Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42219 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 42219 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TUTTOLOMONDO ALFONSO N. IL 02/01/1964
avverso la sentenza n. 2210/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 20/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20/3/2013, la Corte di appello di Palermo in sede di
rinvio a seguito dell’annullamento da parte di questa Corte, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Agrigento, dichiarava condonata la pena di euro
50,00 di multa irrogata a Tuttolomondo Alfonso dal giudice di primo grado per il
reato di minaccia, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Alfonso Tuttolomondo, deducendo

In un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge processuale, per
avere la Corte impedito l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza
dell’imputato, non concedendo il rinvio per il legittimo impedimento del difensore
di fiducia, benché tempestivamente comunicato.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 627, comma
3, cod. proc. pen., non essendosi il giudice di rinvio uniformato alla sentenza di
annullamento di questa Corte.
In via subordinata, il ricorrente sottolinea che il reato era già estinto per
prescrizione alla data della sentenza di appello.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

L’ordinanza dibattimentale del 20/3/2013 è compiutamente motivata e il
difensore dà atto di avere conosciuto il diverso impegno professionale il 13
marzo 2013, ma di averlo comunicato solo il successivo 18/3/2013 (il 13/3/2013
era mercoledì, ma l’impedimento fu comunicato solo il lunedì successivo).

Non sussiste alcuna violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.: il
ricorrente interpreta la sentenza di annullamento con rinvio di questa Corte
come se imponesse la conferma dell’assoluzione pronunciata dalla sentenza
annullata, sia pure con l’adozione di una motivazione più ampia; appare ovvio
che così non era, atteso che questa Corte aveva ritenuto non appagante la
succinta motivazione della sentenza di assoluzione, tale da non comprendere
appieno i dubbi sulla veridicità delle affermazioni della persona offesa.
Il richiamo alla necessità di una motivazione più “accurata e specifica”
comportava la possibilità per la Corte territoriale di rivalutare le prove acquisite

2

distinti motivi.

al fine di giungere, se del caso, ad un giudizio di veridicità delle dichiarazioni
della persona offesa, come in effetti è avvenuto.

Le ulteriori considerazioni sono in fatto e non dimostrano affatto la
manifesta illogicità della motivazione della sentenza, che ha ricostruito i fatti in
maniera logica, senza contraddizioni; per di più, il ricorrente non tiene conto che
le minacce erano state pronunciate per via telefonica, prima dell’arrivo
dell’imputato all’abitazione della moglie, cosicché le discrasie su quanto

Il reato contestato non era prescritto alla data del 20/3/2013: al periodo
massimo di sette anni e mezzo devono essere aggiunte le sospensioni del
giudizio di primo grado dal 18/7/2007 al 7/11/2007 (mesi tre e giorni venti) per
astensione dalle udienze dei difensori e dal 30/1/2008 al 28/4/2008 (mesi 2 e
giorni 28) per rinvio su istanza dei difensori con espresso accordo sulla
sospensione dei termini di prescrizione.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M .

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 12 giugno 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

esattamente avvenuto nell’appartamento della donna non appaiono decisive.

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