Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4221 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4221 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FRATEPIETRO MASSIMILIANO N. IL 30/04/1981
avverso la sentenza n. 1999/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
11/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 22/10/2013

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi manifestamente infondati.
Per quanto riguarda la mancata concessione delle generiche prevalenti, nessuna
censura può essere mossa alla sentenza impugnata poiché la Corte ha specificamente
motivato sulle ragioni per cui le generiche non sono state considerate prevalenti, osservando
che l’imputato, contrariamente alla sua affermata incensuratezza, è gravato da precedenti
penali per reati anche della stessa indole.
Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento sanzionatorio in
quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della
pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi espressioni come
“pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del reato o
alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03,09/2007
) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per
circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di
quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di
cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo
aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez.
2, Sentenza n. 36245 del 206/2009 Ud. (dep. 109/2009) Rv. 245596). Nel caso di specie la
pena inflitta è molto al di sotto della misura media di quella edittale. Pertanto nessuna
censura può essere mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22 ottobre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Con sentenza in data 11/10/2012, la Corte di appello di Bari, confermava la sentenza del Gup
presso il Tribunale di Bari, in data 15/2/2008, che aveva condannato Fratepietro Massimiliano
alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed €. 600,00 di multa per il reato di rapina
tentata e lesioni personali.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge e vizio della
motivazione in relazione alla determinazione della pena ed alla mancata concessione delle
generiche con criterio di prevalenza.

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