Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42083 del 19/09/2014
Penale Sent. Sez. 1 Num. 42083 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
REGGIO CALABRIA
nei confronti di:
PIROMALLI SALVATORE N. IL 31/08/1927
avverso la sentenza n. 3603/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di REGGIO CALABRIA, del 18/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. V i ro v I\ hp‘ a. ho ..£ k o 1/4,‘,..1 L e,
Uditi difensor Avv.;
Data Udienza: 19/09/2014
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 18.11.2013 il Tribunale di Reggio Calabria ha
applicato, su conforme richiesta delle parti, a Piromani Salvatore la pena
(sospesa) di C 120 di ammenda, concesse le attenuanti generiche, per il reato di
detenzione di una rivoltella calibro 32 di fabbricazione artigianale e di 4 proiettili
dello stesso calibro, di cui era stata omessa la denuncia, accertato il 4.05.2013 e
rubricato come violazione dell’art. 697 cod. pen..
2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte
sotto il profilo dell’errata qualificazione giuridica del fatto ascrivibile all’imputato,
ritenuto idoneo a integrare il delitto di cui agli artt. 2 e 7 legge n. 895 del 1967 e
non la contravvenzione di cui all’art. 697 cod. pen., riferibile alla sola detenzione
delle munizioni, nella fattispecie assorbita nel delitto di detenzione illegale
dell’arma comune da sparo.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile alla luce dei margini di opinabilità presentati
dalla qualificazione giuridica del reato operata dalla sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha correttamente richiamato il
principio di diritto, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo cui la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea
qualificazione del fatto contenuta in una sentenza di applicazione della pena su
richiesta delle parti (quale è il caso oggetto del presente giudizio) deve essere
limitata ai soli casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere
esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di
opinabilità (da ultime, Sez. 6 n. 15009 del 27/11/2012, Rv. 254865, e Sez. 4 n.
10692 dell’11/03/2010, Rv. 246394).
Le particolarità del caso concreto, rappresentate (sulla base di quanto risulta ex
actis dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso del Procuratore generale
della Repubblica) dall’omessa ripetizione della denuncia della detenzione della
rivoltella da parte di una persona molto anziana (essendo il Piromalli nato nel
1927) a cui l’arma era pervenuta per successione ereditaria dal padre, che aveva
a suo tempo assolto l’obbligo di denuncia previsto dall’art. 38 del T.U.L.P.S.,
conducono a ritenere che la configurazione giuridica del fatto operata dalle parti,
in sede di accordo sulla determinazione della pena ex art. 444 cod.proc.pen., in
termini di violazione colposa riconducibile all’ipotesi contravvenzionale residuale
di cui all’art. 697 cod. pen., anziché al delitto (doloso) previsto dalla legge n. 895,
tuis
1
d’appello di Reggio Calabria, deducendo erronea applicazione della legge penale
del 1967 (si richiama, sul punto, l’orientamento risalente a Sez. 1 n. 6064 del
12/12/1983, Rv. 165033, secondo cui, anche dopo la novella di cui alla legge n.
497 del 1974, deve ritenersi tuttora applicabile la contravvenzione di cui all’art.
697 cod. pen. alle armi comuni da sparo quando il fatto è colposo, non operando
in tal caso il principio di specialità stabilito dall’art. 15 cod. pen., posto che tra le
due norme non esiste un completo rapporto di continenza, in quanto la norma
speciale
che
punisce il delitto
non comprende
l’ipotesi meno grave
della detenzione colposa), costituisca frutto di una valutazione opinabile ma
legittimità.
3. Per tale assorbente ragione il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 19/09/2014
comunque contenuta entro i limiti che la rendono insindacabile in sede di