Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4225 del 18/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 4225 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:


UNGARO Roberto, nato a Brindisi il 16/8/1991
EL ASRI Larbi, nato ad Agadir (Marocco) il 14/8/1988
GRECO Mario, nato a Bari il 27/1/1992

avverso la sentenza n. 1461 in data 10/7/2013 della Corte di Appello di Lecce
visti gli atti, la sentenza e i ricorsi
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo GALLI, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità di tutti i
ricorsi;
udito il difensore dell’imputato GRECO, Avv. Domenico Italo TANZARELLA, che
ha concluso insistendo per raccoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/7/2013 la Corte di Appello di Lecce, in riforma della
sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Brindisi in data 23/5/2012, ha ridotto la pena
inflitta a GRECO Mario in anni 3 e mesi 4 di reclusione e quella inflitta ad EL ASRI
Larbi ad anni 3 e mesi 6 di reclusione lasciando invariate le rispettive pene
pecuniarie, eliminando le statuizioni civili a carico di EL ASRI e la condanna dello
stesso al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile PINTO

Data Udienza: 18/12/2014

Rocco. La stessa Corte di Appello ha, invece, confermato nel resto la sentenza
impugnata e, per l’effetto la condanna degli altri due imputati UNGARO Roberto
(al quale era stata inflitta in primo grado la pena di anni 3 e mesi 10 di
reclusione ed C 1.000,00 di multa) e MARZIO Antonio (nei confronti del quale la
sentenza è divenuta irrevocabile il 19/1/2014).
Gli imputati sono stati originariamente chiamati a rispondere dei reati di
concorso in rapina aggravata ai danni di un Ufficio Postale di Ostuni (capo A della

coltelli (capo B), di concorso in ricettazione aggravata di un’autovettura di
proprietà di PINTO Rocco nonché delle chiavi dell’autovettura stessa provento di
furti commessi tra il 21/1/2012 ed il 8/9 febbraio 2012 (capo C), del reato di
concorso in furto in abitazione di vari oggetti informatici (PC, consolle per
videogiochi ed altro) ai danni di GIUSTINI Paola e del suo nucleo familiare (capo
D) e del reato di concorso in resistenza aggravata (capo E) per avere tentato
ripetutamente di speronare con quella di cui al capo C l’autovettura del personale
di Polizia di Stato che si era posto al loro inseguimento dopo la consumazione
della rapina di cui al capo A).
UNGARO e GRECO sono stati però assolti dal Giudice di prime cure in relazione al
reato di cui al menzionato capo C) della rubrica con la conseguenza che per tale
capo la condanna è stata pronunciata esclusivamente nei confronti di EL ASRI.
Ricorrono per Cassazione avverso la predetta sentenza l’imputato UNGARO
personalmente e gli imputati EL ASRI e GRECO per mezzo dei rispettivi difensori,
deducendo:
1. UNGARO Roberto:
1.a. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.: manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di
resistenza a Pubblico Ufficiale.
Rileva al riguardo il ricorrente di avere con l’atto di appello formulato richiesta di
assoluzione dal reato di cui al capo E) della rubrica delle imputazioni sul rilievo
che le manovre “a zig zag” poste in essere dall’autovettura sulla quale si trovava
all’atto dell’inseguimento da parte della Polizia erano dovute alla tipologia della
strada e non alla volontà di “speronamento” di cui si riferisce nel verbale di
arresto.
Secondo il ricorrente la parte della sentenza impugnata nella quale si descrivono
le modalità dell’inseguimento da parte della Polizia sarebbe illogica in quanto
solo dopo l’avvistamento e l’inseguimento da parte degli operanti e, soprattutto,
solo dopo che uno degli operanti aveva esploso in aria colpi di pistola a scopo

2

rubrica delle imputazioni), di concorso in porto illegale di armi, nella specie

intimidatorio, i rapinatori fuggitivi avrebbero continuato nelle manovre di
speronamento dell’autovettura degli inseguitori fino a quando, perdendo il
controllo del veicolo, andavano a cozzare contro un muretto ed erano costretti a
fermarsi: detta illogicità consisterebbe nel fatto che chi fugge inseguito dalla
Polizia che esplode colpi d’arma da fuoco è portato a cercare di allontanarsi il più
velocemente possibile agli inseguitori e non certo ad avvicinarsi cercando di
speronare la loro autovettura.

2.a. Nullità della sentenza ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in
relazione al reato di cui al capo C) della rubrica per erronea applicazione dell’art.
648 cod. pen. e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione.
Lamenta, al riguardo, la difesa del ricorrente che la sentenza della Corte di
Appello sarebbe viziata per carenza di motivazione in quanto avrebbe
pedissequamente riprodotto la decisione del Giudice di prime cure.
Infatti, nell’atto di appello, la difesa di EL ASRI aveva evidenziato l’insussistenza
del reato di ricettazione contestando la mancata applicazione da parte del
Giudice di prime cure dei principi di valutazione della prova (ex art. 192, comma
3, cod. proc. pen.) in caso di dichiarazioni resi dai coimputati del medesimo
reato. La Corte di Appello non avrebbe però adeguatamente risposto a tale
doglianza.
A ciò si aggiungerebbe il fatto che vi è stato un travisamento della prova non
comprendendosi da quali elementi i Giudici di appello abbiano acquisito dati o
informazioni trasfusi poi in sentenza sotto forma di certezze. Infatti il Giudice
territoriale aveva dedotto la consapevolezza da parte di EL ASRI della
provenienza delittuosa dell’autovettura dal contenuto di una lettera di scuse che
l’imputato ebbe ad inviare alla persona offesa PINTO e la Corte di Appello
avrebbe trasformato in prova tale deduzione. In realtà, rileva la difesa, da tale
missiva non si evince detta consapevolezza.
A ciò si aggiunge che la Corte di Appello avrebbe illogicamente motivato nel
momento in cui ha evidenziato che l’imputato non ha fornito giustificazioni in
ordine al possesso dell’autovettura di provenienza furtiva, ciò in quanto egli si è
semplicemente avvalso di un diritto riconosciutogli dalla legge quale quello di
non rispondere alle domande.
2.b.

Nullità della sentenza ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in

relazione al reato di cui al capo E) della rubrica per erronea applicazione dell’art.
337 cod. pen. e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione.

3

2. per EL ASRI Larbi:

Rileva al riguardo la difesa del ricorrente l’assenza agli atti di alcun elemento
indiziario da cui attingere un qualsiasi indizio di partecipazione cosciente e
volontaria di EL ASRI al delitto de qua non avendo questi, quale passeggero
dell’auto in fuga, in alcun modo agevolato o rafforzato il proposito del
conducente e coimputato GRECO istigandolo ad una guida spericolata che
potesse mettere a repentaglio la vita degli inseguitori.
La Corte di Appello avrebbe erroneamente motivato nel momento in cui ha

ad EL ASRI nel dolo eventuale (consistito nell’avere accettato di salire sull’auto e
darsi alla fuga dopo la rapina) ciò perché per affermare la penale responsabilità
di un soggetto in relazione a tale reato è, invece, necessario il dolo specifico.
Infatti, la fuga in sé per sé considerata non integra l’elemento oggettivo del
reato contestato ma lo diventa solo se posta in essere con determinate modalità.
Inoltre nel momento in cui il ricorrente è salito a bordo dell’autovettura
l’inseguimento da parte della Polizia non era ancora iniziato.
2.c.

Nullità della sentenza ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per

mancanza di motivazione sul riconoscimento delle attenuanti generiche in
giudizio di prevalenza ex art. 69 e 62-bis cod. pen.
Lamenta al riguardo la difesa del ricorrente che i Giudici della Corte di Appello
non hanno offerto alcuna risposta alla richiesta di cui sopra formulata in sede di
gravame.
2.d.

Nullità della sentenza ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per

contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sull’aumento di pena
operato ex art. 81 cod. pen.
Pur dando avendo dato atto la difesa del ricorrente che i Giudici di appello hanno
rideterminato al ribasso la pena nei confronti di EL ASRI, viene lamentato nel
motivo di ricorso de qua che nella sentenza non v’è adeguata motivazione circa
la congruità della pena così come rideterminata.
3. per GRECO Mario:
3.a. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Lamenta, innanzitutto, la difesa del ricorrente che la Corte di Appello si è limitata
ad un mero richiamo per relationem alla sentenza del Giudice di prime cure
senza apportarvi alcuna integrazione in ottica critico-valutativa.
In secondo luogo evidenza la difesa del ricorrente l’incongruità e l’illogicità del
trattamento sanzionatorio riservato al GRECO dalla Corte di Appello se

4

ritenuto sufficiente a configurare l’elemento psicologico del reato de qua in capo

equiparato a quello riservato al coimputato EL ASRI che si sarebbe reso
responsabile di condotte ben più gravi (essendo “il capo”) e non avendo
quest’ultimo tenuto condotte processuali tali da far ritenere equiparabili le due
posizioni.
Quanto poi al reato di cui al capo B) relativo alla detenzione ed al porto dei
coltelli, la decisione della Corte di Appello è fondata esclusivamente su di una
presunzione in assenza di oggettivi riscontri che ha determinato un’illegittima

alcun elemento per ritenere che lo stesso fosse consapevole della presenza di un
terzo coltello a bordo dell’autovettura. Da ciò ne conseguirebbe che il GRECO
avrebbe dovuto essere mandato assolto in relazione a detto reato quantomeno
per insufficienza della prova.
3.b. Erronea ed illogica applicazione degli artt. 337 e 339 cod. pen.
Richiamandosi al contenuto di documentazione fotografica in atti osserva la
difesa del ricorrente che il reato di cui al capo E) della rubrica non poteva essere
realizzato in quanto la strada nella quale si è svolto l’inseguimento ha una
dimensione così ridotta da non consentire nemmeno l’affiancamento di due
autovetture e quindi da rendere di fatto impossibile qualsivoglia manovra di
“speronamento” dell’autovettura della Polizia così come contestata.
L’attività di “speronannento” sarebbe quindi fondata su criteri meramente
presuntivi e l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato avrebbe
violato il principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”.
3.c. Erronea applicazione dell’art. 62 n. 6 cod. pen.
Lamenta al riguardo la difesa del ricorrente che il GRECO ha effettivamente
risarcito sia il danno subito dai coniugi GIUSTINI, sia Poste Italiane nella misura
richiesta e determinata dal danneggiato. Tutto ciò non può – a detta della difesa
– giustificare il mancato riconoscimento all’imputato della circostanza attenuante
sopra indicata.
3.d.

Erronea e contraddittoria applicazione del giudizio di equivalenza tra

attenuanti e contestate aggravanti, erronea ed ingiusta determinazione della
pena.
Lamenta al riguardo la difesa del ricorrente che la Corte di Appello ha ritenuto di
condividere la scelta del Giudice di prime cure circa l’applicazione dell’art. 69
cod. pen. senza però spendere una parola a giustificazione della propria scelta.
Quanto, poi, alla determinazione della pena, la stessa sarebbe comunque stata
determinata in misura incongrua avuto riguardo alla personalità dell’imputato

5

inversione dell’onere della prova in capo all’imputato in relazione al quale non v’è

(infraventunenne, incensurato, studente che ha tenuto un buon comportamento
processuale) ed al fatto che la posizione dello stesso era del tutto differente
rispetto a quella del coimputato EL ARBI.
La difesa dell’imputato GRECO ha, infine, depositato in Cancelleria una memoria
datata 26/11/2014 nella quale sono sviluppati i seguenti motivi nuovi:

3.e Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 112, 114, 118, 132, 133 cod. pen. e 192 cod. proc. pen. – Contraddittorietà

circostanze relativo al capo A) e all’aumento per la continuazione per il reato
satellite di cui al capo D), risultante dalle pagg. 14 e 15 della sentenza di
appello.
Con il predetto motivo sviluppa sostanzialmente il ricorrente aspetti già presi in
considerazione dai motivi 3.c e 3.d sopra riportati, evidenziando come il GRECO
abbia avuto un aumento di pena per la ritenuta continuazione esattamente
identico a quello dei correi nonostante egli sia stato l’unico a risarcire il danno e
nonostante che il suo apporto causale alla commissione dei fatti-reato in
contestazione non sia stato identico a quello dei correi che hanno agito nel caso
della rapina impugnando dei coltelli e minacciando le persone presenti. La
doglianza, a dir del vero, si fonda su commenti al contenuto della sentenza del
Giudice di prime cure (della quale vengono riportati brani di motivazione) alla
quale la Corte di Appello si sarebbe adeguata e che caratterizzerebbero la
discriminazione relativa al trattamento sanzionatorio patito dal GRECO.

3.f Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 62-bis, 70, 118 e 69 cod. pen. – Erronea applicazione della legge per
mancata differenziazione della “entificazione” delle circostanze generiche e
conseguente scorrettezza del giudizio di mera equivalenza.
Lamenta, al riguardo, la difesa del ricorrente che non si comprendono le ragioni
per le quali non è stata operata una diversa valutazione delle circostanze
attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza per il GRECO nella rapina sulle
contestate aggravanti. Le indicazioni contenute nel codice penale avrebbero – a
detta del ricorrente – dovuto orientare i Giudici del merito ad una diversa
valutazione sul punto, meglio valutando anche la circostanza attenuante di cui
all’art. 62 n. 6 cod. pen. che ha carattere soggettivo e che quindi non può essere
comunicata ai concorrenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6

e manifesta illogicità della motivazione in ordine al bilanciamento delle

1. Il primo ed unico motivo di ricorso così come sopra riassunto al punto 1.a e
presentato dall’imputato UNGARO Roberto è manifestamente infondato.
La motivazione adottata sul punto dalla Corte di Appello (cfr. pag. 17 della
sentenza impugnata) in presenza di un analogo motivo di gravame formulato a
suo tempo ai Giudici territoriali appare congrua e tutt’altro che illogica.
I Giudici territoriali hanno dato compiutamente atto delle modalità
dell’inseguimento descritte dagli operatori di Polizia, della sostanziale inesistenza

verbo “speronare” ed il verbale di perquisizione e di sequestro che descrive
l’andamento a “zig zag” del veicolo, rilevando non solo che l’andamento del
veicolo da ultimo descritto si riferisce alla prima fase dell’inseguimento ma anche
che, in ogni caso, anche le manovre “a zig zag” sono idonee a porre in pericolo e
ad ostacolare l’azione legittima della Polizia.
Al riguardo il ricorrente, dopo avere riportato nell’atto di gravame i relativi passi
della sentenza impugnata e senza peraltro avere provveduto a trascrivere anche
i passi dei documenti contestati (o comunque senza avere allegato tale
documenti al ricorso in ossequio al principio giurisprudenziale
delrautosufficienza” dello stesso), si è limitato ad esporre una propria opinione
personale circa le modalità di sviluppo dell’inseguimento, opinione che non è
certo idonea a scalfire la tenuta della sentenza che invece si è ricollegata ad
elementi fattuali puntualmente descritti anche attraverso il legittimo richiamo al
contenuto della sentenza del Giudice di prime cure.
Del resto non risulta in alcun modo che l’atto di Polizia nel quale si sono descritte
le attività di “speronamento” sia stato tacciato di falsità.
Sul punto deve essere solo rammentato non solo che “integra il reato di
resistenza a pubblico ufficiale la condotta di chi, alla guida di un’auto, si dia alla
fuga ad alta velocità per sottrarsi all’alt intimato dalle forze di polizia e, una volta
raggiunto, tenti di speronare la loro vettura” (ex ceteris: Cass. Sez. 6, sent. n.
4391 del 06/11/2013, dep. 30/01/2014, Rv. 258242) ma anche che “in tema di
resistenza a pubblico ufficiale, integra l’elemento materiale della violenza la
condotta del soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non
limitandosi a cercare di sottrarsi all’inseguimento, ma ponendo deliberatamente
in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l’incolumità
personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada” (Cass. Sez. F,
sent. n. 40 del 10/09/2013, dep. 02/01/2014, Rv. 257915).
Ancora più specificamente, in un caso sostanzialmente analogo a quello che in
questa sede ci occupa, questa Corte Suprema ha avuto modo di precisare che

7

di un contrasto sul punto tra il verbale di arresto nel quale è stata utilizzato il

”qualsiasi manovra, anche se non diretta a provocare la collisione
dell’autovettura inseguita dalla polizia con quella inseguitrice, ma potenzialmente
idonea a costringere gli inseguitori a desistere dall’Azione per evitare il pericolo
di danni materiali e alle persone, costituisce pur sempre una grave minaccia al
regolare espletamento della funzione pubblica e integra il reato di resistenza a
pubblico ufficiale punito dall’art. 337 cod. pen. (nella specie il conducente di
un’autovettura inseguita dai carabinieri, accortosi di avere accanto durante la

un’andatura a zigzag) (Cass. Sez. 6, sent. n. 4290 del 25/01/1985, dep.
07/05/1985, Rv. 169040).
I Giudici territoriali hanno fatto quindi buon governo dei principi di diritto in
materia così come affermati nei sopra riportati arresti giurisprudenziali di questa
Corte Suprema che risultano condivisi anche dall’odierno Collegio.
2. Il primo motivo di ricorso formulato nell’interesse dell’imputato EL ASRI e
sopra riassunto al punto 2.a è anch’esso manifestamente infondato.
Lamenta, come detto, parte ricorrente che, da un lato, non si sarebbe fatta
corretta applicazione dei principi di valutazione della prova ex art. 192, comma
3, cod. proc. pen. essendo le prove nei confronti di EL ASRI riconducibili
esclusivamente alle dichiarazioni dei due coimputati (che hanno affermato che
l’autovettura di provenienza furtiva era nella disponibilità dello stesso) nonché al
contenuto di una lettera di scuse che il ricorrente ha inviato alla persona offesa
dal reato.
Anche in questo caso la doglianza risulta essere stata già proposta in sede di
gravame alla Corte di Appello che vi ha dato una risposta congrua e conforme ai
principi di diritto.
Nella sentenza impugnata (pag. 15), infatti, si è dato atto delle concordi
dichiarazioni dei due coimputati GRECO e UNGARO circa il fatto che il veicolo
utilizzato per compiere la rapina era stato fornito da EL ASRI e che questi non ha
smentito tale circostanza ed ha inviato una lettera al proprietario del veicolo
(PINTO Rocco) nella quale ha affermato di essere consapevole della provenienza
furtiva del veicolo.
Si è anche evidenziato nella sentenza qui impugnata – riportando una
valutazione di merito del Giudice di prime cure ma condivisa dalla Corte di
Appello – che le dichiarazioni dei due coimputati, per quanto addebitabili a
sospetto, si inseriscono oggettivamente in una ricostruzione logica e coerente dei
fatti il tutto confortato sia dal fatto che i dichiaranti (ed in particolare il GRECO)

8

corsa l’auto dagli stessi occupata aveva impresso all’autovettura da lui guidata

non sono risultati nutrire motivi di astio nei confronti di EL ASRI e sia
dall’elemento estrinseco relativo al contenuto della lettera di cui si è detto.
Una siffatta motivazione, ferme restando le valutazioni di puro merito dei Giudici
territoriali che, in quanto tali, non sono sindacabili in questa sede, appare
congrua e conforme ai principi di diritto che regolano la materia.
Da ultimo, sempre con riguardo al motivo di ricorso che in questo momento ci
occupa, va rilevato che totalmente priva di fondamento risulta anche la doglianza

momento in cui ha evidenziato che l’imputato non ha fornito giustificazioni in
ordine al possesso dell’autovettura di provenienza furtiva, ciò in quanto egli si è
semplicemente avvalso di un diritto riconosciutogli dalla legge quale quello di
non rispondere alle domande.
Ora, partendo dal presupposto in fatto che l’imputato, come ritenuto dalla Corte
di Appello aveva la disponibilità dell’autovettura con la quale è stata consumata
la rapina e che la stessa era indiscutibilmente di provenienza furtiva, va detto
che i Giudici territoriali hanno fatto anche in questo caso corretta applicazione
del principio di diritto reiteratamente evidenziato da questa Corte Suprema
secondo il quale “ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la mancata
giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova
della conoscenza della illecita provenienza” (Cass. Sez. 1, sent. n. 13599 del
13/03/2012, dep. 12/04/2012, Rv. 252285; Sez. 2, sent. n. 41423 del
27/10/2010, dep. 23/11/2010, Rv. 248718).
3. Il secondo motivo di ricorso presentato nell’interesse dell’imputato EL ASRI e
sopra riassunto al

punto 2.b

riguarda la questione in capo al ricorrente

dell’elemento psicologico del reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art.
337 cod. pen.
Anche il questo caso la questione è stata posta in sede di gravame innanzi alla
Corte di Appello che vi ha dato risposta alle pagg. 15 e 16 della sentenza
impugnata evidenziando il fatto che tutti e tre i rapinatori erano a bordo
dell’autovettura in fuga, l’irrilevanza della circostanza che il ricorrente non fosse
alla guida del veicolo ed il fatto che secondo l’id quod plerumque accidit tutti gli
occupanti del veicolo non potevano non essersi avveduti dell’inseguimento della
Polizia, attesa la ripetuta intimazione di Alt corroborata dalle altre circostanze
emerse dagli atti (esplosione di colpi di pistola in aria da parte di uno degli
operanti – ndr.). Alla luce di ciò la Corte territoriale ha ritenuto configurabile in
capo all’imputato oggi ricorrente sul punto l’elemento soggettivo del reato di cui
all’art. 337 cod. pen. nella forma del “dolo eventuale”.

9

relativa al fatto che la Corte di Appello avrebbe illogicamente motivato nel

Ritiene l’odierno Collegio che la decisione sul punto della Corte territoriale sia
corretta.
Tutti e tre gli imputati erano andati a fare la rapina e la possibilità che
nell’immediatezza della stessa potesse derivarne un inseguimento da parte delle
Forze dell’Ordine non era certo un evento improbabile così come non è certo
improbabile che nel corso dell’inseguimento vengano poste in essere da parte
dell’autovettura dei fuggitivi manovre spericolate quali quelle che di fatto

Anche se il veicolo con a bordo i rapinatori in fuga era – ovviamente – condotto
da uno solo di essi, la presenza degli altri che erano portatori del medesimo
interesse a sottrarsi all’arresto, ha rappresentato un rafforzamento morale per la
condotta tenuta dal conducente dello stesso (nella specie il GRECO). Del resto
nessuno dei coimputati – e per quel che più interessa in questa sede EL ASRI ha asserito di aver manifestato al conducente la volontà di scendere dal veicolo
in fuga o di averlo invitato a desistere dalla condotta posta in essere.
La comunanza dell’interesse perseguito attraverso la resistenza posta in essere
nei confronti degli operatori di Polizia, unita all’assenza di condotte finalizzate a
far desistere il complice che stava agendo nel comune interesse attraverso la
conduzione materiale del veicolo e, comunque, all’assenza di manifestazione di
volontà di non dare seguito all’azione in itinere, consentono certamente di
configurare un concorso anche di EL ASRI, sia sotto il profilo oggettivo che sotto
quello soggettivo, nel contestato reato di cui all’art. 337 cod. pen.
4. I motivi di ricorso formulati nell’interesse dell’imputato EL ASRI Arbi di cui ai

punti 2.c e 2.d e quelli di cui ai

punti 3.a, 3.d, 3.e e 3.f formulati

nell’interesse dell’imputato GRECO Mario tutti come sopra riassunti appaiono
meritevoli di trattazione congiunta investendo sostanzialmente la problematica
relativa alla determinazione della pena anche attraverso il giudizio di
comparazione tra le circostanze ex art. 69 cod. pen.
Ciò anche se, come si dirà nel prosieguo, ritiene l’odierno Collegio di addivenire a
conclusioni diverse per quanto concerne la posizione dell’imputato GRECO
rispetto a quella di EL ASRI.
Al riguardo la Corte di Appello che – è appena il caso di ricordarlo – ha comunque
ridotto le pene detentive irrogate ad entrambi gli imputati dal Giudice di prime
cure, ha motivato sulla determinazione delle stesse evidenziando di aver tenuto
conto dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e delle considerazioni difensive ed ha
fatto ciò anche operando un legittimo richiamo circa la determinazione delle pene

10

risultano essere state poste in essere nel caso che in questa sede ci occupa.

(ivi compresi gli effetti della continuazione) alla sentenza del Giudice di prime
cure che ha, in tal modo, evidenziato di condividere.
Sul presupposto di consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale la
motivazione per relationem è legittima “quando: 1) faccia riferimento, recettízio
o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione
risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento
di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione

abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento,
quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia
conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui
si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed,
eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della
valutazione o dell’impugnazione” (Cass. Sez. Un. Sentenza n. 17 del 21.6.2000
dep. 21.09.2000 Rv. 216664) e che “nel giudizio di appello, è consentita la
motivazione “per relationern” alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le
censure formulate dall’appellante non contengano elementi di novità rispetto a
quelle già condivisibilmente esaminate e disattese dalla sentenza richiamata”
(Cass. Sez. 2, sent. n. 30838 del 19/03/2013, dep. 18/07/2013, Rv. 257056),
va detto che, sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta essere conforme ai
criteri sopra indicati.
Quanto, poi, alla determinazione della pena sia con riguardo al giudizio di
comparazione tra le circostanze che con riguardo agli aumenti operati per effetto
della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen. vanno ricordati gli assunti di questa
Corte Suprema, condivisi anche dall’odierno Collegio, secondo i quali “la
graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità
del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione”
(Cass. Sez. 5, sent. n. 5582 del 30/09/2013, dep. 04/02/2014, Rv. 259142) e,
ancora, che “in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio
di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in
sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un
ragionamento illogico, e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la

11

del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le

soluzione dell’equivalenza allorché il giudice,

nell’esercizio del

potere

discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen., l’abbia ritenuta la più idonea a
realizzare l’adeguatezza della pena in concreto irrogata” (Cass. Sez. 6, sent. n.
6866 del 25/11/2009, dep. 19/02/2010, Rv. 246134).
Ora se tali principi risultano rispettati con riguardo alla posizione dell’imputato EL
ASRI – il cui ricorso sul punto è anche in questo caso da ritenersi
manifestamente infondato – va detto che lo stesso non può dirsi con riguardo alla

La decisione relativa alla determinazione della pena irrogata a quest’ultimo non
appare, infatti, del tutto logica e congruamente motivata atteso che non è dato
comprendere dalla lettura della stessa quali siano state le ragioni per le quali la
pena base in relazione al capo A) (la rapina) sia stata dalla Corte di Appello
comminata in maniera identica per GRECO e per EL ASRI (anni 3 mesi 8 di
reclusione oltre alla multa) – ma il discorso vale anche per gli identici aumenti
sanzionatori per effetto del ritenuto vincolo di continuazione tra i reati comuni ad
entrambi gli imputati – e ciò senza tenere conto dell’effettiva differenza di ruoli
nella consumazione dei reati e di condotte processuali tra i due imputati con
particolare riguardo al fatto che il GRECO, contrariamente ai coimputati è stato
l’unico ad attivarsi al fine di risarcire i danni derivanti dai fatti-reato in
contestazione (situazione che se anche tale da non consentire la configurabilità
della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. è certamente da
tenersi in debita considerazione ai fine della determinazione della sanzione da
irrogarsi allo stesso).
Ne consegue che l’irrogazione di una sanzione detentiva identica in relazione ai
medesimi fatti-reato (EL ASRI ha avuto una condanna a pena complessivamente
più elevata solo per il fatto di essere stato condannato anche per il reato di cui al
capo C della rubrica delle imputazioni per il quale GRECO è stato invece assolto)
in presenza di imputati che hanno tenuto anche in sede processuale una
condotta palesemente diversa oltretutto in presenza di una motivazione della
decisione che non ha dato compiutamente ragione di tale scelta (oggettivamente
illogica), impone la necessità di annullare la sentenza impugnata nei confronti
dell’imputato GRECO Mario relativamente al trattamento sanzionatorio allo
stesso irrogato con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce per
nuovo esame sul punto.
Trattandosi di annullamento parziale della sentenza afferente a statuizioni
diverse da quelle sottese al già avvenuto accertamento del fatto-reato e della
responsabilità dell’imputato.

12

posizione dell’imputato GRECO.

E’, per contro, infondata la doglianza sollevata dalla difesa dell’imputato GRECO
riguardante l’avvenuta affermazione di responsabilità dello stesso anche in
ordine alla detenzione del terzo coltello rinvenuto all’interno dell’autovettura.
La Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi sul punto, ha esaminato il
problema (pag. 14 della sentenza impugnata) e, con una valutazione di puro
merito ma sorretta da una motivazione congrua e non manifestamente illogica o
contraddittoria, come tale insindacabile in questa sede, ha ritenuto di attribuire

nella detenzione dei primi due coltelli) anche la detenzione del terzo coltello.
Il ragionamento che ha fatto la Corte di Appello sul punto è logico e può essere
così sintetizzato: fermo restando che nel corso della rapina i coltelli utilizzati
furono due (il GRECO era rimasto in attesa di EL ASRI ed UNGARO all’esterno
dell’Ufficio Postale ed al volante dell’autovettura pronta per la fuga), il fatto che
comunque i rapinatori erano tre e che complessivamente tre sono stati i coltelli
rinvenuti ivi compreso quello presumibilmente sempre rimasto a bordo del
veicolo del quale avevano la disponibilità gli imputati, appare ragionevole
ritenere l’attribuibilità a tutti gli imputati (e quindi anche al GRECO) della
detenzione di tutte le armi rinvenute.
Nessun vizio è quindi ravvisabile nella sentenza impugnata sotto i profili che in
questo momento ci occupano così come sollevati dalle difese degli imputati EL
ASRI e GRECO.
5. Il motivo di ricorso formulato nell’interesse dell’imputato GRECO e sopra
riassunto al punto 3.b è, a sua volta, manifestamente infondato.
Lo stesso riguarda una valutazione di fatto del tutto personale fornita dalla parte
ricorrente in ordine alla circostanza che le dimensioni della strada nella quale
sarebbero avvenuti i fatti sarebbero state tali da non consentire l’affiancamento
e lo speronamento da parte del veicolo dei fuggitivi nei confronti del veicolo della
Polizia.
Non v’è chi non veda che parte ricorrente chiama questa Corte ad effettuare una
valutazione di una circostanza di fatto che è possibile solo nel giudizio di merito e
che non compete certo alla Corte di legittimità.
A ciò si aggiungono le seguenti osservazioni:
a)

la Corte di Appello si è pronunciata sul punto (pag. 14 della sentenza)

evidenziando come i documenti in atti smentiscono la caratteristica della stradina
dedotta dalla difesa dell’odierno ricorrente;
b) si è già detto sopra come, ancorché lo “speronamento” non fosse avvenuto (o
fosse avvenuto nella sola seconda parte dell’inseguimento) le modalità

13

anche al GRECO (che peraltro in maniera non contestata risponde del concorso

dell’azione posta in essere e realizzate attraverso la condotta di un’autovettura
zigzagante ad alta velocità e tale da porre in pericolo l’incolumità degli utenti
della strada alla scopo di sfuggire all’inseguimento della Polizia già di per sé
costituisce l’elemento oggettivo del contestato reato di cui all’art. 337 cod. pen.
6. Infine anche il motivo di ricorso formulato nell’interesse dell’imputato GRECO
e sopra riassunto al punto 3.c poi richiamato in parte anche nel punto 3i
risulta infondato.

circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. anche con riguardo al
reato di rapina (detta circostanza attenuante come evidenziato anche nella
sentenza impugnata è, infatti, già stata riconosciuta al GRECO con riguardo al
reato di furto in abitazione di cui al capo D della rubrica delle imputazioni).
La Corte di Appello a pag. 14 della sentenza impugnata, anche in questo caso
affermando di condividere quanto al riguardo già ritenuto dal Giudice di prime
cure, ha chiarito le due ragioni per le quali è intervenuto il mancato
riconoscimento di detta circostanza attenuante anche per il capo A della rubrica
delle imputazioni ed in particolare che:
a) il dedotto risarcimento non è completo essendo stato semplicemente restituito
il maltolto ma non essendo stato risarcito il danno morale e quello subito dai
dipendenti dell’Ufficio Postale;
b) detto risarcimento sarebbe dovuto avvenire comunque, al più tardi, fino
all’inizio della discussione del rito abbreviato.
Ricorrendo le due predette condizioni e non avendo la difesa del ricorrente
documentato a questa Corte Suprema (come avrebbe dovuto fare nel rispetto
del principio giurisprudenziale dellmautosufficienza” del ricorso) che le due
predette condizioni si erano invece verificate, nessun vizio risulta riscontrabile
nella decisione assunta al riguardo dalla Corte di Appello.

Per le considerazioni or ora esposte, la sentenza impugnata risulta essere affetta
da nullità limitatamente al profilo sanzionatorio riguardante l’imputato GRECO
Mario così come nel dettaglio illustrato al superiore paragrafo 4). Per il resto si
impone il rigetto il ricorso del GRECO.
I ricorsi degli imputati UNGARO Roberto ed EL ASRI Larbi devono invece essere
dichiarati inammissibili.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente UNGARO ed
EL ASRI al pagamento delle spese del procedimento e, quanto a ciascuno di essi,
al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di

14

Lamenta, come detto, parte ricorrente il mancato riconoscimento della

esonero, della somma ritenuta equa di C 1.000,00 (mille) a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di GRECO Mario limitatamente al
trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di
Lecce per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto il ricorso del GRECO.
Dichiara inammissibili i ricorsi di UNGARO Roberto e di EL ASRI Larbi, che

somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 18 dicembre 2014.

condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA