disposto dall’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., non
è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod.
proc. pen., con riferimento all’attendibilità dei testimoni dell’accusa, la cui
inosservanza non è in tal modo sanzionata, atteso che il vizio di motivazione non
può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione o errore che concerna

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Ancora, vi sarebbe contraddizione interna nella motivazione della sentenza

l’analisi di determinati e specifici elementi probatori (Cass. Sez. 3, sent. n.
44901 del 17/10/2012, dep. 16/11/2012, Rv. 253567).
Per il resto va detto che sia il Tribunale (i cui passi della sentenza sono stati
trascritti nella sentenza emessa all’esito del giudizio di secondo grado) che la
Corte di Appello hanno ampiamente motivato in ordine alla ricostruzione dei fatti
ed alla valutazione degli elementi probatori (ivi compresa la questione del colore
della maglietta indossata dall’odierno ricorrente al momento dei fatti) e che la

contraddizioni interne.
I Giudici territoriali hanno dato atto che il MONTEBELLO è stato individuato
fotograficamente “con assoluta certezza e senza ombra di dubbio” da una delle
due persone offese (PETRUZZELLA Maria) nell’immediatezza dei fatti e che il
mancato nuovo riconoscimento in sede dibattimentale ben poteva essere dovuto
sia al tempo trascorso che al particolare stato di agitazione nel quale si è venuta
a trovare detta anziana persona offesa (all’epoca di oltre 80 anni – ndr.) nella
fase dell’udienza dibattimentale.
A ciò va doverosamente aggiunto che numerosi altri sono gli elementi probatori
diffusamente illustrati nella sentenza impugnata in base ai quali i Giudici
territoriali hanno ritenuto di poter affermare con certezza che il MONTEBELLO ha
preso parte all’azione delittuosa (lo stesso è stato fermato poco dopo i fatti
unitamente al complice che è stato trovato in possesso di uno dei beni provento
della rapina, ha ammesso di essersi trovato con il complice all’interno del palazzo
ove è stata consumata la rapina ai danni delle due anziane donne e di essersi
dato alla fuga unitamente al coindagato e, più in generale, ha proposto in sede di
interrogatorio una ricostruzione dei fatti del tutto inverosimile).
Ovviamente la valutazione della forza probante di tali elementi è una valutazione
di puro merito assolutamente insindacabile in sede di legittimità qualora
supportata – come è avvenuto nel caso in esame – da una motivazione congrua,
logica e non contraddittoria.
2. Manifestamente infondato è, poi, anche il secondo motivo di ricorso.
Risulta, infatti, dalla intestata ricostruzione del fatto che uno dei due rapinatori si
è avventato sull’anziana PETRUZZELLA Maria strappandole dal collo la collana e
facendola contestualmente rovinare al suolo (provocandole le lesioni contestate
al capo B della rubrica delle imputazioni).
Al riguardo deve ritenersi che i Giudici di merito hanno fatto buon governo delle
norme di legge e dei principi giurisprudenziali in materia ritenendo configurabile

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motivazione della sentenza impugnata è certamente congrua, logica e priva di

in tale tipo di azione il reato di rapina in luogo di quello di cui all’art. 624-bis cod.
pen.
E’ infatti appena il caso di ricordare che questa Corte Suprema, con un assunto
condiviso anche dall’odierno Collegio, ha già avuto modo di chiarire che “integra
il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso
la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre
ricorre il delitto di rapina quando la “res” sia particolarmente aderente al corpo

soggetto attivo vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione
inerente alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta” (Cass.
Sez. 2, sent. n. 41464 del 11/11/2010, dep. 23/11/2010, Rv. 248751; Sez. 2,
sent. n. 34206 del 03/10/2006, dep. 12/10/2006, Rv. 234776) ed è questo
certamente il caso dello strappo di una collana portata al collo della persona
offesa.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in R ma il giorno 18 dicembre 2014.

del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il

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