Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4220 del 02/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4220 Anno 2015
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMASELLI MASSIMILIANO N. IL 12/03/1981
avverso la sentenza n. 666/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 23/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C- 4/1~ .-u…t.
che ha concluso per A..t
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 02/12/2014

Ritenuto in fatto
Con la sentenza in epigrafe la corte di appello di Caltanissetta, decidendo
quale giudice di rinvio a seguito di sentenza di questa corte, sezione 6, del
2/2/2012 n. 32802 – di annullamento con rinvio della sentenza della
medesima corte di appello del 7/2/2011, confermativa della sentenza emessa
il 10/4/2013 dal tribunale di Gela, appellata dall’odierno ricorrente, di
condanna dello stesso di estorsione aggravata – ha confermato la condanna

Questa corte aveva disposto l’annullamento con rinvio della sentenza davanti
ad essa impugnata perché, pur non cadendo in discussione il giudizio di
attendibilità della persona offesa che aveva effettuato il riconoscimento
fotografico dell’imputato, era apparso decisivo che la stessa, per propria
ammissione, cadeva in facile confusionetra la fisionomia del ricorrente e
quella del di lui fratello; tuttavia i giudici di merito diedero comunque per
certa ed affidabile l’individuazione,pur con questi limiti effettuata, dell’odierno
ricorrente quale autore del fatto delittuoso alla luce delle ulteriori emersioni
istruttorie esposta in sentenza: sviluppando in tal modo – a giudizio della
sentenza di annullamento con rinvio – un ragionamento paralogico,in cui i
termini e i presupposti del percorso decisorio risultavano indebitamente
invertiti: giacché in tanto le risultanze dibattimentali possono considerarsi
risolutive delle incertezze evidenziate in quanto sia fatta chiarezza in via
preliminare sulle indicate discrasie ed incertezze in cui era incorso il
testimone.
La corte d’appello, procedendo anche alla rinnovazione dell’istruttoria,
consistita nella audizione della persona offesa, avendo la stessa ribadito con
certezza il riconoscimento dell’autore del delitto, ha ritenuto decisivo tale
riconoscimento siccome confortato dalle ulteriori risultanze istruttorie esposte
in sentenza; ha pertanto confermato la decisione di condanna.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’imputato si contestano, innanzitutto,
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine allo schema motivazionale
seguito dei giudici del merito i quali, anziché affrontare partitamente e
risolvere le molteplici contraddizioni segnalate nella sentenza di legittimità
(ed ulteriormente ribadite ed esposte nel ricorso), si sarebbero limitati ad una
rinnovazione dell’istruttoria, riascoltando il teste che già era caduto in
confusione e pertanto non emancipandosi dalla aporia determinata dalle
contrastanti affermazioni dello stesso.
Altro motivo concerne violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al

inflitta dal tribunale.

mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti per cui si
procede e quelli definiti con sentenza emessa il 7/10/2008 dalla medesima
corte di appello. Ricostruendo la figura del vincolo di continuazione, del ricorso
si espongono dalla pagina 22 alla pagina 28 gli elementi di fattispecie dello
stesso affermati come presenti nel caso concreto, sollecitando anche per
questo verso l’annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto

Circa la prima doglianza, deve preliminarmente osservarsi la correttezza della
decisione del giudice del rinvio di riascoltare il teste, dipendendo la decisione
da assumere essenzialmente dal risultato di una prova testimoniale prima di
allora mai ascoltata dai decidenti. In tal modo, è stato dato il dovuto
apprezzamento al principio di cui all’art. 6 Cedu, come interpretato dalla
conforme giurisprudenza della Corte Edu – sulla rinnovazionedell’istruttoria
dibattimentale, utile per consentire ai testimoni di spiegare le imprecisioni ed i
contrasti rilevati nelle dichiarazioni degli stessi (cfr., per es., Cass. sez. III,
9.7.2013, n. 42344).
All’esito della audizione del teste – che, giova ripetere, non è messo in
discussione nella sua attendibilità nemmeno nella sentenza di annullamento
con rinvio – e considerate le affermazioni dello stesso, la corte di appello ha
sviluppatoin sentenzaun articolato ragionamento fattuale (da pagina 15 a
19)onde dar conto analiticamente delle ragioni in base alle quali ha ritenuto di
accreditareil sicuro riconoscimento ribadito dalla persona offesa circa l’autore
del fatto delittuoso come indicato nella persona dell’odierno ricorrente.
Nel ricorso è contrapposto a tale conclusione un ragionamento esclusivamente
fattuale, che in nessun modo evidenzia effettive violazioni di legge in cui
sarebbe caduta la corte di appello e tantomeno vizi motivazionali.
Molto diversamente ed inammissibilmente, si vorrebbe sollecitare questa corte
ad una integrale rivalutazione delle basi fattuali della decisione (cfr. pp. 5-22
del ricorso, in cui alla dettagliata critica fattuale si accompagna la esposizione,
anche per schermi, di parte del materiale istruttorio acquisito agli atti
sollecitandone la valutazione): ciò che è escluso per il giudizio di legittimità.
Inammissibile è anche la doglianza circa il mancato riconoscimento del nesso
di continuazione.
Il ricorso non si confronta con il preliminare rilievo svolto a pagina 20 della
sentenza impugnata, in cui si segnala come la contestazione sia generica e
non riscontrata da concreti elementi che possano giustificarne lo sviluppo

Il ricorso è manifestamente infondato.

sotto il profilo della logica argomentativa.
Inoltre, la corte di appello precisa come dalle risultanze in atti risulti
concretamente provata la modalità aggravante del metodo mafioso, ma ciò
non potrebbe mai giustificare, in assenza di altri elementi, il riconoscimento
del nesso di continuazione reclamato ancor oggi dal ricorrente rispetto alla
sentenza di condanna n. 1120 del 2008, emessa dalla medesima corte di
appello per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso. Infatti,

partecipazione ad una associazione di stampo mafioso e la commissione di
reati successivamente posti in essere con l’aggravante del metodo mafioso,
dovendo a tal fine risultare l’evidenza della connessione tra il reato associativo
e i reati successivi, quali reati-fine rispetto al primo, appare decisivo come
non siano emersi nel processo elementi specifici a tal riguardo. Dal che
l’impeccabile conclusione secondo cui non può ritenersi riscontrata nel caso in
esame l’identità di disegno criminoso necessaria alla applicazione della
disciplina del reato continuato.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna delricorrenteal
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativannente in Euro 1000, nonché alla
rifusione, alla costituita parte civile, delle spese del grado, liquidate come in
dispositivo in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrenteal pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende nonché alla rifusione, alla parte civile FAI – Federazione delle
Associazioni Antiraket ed Antiusura Italiane, delle spese del grado che liquida
in favore del difensore antistatario in euro 3.000, oltre accessori di legge.
Così deliberato il 2.12.2014
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

vì.r.

Il Presidente

non sussistendo nessun tipo di implicazione logico-giuridica tra la pregressa

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