Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4228 del 18/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4228 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
LANCIONI ALESSANDRO nato il 28/08/1966, avverso la sentenza del
27/03/2013;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Massimo Galli che ha
concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Giuseppe Covino in sostituzione dell’avv.to
Marco Oliveti che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTO
1. Con sentenza del 27/03/2013, la Corte di Appello di Roma
confermava la sentenza con la quale, in data 12/12/2008, il Tribunale
della medesima città aveva ritenuto LANCIONI Alessandro colpevole di
ricettazioni di vari oggetti provento di furti.

Data Udienza: 18/12/2014

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 62-63-512 COD. PROC. PEN.: il ricorrente
ha sostenuto che entrambi i giudici di merito avevano posto a

Stanislaw ai Carabinieri in data 07/11/2003, dichiarazioni che, a seguito
di vane ricerche, erano state acquisite ex art. 512 cod. proc. pen.
all’udienza del 12/11/20Ò8 sul presupposto che il difensore non si fosse
opposto. Il che però, non rispondeva al vero in quanto il difensore aveva
solo inteso rimettersi alla decisione del giudicante. In ogni caso, le
suddette dichiarazioni non avrebbero potuto essere utilizzate perché
provenienti da un soggetto che aveva assunto la qualità di indagato
essendo stato trovato all’interno del camion oggetto di sequestro;
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 526/1 BIS COD. PROC. PEN. per avere la
Corte utilizzato le dichiarazioni di una persona che, in quanto di origini
straniere, era presumibile e prevedibile che si sarebbe sottratto
all’esame;
2.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 178 COD. PROC. PEN. per essere stata la

chiusura delle indagini preliminari notificata presso il difensore, ex art.
161/4 cod. proc. pen., e non presso il domicilio dell’imputato e ciò sulla
scorta dell’erronea dichiarazione resa dall’ufficiale giudiziario il quale
aveva attestato di non avere potuto reperire, nonostante le ricerche,
l’abitazione dell’imputato in Roma via Borgo Ticino n° 59;
2.4. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 COD. PEN. per non avere la Corte
derubricato il fatto in quello di furto sulla base delle dichiarazioni del
teste Lafavia
DIRITTO
1. VIOLAZIONE DELL’ART. 178 COD. PROC. PEN. : la Corte territoriale ha

respinto la medesima doglianza osservando che «la relata di notifica è il
verbale dell’attività compiuta dall’ufficiale giudiziario e come tale è
destinata a costituire prova di quanto il pubblico ufficiale ha compiuto e

2

fondamento della decisione di condanna le dichiarazioni rese da Janik

dei fatti da lui constatati e tali fatti non possono ritenersi superati da
asserzioni non documentate».
La suddetta motivazione va condivisa essendo conforme al
consolidato principio di diritto secondo il quale «nonostante la mancata
previsione che la relazione di notifica fa fede sino a querela di falso, il

qualità di atto pubblico con carattere fidefadente. Ne consegue che la
parte che vuole addurre la falsità delle modalità di notificazione
attestate dall’ufficiale notificatore non può provarla se non dimostrando
rigorosamente che il pubblico ufficiale è incorso nel reato di cui all’art.
479 cod. pen.»: Cass. 44687/2004 Rv. 230315 – Cass. 26066/2004 Rv.
229460 – Cass. 13748/2009 Rv. 244056; Cass. 3714/2013 Rv. 254470.
Di conseguenza, poiché la doglianza è meramente reiterativa e
nulla, anche in punto di fatto, è stato ribattuto a quanto sostenuto dalla
Corte territoriale, la medesima va ritenuta generica ed aspecifica e,
quindi, inammissibile.

2. VIOLAZIONE DEGLI ARTT.

62-63-512 COD. PROC. PEN.: la

territoriale ha disatteso la medesima censura rilevando che

Corte
«le

sommarie informazioni testimoniali di lanik Staníslaw sono state
ritualmente acquisite con il consenso del difensore nominato ex art. 97
co 4 cpp stante l’assenza del difensore di fiducia e nel rispetto dell’art.
512 cpp essendo divenuto impossibile la ripetizione per successiva
irreperibilità del teste».
Il ricorrente, in questa sede, ha riportato quanto scritto nel verbale
d’udienza e cioè che

«Il Pubblico Ministero produce ricerche teste

irreperibile e verbale sommarie informazioni testimoniali. Nulla osserva
la difesa. Il giudice acquisisce gli atti e rinvia per la discussione».
Sostiene il ricorrente, che il proprio difensore non aveva espresso
alcun consenso.
Tuttavia, poiché il “nulla osserva” fu pronunciato dopo che il
Pubblico Ministero aveva chiesto di produrre il verbale del teste
irreperibile, la suddetta frase null’altro poteva significare che, appunto,

giudice non può liberamente valutare tale atto, il quale conserva la

non vi era alcuna osservazione e, quindi, alcuna opposizione
all’acquisizione del verbale.
La reiezione della suddetta censura assorbe quella di cui al § 2.2.
(violazione dell’art. 526/1 bis cod. proc. pen.) la cui problematica viene
in rilievo quando, appunto, una parte si oppone all’acquisizione e non

Generica deve ritenersi la censura in ordine alla circostanza che il
suddetto teste avrebbe dovuto essere sentito come indagato.
Va, comunque, rilevato che la Corte territoriale ha ritenuto che «In
ogni caso, a prescindere da tali informazioni, la responsabilità del
prevenuto discende dalla circostanza assorbente che il materiale di
provenienza furtiva si trovava parte su un furgone e parte in un
deposito entrambi nella sua disponibilità, circostanza questa mai
contestata. La consapevolezza dell’illecita provenienza degli oggetti si
desume dalla mancata indicazione della loro provenienza che è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento logicamente
spiegabile con un acquisto in mala fede»:

avverso la suddetta

affermazione il ricorrente nulla ha ritenuto di replicare.

3.

VIOLAZIONE DELL’ART.

648

COD. PEN.:

la Corte ha disatteso

la

medesima doglianza rilevando che «il fatto non può essere qualificato
come furto in mancanza di ogni elemento probatorio per sostenere che
l’imputato sia stato l’autore della sottrazione, non essendo all’uopo
sufficiente il solo dato della vicinanza temporale tra sottrazione e
acquisto».
Avverso la suddetta motivazione il ricorrente nulla ha, in pratica,
obiettato, se non limitandosi a reiterare la richiesta adducendo un
elemento fattuale che non smentisce affatto la motivazione della Corte:
da qui la genericità ed aspecificità della censura e, quindi,
l’inammissibilità.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna

4

quando vi sia il consenso (arg. ex art. 512/1 cod. proc. pen.)

del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00.

DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

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