Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42264 del 06/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 42264 Anno 2015
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: ALMA MARCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
• SEMINARA Giuseppe Antonio, nato a Merate (CO) il giorno 19/7/1971;
avverso la sentenza n. 126/2014 in data 8/5/2014 del Giudice per l’udienza
preliminare presso il Tribunale di Termini Imerese;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal relatore dr. Marco Maria
ALMA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il G.U.P. presso il Tribunale di Termini Imerese, con sentenza in data 8/5/2014,
applicava nei confronti di SEMINARA Giuseppe Antonio la pena concordata dalle
parti ex art. 444 c.p.p., in relazione al reato di truffa aggravata e continuata
(anche in concorso).
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo:
violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’omessa pronuncia di
sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. ed al trattamento sanzionatorio riservato
all’imputato.
Le persone offesa dal reato SCIARRINO Francesco e CANCILIA Antonia Maria
hanno fatto pervenire in Cancelleria in data 1/10/2015 una memoria difensiva
con la quale hanno insistito per il rigetto del ricorso dell’imputato.
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

Data Udienza: 06/10/2015

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso
(Corte cost. 13 gìugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro millecinquecento a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mitlecini ecento alla
cassa delle ammende.
Così deci o in „Roma il 6 ottobre 2015.
Il P

nte

E’ principio costantemente affermato dalla Suprema Corte, in tema di
patteggiamento, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui al citato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.” (Sez. U, n. 10372 del
27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; da ultimo, Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007,
Brendolin, Rv. 236622). Nel caso dì specie la sentenza impugnata si è attenuta
correttamente al suddetto principio escludendo espressamente la sussistenza di
una delle cause di cui all’art. 129 c.p.p.
Quanto, poi, al trattamento sanzionatorio, per consolidato orientamento di
questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n.
5838 del 28/11/2013 – 06/02/2014, in motivazione), la censura relativa alla
determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal gìudìce dì merito non può essere dedotta in sede dì legittimità, al di fuori dell’ipotesi dì
determinazione contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso dì
specie.

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