Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 42064 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 42064 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TERRASI DOMENICO N. IL 05/02/1942
avverso la sentenza n. 21505/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 02/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6t • vo e-R czu 1L,Q.
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Terrasi Domenico risulta infatti condannato per il delitto di cui all'art. 416 bis cod.pen. commi 1, 3, 4 e 6 in quanto ritenuto partecipe del sodalizio di stampo mafioso denominato 'cosa nostra' nella sua articolazione territoriale esistente in Cattolica Eraclea. I motivi di ricorso formulati dal Terrasi vengono ritenuti non fondati. Tra questi, per ciò che concerne le circostanze, la Corte si occupa della specifica doglianza relativa all'art. 416 bis co.4 cod.pen. (associazione armata), ritenendola infondata. Marrella Damiano risulta condannato per il delitto di cui all'art. 416 bis cod.pen. commi 1, 3, 4 e 6 in quanto ritenuto partecipe del sodalizio di stampo mafioso denominato 'cosa nostra' nella sua articolazione territoriale esistente in Montallegro, entrata in contatto con la famiglia operante in Cattolica Eraclea per uno specifico affare. Nel valutare il ricorso del Marrella, a fronte di specifica censura, questa Corte riteneva fondata la doglianza relativa al difetto di motivazione circa la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416 bis co.6 cod.pen. (..in quanto nessun riferimento è stato compiuto dalla Corte in relazione alla dimostrazione sia di un apparato finanziario -produttivo del complesso criminoso, sia della predisposta destinazione di proventi illeciti a obiettivi di finanziamento in cui impiegare le risorse, per ulteriori iniziative di imprenditoria mafiosa..) . 2. Nell'interesse di Terrasi Domenico è stato proposto ricorso straordinario ai sensi dell'art. 625 bis cod.proc.pen. . Il ricorrente assume che il motivo relativo alla insussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 416 bis co.6 cod.pen. (reimpiego nelle attività alla circostanza aggravante di cui all'art. 416 bis comma 6 e al trattamento economiche oggetto di controllo di prodotto o profitto di delitti) era in realtà comune ai due ricorrenti. Questa Corte, pertanto, nel valutare la fondatezza del ricorso del solo Marrella sarebbe incorsa in un errore percettivo, accogliendo il motivo per un solo ricorrente. Si afferma infatti da un lato che anche il Terrasi aveva dedotto l'insussistenza della citata aggravante e che, in ogni caso, non sarebbe stata possibile la sua configurazione perchè tutti ;presunti appartenenti della cellula mafiosa di CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso risulta infondato e va pertanto rigettato, per i motivi che seguono. Va premesso che il rimedio previsto dall'art. 625 bis cod.proc.pen. (ricorso straordinario per errore materiale o di fatto) non rappresenta uno strumento per ottenere mere rivalutazioni di quanto deciso dalla Corte di legittimità. Come è stato più volte evidenziato (Sez. U. n.16103 del 27.3.2002)10 strumento in questione è teso a porre riparo alla particolare patologìa estrinseca dello «sviamento» del giudizio, solo quando la decisione oggetto del rimedio sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita e ciò possa desumersi ictu °cui/. O ancora, lì dove per una vera e propria svista materiale (disattenzione di ordine meramente percettivo) sia stato omesso l'esame di uno specifico motivo di ricorso, dotato del requisito della decisività. Da ciò deriva che non possono trovare ingresso, in tale contesto, tutte le censure di tipo valutativo, pur in presenza di interpretazioni delle norme o dei contenuti delle decisioni di merito che si prestino a critiche . Ciò deriva dalla necessità di tutelare lo stesso principio del 'giudicato' come fonte di certezza e stabilità delle decisioni giurisdizionali, espresso dall'intero sistema delle impugnazioni, con ammissibilità della revisione (art. 630 cod.proc.pen.) solo nei casi espressamente tipizzati dal legislatore (cui si è di recente aggiunta l'ipotesi della accertata violazione delle regole del giusto processo da parte della Cedu, come da decisione Corte Cost. n.113 del 2011). 2. Ciò posto, non può dirsi che nel caso in esame si sia verificata - per errore percettivo - l'omessa trattazione di un motivo di ricorso proposto dal Terrasi. Ed invero detto imputato non aveva formulato alcun motivo specifico circa la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416 bis co.6, a differenza di quanto operato dal coimputato ricorrente Marrella Damiano. Cattolica Eraclea tratti a giudizio con il Terrasi erano stati assolti. t i Le contestazioni del Terrasi - per quanto qui rileva - si rivolgevano alla esistenza «in quanto tale» della famiglia mafiosa operante in Cattolica Eraclea, per assenza di dimostrazione sul punto. Quanto alle aggravanti si contestava, in subordine, la ritenuta sussistenza di quella prevista dal comma 4 del predetto art. 416 bis. A tali censure questa Corte ha fornito risposta in modo specifico, con le diffuse argomentazioni contenute a folio n.6 della sentenza. Il presente ricorso, dunque, escluso il caso dell'omessa pronunzia su punto specifico, va esaminato esclusivamente sotto il profilo - evidenziato nella possibile effetto estensivo della impugnazione proposta dal coimputato (ai sensi dell'art. 587 co.1 e 627 co.5 cod.proc.pen.) e derivante dall'accoglimento del motivo proposto dal Marrella. Sul punto, tuttavia, va escluso - in primis - che l'omessa considerazione di un possibile effetto giuridico di estensione al coimputato della pronunzia favorevole contestualmente operata nei confronti di altro ricorrente possa rientrare nel perimetro dell'errore materiale o di fatto (di cui all'art. 625 bis), posto che trattasi di materia che involge - senza ombra di dubbio - aspetti valutativi, specie in rapporto alla natura non esclusivamente personale del motivo accolto, fatto che legittimerebbe la statuizione estensiva. Il riconoscimento di una effettiva «comunanza di posizioni» in rapporto all'esito favorevole di un motivo di ricorso, potenzialmente «comunicabile» ad altri passa per una identificazione in concreto delle posizioni dei ricorrenti, oltre che per un apprezzamento in fatto e in diritto della natura del motivo accolto. Ma, pur prescindendo da tale generale considerazione (con possibile utilizzo, nei casi di macroscopica evidenza, del diverso rimedio straordinario della revisione per contrasto di giudicati, lì dove si veda in ipotesi di affermazione della penale responsabilità) nel caso in esame va escluso anche il potenziale rilievo della questione. Ciò perchè - come risulta dalla decisione qui impugnata - i due ricorrenti sono stati tratti a giudizio e condannati in riferimento all'appartenenza a due «diverse» articolazioni territoriali della organizzazione mafiosa (quella di Cattolica Eraclea per il Terrasi e quella di Montallegro per il Marrella) il che esclude alla radice che possa introdursi il tema della «comunanza» di posizioni, tenute ben distinte anche nel corso del processo di merito. Non può infatti parlarsi di appartenenza alla «medesima» organizzazione di stampo mafioso, posto che le articolazioni territoriali - tipiche della struttura in questione - rappresentano autonome forme organizzative nel cui ambito ben può determinarsi una diversa modalità di reimpiego dei profitti illeciti, secondo il requisitoria del sig. Procuratore Generale - di una omessa considerazione di un diverso grado (più o meno intenso) di inserimento dello specifico gruppo mafioso nella realtà economica del territorio. Ciò esclude che l'accoglimento del ricorso - sul tema specifico - del Marrella fosse di per sè 'comunicabile' al Terrasi, soggetto che su tale questione - in rapporto ai mareriali cognituvi allo stesso addebitati in riferimento alla diversa ed autonoma realtà territoriale - non aveva formulato alcuna specifica doglianza. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. dalla parte civile presente, posto che in udienza quest'ultima ha formulato richiesta di annullamento della decisione impugnata, in ciò aderendo ai contenuti della requisitoria del Sig. Procuratore Generale e modificando il contenuto delle conclusioni scritte. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 1 aprile 2014 Il Consigliere estensore Non si ritiene di condannare il ricorrente al pagamento delle spese sostenute

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