Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4202 del 20/11/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4202 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIARELLI ANGELO N. IL 16/09/1967
CIARELLI ANTONIO N. IL 24/03/1969
CIRELLI ROSETTA N. IL 12/12/1971
CONTINO ANDREA N. IL 23/03/1981

avverso la sentenza n. 1475/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 03/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Roberto
ANIELLO
che ha concluso per l’annullamento con rinvio per CONTINO e il
rigetto degli altri ricorsi.
Uditi i difensori: Avv. Luca SARODI per CIRELLI; l’Avv. Antonio
VALENTINI per CONTINO; gli Avv.ti Gaetano PECORELLA e
Giancarlo DE MARCO per Angelo e Antonio CIARELLI.

Data Udienza: 20/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 giugno 2013, la Corte d’appello di L’Aquila ha
confermato la sentenza del 6 dicembre 2011, con la quale il GO del Tribunale di
Pescara ha condannato:
– Ciarelli Antonio alla pena di anni sei di reclusione e 24.000 euro di multa
per il reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309/1990 (capo
A),

euro di multa per il reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n.
309/1990 (capo C),
– Cirelli Rosetta alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione e
24.000 euro di multa per il reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod. pen. e 73
d.P.R. n. 309/1990 (capo C)
– Contino Andrea, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione e 4000
euro di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv cod. pen. e 73, comma
5, d.P.R. n. 309/1990 (capo N-bis),
in relazione a condotte di detenzione a fini di spaccio e di cessione di
sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina.
Il giudice di secondo grado ha rilevato come l’ipotesi d’accusa trovi solido
fondamento sulle dichiarazioni rese da Albanese Gaetano, prima alla polizia
giudiziaria e poi in sede di incidente probatorio, da ritenere intrinsecamente
credibili e confermate da plurimi riscontri esterni, e come le doglianze mosse
negli atti di gravame siano estremamente generiche, limitandosi a sterili
affermazioni di principio; ha ritenuto che il primo giudice abbia legittimamente
negato i presupposti dell’ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 nei
confronti di C alli Angelo, C. alli Antonio e Cirelli Rosetta, trattandosi di attività
di cessione di droga spasmodica, continuativa e condotta in modo professionale
in un luogo divenuto il centro di raccolta dei tossicodipendenti abruzzesi e non
solo, per quantitativi consistenti; ha stimato corretta la denegata applicazione
delle circostanze attenuanti generiche nonché congruamente determinata la
pena inflitta dal primo giudice.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Giancarlo De Marco,
difensore di fiducia di Cozelli Antonio e Cimelli Angelo, che ne ha chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte
d’appello confermato la condanna di primo grado sulla sola base delle
dichiarazioni rese da Albanese Gaetano, generiche nel descrivere le modalità

– Ciarelli Angelo alla pena di alla pena di anni cinque di reclusione e 20.000

delle condotte e prive di riferimenti spazio-temporali nonché riscontrate
esclusivamente dalle dichiarazioni rese da Baldassarre Paride, connotate da una
medesima genericità; per avere la Corte altresì trascurato l’interesse dei
propalanti Albanese e Baidassarre a beneficiare dei vantaggi derivanti dalla
collaborazione e, quindi, il rischio che essi abbiano reso dichiarazioni solo
strumentali ed inveritiere.
2.2. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte
d’appello negato agli appellanti le circostanze attenuanti generiche, laddove i

pen.
2.3. Nel ricorso presentato nell’interesse di Ciarelli Antonio dal codifensore
Avv. Paolo Marino (poi revocato con nomina dell’Avv. Gaetano Pecorella), si è
altresì eccepita la violazione di legge penale in relazione all’art. 73 d.P.R. n.
309/1990, per avere la Corte d’appello ritenuto integrato il reato sebbene dal
processo non sia emersa la prova della finalità di cessione della sostanza
stupefacente a terzi, dovendosi ritenere inattendibili le dichiarazioni rese da
Albanese Gaetano, in quanto soggetto tossicodipendente, compromesso nelle
sue capacità psicofisiche dall’utilizzo decennale di sostanze droganti;
il ricorrente ha altresì eccepito:
2.4. la violazione di legge penale in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. n.
309/1990, per avere il giudice d’appello ritenuto insussistenti i presupposti
dell’ipotesi del fatto di lieve entità, laddove, pur trattandosi di quantità non
modica di droga, le particolari connotazioni della condotta palesano la modesta
rilevanza penale del fatto,
2.5. la violazione di legge penale in relazione all’art. 62-bis cod. pen., per
avere la Corte ingiustificatamente negato a Ciarelli Antonio le circostanze
attenuanti generiche al fine di rendere la pena più adeguata al caso concreto.

3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso anche l’Avv. Alfredo
Forcillo, difensore di fiducia di Cirelli Rosetta, chiedendone l’annullamento per i
seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere il giudice d’appello
escluso i presupposti dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, laddove il capo
d’imputazione descrive una condotta palesemente di piccolo spaccio di modici
quantitativi ai consumatori finali e dalle stesse parole di Albanese non emerge la
“spasmodica” attività di spaccio delineata dalla Corte territoriale; per avere
inoltre la Corte ritenuto le dichiarazioni rese da Albanese confermate da una
“imponente mole” di riscontri quando essi si riducono esclusivamente ad un
unico episodio riguardante proprio la Cirelli.
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precedenti penali non sono di per sé ostativi all’applicazione dell’art. 62-bis cod.

4.

La sentenza è stata impugnata anche dall’Avv. Antonio Valentini,

difensore di fiducia di Contino Andrea, che ne ha chiesto l’annullamento per i
seguenti motivi.
4.1. Vizio di motivazione, per avere la Corte confermato il giudizio di
responsabilità a carico di Contino senza prendere in considerazione le specifiche
doglianze mosse nell’atto d’appello, nel quale si era evidenziato come
Baldassarre Paride e Cirelli Rosetta avessero scagionato l’assistito e come l’unico

merito ad unico passaggio di cocaina tra Contini Andrea e Cirelli Rosetta,
dichiarazioni da ritenere, tuttavia, del tutto generiche ed inadeguate a fondare il
giudizio di responsabilità a carico dell’assistito.
4.2.

Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. presso

la Cancelleria di questa Corte, l’Avv. Antonio Valentini ha prodotto copia della
sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Pescara in data 23 gennaio
2014 nei confronti dei coimputati, nella quale si argomenta in ordine alla
inattendibilità delle dichiarazioni rese da Albanese Gaetano, in quanto
aspecifiche, talvolta connotate da contraddizioni ed incoerenze, ispirate da un
interesse ad accedere alla legislazione premiale o comunque a vantaggi
penitenziari, prive di riscontri individualizzati con riguardo alla posizione di
ciascuno degli imputati ed alle singole imputazioni, laddove i positivi sequestri di
droga operati su indicazione dell’Albanese sono stati ritenuti da tale giudice
inidonei ad imputare in modo certo le sostanze ai singoli imputati.

5. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Corte, l’Avv. Gaetano
Pecorella, difensore di Ciaelli Antonio e Cbielli Angelo, ha insistito per
l’annullamento della sentenza stante l’inattendibilità del collaboratore Albanese
Gaetano (per l’indeterminatezza delle sue accuse sui tempi, sulle condotte
commesse detll’uno piuttosto che dall’altro imputato, sul numero delle forniture;
il collaboratore ha dichiarato inoltre di non essere mai andato a casa dei Ciarelli
Antonio e di essere venuto a conoscenza dei fatti perché abitava nello stesso
palazzo ed ha reso dichiarazioni scarne e comunque generiche su Ciarelli Angelo)
e la vaghezza delle dichiarazioni rese dal collaboratore Baldassarre Paride. Il
patrono ha altresì posto in luce che le dichiarazioni rese da Albanese sono prive
di riscontri specifici individualizzanti quanto alle posizioni dei singoli accusati, in
quanto le perquisizioni nei confronti di Ciarelli Antonio hanno dato esito negativo,
e quella – positiva – attribuita a Ciarelli Angelo è stata in effetti compiuta a carico
di ignoti, essendo stata rinvenuta la sostanza in luoghi raggiungibili da altri; che

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elemento a carico fosse rappresentato dalle dichiarazioni di Albanese Gaetano in

dagli atti emerge il chiaro interesse di Albanese Gaetano ad avvantaggiarsi dei
benefici derivanti dalla collaborazione.

6. Il Procuratore generale Dott. Roberto Aniello ha chiesto che i ricorsi
presentati da Ciarelli Antonio, Ciarelli Angelo e Cirelli Rosetta siano rigettati e
che la sentenza sia annullata con rinvio con riguardo alla sola posizione di
Contino Andrea.
L’Avv. De Marco Giancarlo e l’Avv. Gaetano Pecorella, per Ciarelli Antonio e

al verbale d’udienza), e l’Avv. Antonio Valentini, per Contino Andrea, hanno
insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene il Collegio che i ricorsi presentati da Ciarelli Angelo, Ciarelli
Antonio e Continè Andrea siano fondati e che, di conseguenza, la sentenza
impugnata resa nei loro confronti debba essere annullata con rinvio per nuovo
giudizio alla Corte d’Appello di Perugia.
Di contro, il ricorso di Cirelli Rosetta è infondato e deve essere rigettato.

2.

I ricorsi presentati da tutti i ricorrenti sono accumunati dalla

contestazione della attendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Albanese Gaetano, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva e della
attendibilità intrinseca – stante l’indeterminatezza delle accuse e l’interesse del
collaboratore a rendere le dichiarazioni per accedere agli istituti premiali -, sia
sotto il profilo della attendibilità estrinseca, per l’assenza di riscontri specifici
individualizzanti.
2.1. In via preliminare, deve essere rilevato che – come correttamente
evidenziato anche dalla Corte territoriale -, ai fini del controllo di legittimità sul
vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda
con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo
argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure
proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed
operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza,
concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a
fondamento della decisione (Cass. Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri,
Rv. 257595).

Ciarelli Angelo, l’Avv. Luca Sarodi, per Cirelli Rosetta (come da nomina allegata

..

Allorchè ricorrano tali condizioni, il sindacato in ordine alla motivazione della
decisione deve pertanto avere riguardo all’intero corpo argomentativo risultante
dalla integrazione degli apparati motivazionali delle sentenze di primo e secondo
grado.
Fatta tale premessa, ritiene il Collegio che le censure mosse da tutti i
ricorrenti siano mal riposte con riguardo alla contestata attendibilità intrinseca
delle dichiarazioni rese da Albanese Gaetano.
2.2. Ed invero, avuto riguardo al tenore delle dichiarazioni pedissequamente

sentenza in verifica, non può fondatamente affermarsi che le propalazioni del
collaboratore siano generiche ed indeterminate né connotate da intime
contraddizioni, laddove – di contro – delineano con sufficiente precisione e
coerenza le condotte poste in essere da ciascuno degli odierni ricorrenti, in
termini sostanzialmente corrispondenti a quanto oggetto di contestazione: la
motivazione svolta sul punto dai giudici di merito si appalesa, pertanto, immune
da vizi logico giuridici rilevanti nella sede di legittimità.
2.3. Quanto all’ulteriore profilo di doglianza, giova evidenziare come la
dedotta compromissione delle capacità psicofisiche del collaborante Albanese
dovuta all’utilizzo decennale di sostanze droganti (prospettata nel ricorso
presentato dall’Avv. Marino nell’interesse di Ciarelli Antonio) sia stata
meramente allegata dal ricorrente, non trovi conferma obbiettiva negli atti e
risulti, comunque, disancorata dall’apparato argomentativo svolto dalla Corte
allorchè – proprio nel rispondere alla medesima doglianza proposta in appello la Corte ha evidenziato che Albanese aveva dichiarato di fare uso di sostanze
stupefacenti da “circa un anno” rispetto alla data delle dichiarazioni (dunque non
da dieci anni come evidenziato nel ricorso).
Alla luce di quanto appena dato atto, l’eccezione si appalesa del tutto
generica ed aspecifica, laddove non indica nessuna manifestazione esteriore del
dedotto deficit psichico del propalante derivante dall’abuso di sostanze droganti
che in ipotesi avrebbe vulnerato l’affidabilità delle propalazioni e, soprattutto,
non si confronta con le specifiche motivazioni svolte sul punto nella sentenza in
verifica, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata
avverso la decisione avversata.
2.4. Infondato è anche l’ultimo profilo di censura comune a tutti e quattro i
ricorrenti, con il quale si contesta l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni
dell’Albanese in quanto ispirate da un interesse del collaborante ad accedere alla
legislazione premiale o comunque a vantaggi penitenziari.
Ed invero, secondo il consolidato insegnamento di questo giudice di
legittimità in tema di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese da
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riportate nella sentenza di primo grado e richiamate espressamente nella

collaboranti, l’interesse a collaborare – che può animare il collaborante, in
considerazione della possibilità di beneficiare delle misure previste dalle leggi
speciali su collaboratori di giustizia – non va confuso con l’interesse concreto a
rendere dichiarazioni accusatorie nei confronti di terzi: pertanto, il generico
interesse a fruire dei benefici premiali non intacca la credibilità delle dichiarazioni
rese dai collaboranti (In motivazione la Corte ha precisato che la valutazione
sulla credibilità dei collaboratori di giustizia va effettuata secondo i criteri
generali, dovendosi escludere che per quelli tra di essi che accettino di diventare

legge, valgano regole più restrittive rispetto a quelle generali).

(ex plurimis

Cass. Sez. 2, n. 39241 del 08/10/2010, Montesarchio, Rv. 248771).
Di recente, questa Corte ha ribadito che, in tema di dichiarazioni rese da
collaboratori di giustizia, l’eventuale motivazione “mercenaria” che spinge alla
collaborazione non è di per sé indice di insincerità delle dichiarazioni stesse,
sicché la preliminare valutazione di credibilità non può essere effettuata
mediante strumenti diversi dall’analisi delle condotte del dichiarante, in
particolare considerando la sua posizione all’interno dell’organizzazione criminale
di cui ha fatto parte (Cass. Sez. 5, n. 50589 del 30/09/2013, Martinelli Rv.
257832).
Alla stregua dei superiori principi che il Collegio condivide appieno, la
prospettiva di Albanese Gaetano di ottenere dei benefici premiali dalla scelta
processuale operata è stata correttamente ritenuta dai giudice di merito tale da
non incidere sulla credibilità delle sue propalazioni, laddove – si ribadisce – la
spontaneità ed il disinteresse delle dichiarazioni deve essere apprezzato non
rispetto al generico interesse a fruire di vantaggi connessi alla collaborazione,
bensì in relazione all’interesse specifico ad accusare il chiamato in correità.
D’altra parte, avuto riguardo all’impianto motivazionale risultante dalla
integrazione dei provvedimenti di condanna di primo e di secondo grado, va
posto in risalto come i giudici di merito abbiano doverosamente sottoposto a
vaglio critico le dichiarazioni del propalante sotto il profilo della credibilità
intrinseca, svolgendo sul punto argomentazioni puntuali, lucide e conformi a
logica, indi non censurabili innanzi a questa Corte.

3. A conclusioni di diverso tenore si deve giungere con riguardo alle censure
mosse dai ricorrenti Ciarelli Angelo, Ciarelli Antonio e ContinVAndrea in relazione
al vaglio di attendibilità estrinseca delle dichiarazioni del collaboratore Albanese
Gaetano.

3.1. In linea generale, deve essere rammentato che, in ossequio al chiaro
disposto dell’art. 192, comma 3, del codice di rito e della ormai consolidata
7

collaboranti per motivi “pratici”, od anche soltanto per usufruire dei benefici di

giurisprudenza di questa Corte, le dichiarazioni dell’imputato del medesimo reato
o di reato connesso devono essere valutate unitamente ad altri elementi di prova
che ne confermano l’attendibilità.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, i riscontri esterni alla
chiamata di correità richiesti dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. possono
essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che
logico, a condizione che sia indipendente (Cass. Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006,
Alabiso Rv. 235800), ma devono essere individualizzanti, nel senso che devono

idoneità dimostrativa in relazione allo specifico fatto a questi attribuito (Cass.
Sez. 3, n. 3255 del 10/12/2009, Genna Rv. 245867), devono essere esterni alle
dichiarazioni accusatorie, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare ed
autoreferente (ex plurimis, Cass. Sez. 6, n. 1249 del 26/09/2013, Ceroni Rv.
258759) e possono essere costituiti anche dalle dichiarazioni accusatorie rese
dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o
imputata in un procedimento connesso o collegato ai sensi dell’art. 371, comma
secondo, lett. b), cod. proc. pen. (Cass. Sez. 1, n. 40237 del 10/10/2007, Cacisi,
Rv. 237867).
3.2. Orbene, ritiene il Collegio che, salvo che per la posizione di Cirelli
Rosetta di cui si dirà oltre, la Corte territoriale abbia completamente omesso di
affrontare lo specifico tema della attendibilità estrinseca delle dichiarazioni del
collaborante Albanese Gaetano fatta oggetto di specifica censura negli atti
d’appello promossi dai ricorrenti Ciarelli Angelo, Ciarelli Antonio e Contini
Andrea, limitandosi, da un lato, a rilevare la genericità dei motivi d’Amteupuoilirche,
nondimeno, sul punto non potevano ritenersi tali); dall’altro lato, ad affermare del tutto apoditticamente – che “la mole di riscontri risulta essere davvero
imponente”, con ciò, in effetti, eludendo le puntuali doglianze concernenti
l’assenza di riscontri individualizzanti relativi alla posizione di ciascuno degli
indicati appellanti. In particolare, né il Gup di Pescara né la Corte d’appello di
L’Aquila hanno dato atto delle dichiarazioni rese dal collaboratore Baldassarre
Paride, il quale, secondo quanto argomentato dal giudice a quo (a pagina 6 della
sentenza impugnata), “confermò le dichiarazioni del coinquilino” Albanese
Gaetano, indicazione, questa, che risulta all’evidenza generica, priva di
ancoraggio individualizzato alla posizione di ciascuno dei ricorrenti Ciarelli
Angelo, Ciarelli Antonio e Contini Andrea e, dunque, inidonea a fornire il
supporto esterno individualizzato imposto dallo statuto di utilizzabilità della prova
dichiarativa delineato nell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
Né, con specifico riguardo alla posizione di Ciarelli Angelo, a tale lacuna
potrebbe supplire il rinvenimento di sostanza stupefacente nel vano ascensore
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avere ad oggetto direttamente la persona dell’incolpato e devono possedere

del palazzo di residenza dell’imputato evidenziato dal giudice a quo: come
condivisibilmente rilevato dal ricorrente, tale circostanza non può, di per sé,
assumere valenza di riscontro individualizzante in ordine alla specifica posizione
del ricorrente, laddove, trattandosi di luogo aperto al pubblico, chiunque avrebbe
potuto occultare in tale imbosco la droga sequestrata, sicchè, in assenza di
ulteriori argomentazioni a supporto della ritenuta riconducibilità della

res

all’imputato, la sostanza non può essere imputata a Ciarelli Angelo sì da offrire
specifica conferma alle accuse mosse nei suoi confronti dall’Albanese.
La rilevata inadeguatezza dell’impianto argomentativo in punto di

attendibilità estrinseca delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Albanese
Gaetano impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte
abruzzese affinchè proceda ad una nuova valutazione sul punto.
In tale sede, il giudice a quo potrà valutare la rilevanza dell’esito del giudizio
“parallelo” celebrato innanzi al Tribunale di Pescara con riguardo alle posizioni
degli imputati in procedimento connesso, conclusosi con la sentenza assolutoria
del 23 gennaio 2014 (prodotta in copia alla memoria presentata dall’Avv.
Valentini, difensore di Contini Andrea).
Gli ulteriori motivi presentati dai ricorrenti Ciarelli Angelo, Ciarelli Antonio e
Contini Andrea sono assorbiti.

4. Infondato è invece il ricorso proposto nell’interesse di Cirelli Rosetta, col
quale si sono eccepiti la violazione di legge ed il vizio di motivazione, per avere
la Corte d’appello, da un lato, ritenuto attendibili le dichiarazioni rese da
Albanese Gaetano, per altro verso, escluso la sussistenza dei presupposti
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
4.1. Con riguardo al primo motivo di doglianza, devono essere richiamate le
considerazioni sopra svolte quanto alla completezza ed adeguatezza della
motivazione svolta dalla Corte territoriale in merito alla credibilità soggettiva del
collaboratore di giustizia Albanese Gaetano ed alla attendibilità intrinseca della
narrazione resa dal medesimo.
Quanto alla valutazione della attendibilità estrinseca delle propalazioni,
come sopra preannunciato, con riguardo alla posizione di Cirelli Rosetta, il
Collegio ritiene di dover pervenire ad una conclusione diversa da quella espressa
in merito alle posizioni degli altri ricorrenti.
Ed invero, a specifica risposta alle doglianze mosse dalla difesa di Cirelli Rosetta,
riprendendo le considerazioni già svolte dal giudice di primo grado, il giudice
d’appello ha evidenziato come le dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Albanese trovino puntuale conferma nell’episodio di D’Andrea Matteo e nelle
dichiarazioni rese da Tortora Fabiola e da Scè Kelly – rispettivamente moglie e

3.3.

figlia di Scè Moreno – in relazione alla droga da loro consegnata da Cirelli
Rosetta. Nessuna carenza argomentativa nè vizio logico può dunque essere
fondatamente rilevato nell’apparato argomentativo a sostegno della ritenuta
attendibilità ed utilizzabilità delle dichiarazioni di Albanese in riferimento alla
posizione di Cirelli Rosetta, laddove la Corte territoriale (e, prima di essa, il
giudice di primo grado) ha evidenziato plurimi elementi esterni idonei a
confermare, in modo obbiettivo e specifico, le condotte delittuose riferite dal
collaboratore.

contesta il mancato riconoscimento della ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309/1990.
Ed invero, la conclusione dei giudici territoriali nel senso dell’insussistenza
dei presupposti del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990 (oggi non più circostanza attenuante ma fattispecie autonoma di reato
a seguito della modifica normativa operata con D.L. n. 146 del 2013, convertito
con legge n. 10 del 2014) risulta perfettamente in linea con l’insegnamento
espresso da questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui tale fattispecie può essere
riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile
sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla
disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che,
ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni
altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Cass. Sez. U, n. 35737
del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911). Ne discende che, allorchè la
quantità di stupefacente risulti “considerevole”, la circostanza attenuante in
parola non può essere ravvisata per la significativa potenzialità offensiva del
fatto ed il pericolo di diffusività della sostanza.
Di tali consolidate coordinate ermeneutiche hanno fatto corretta applicazione
i giudici di merito allorchè hanno escluso la sussistenza dei presupposti della
fattispecie in parola, tenuto conto, per un verso, della “sicura notevole
consistenza del traffico” avente ad oggetto 30 grammi di sostanza stupefacente
del tipo eroina e cocaina al giorno, per altro verso, delle modalità dell’azione,
connotata da una “cessione spasmodica, continuativa e condotta in modo
professionale in un luogo divenuto il centro di raccolta dei tossicodipendenti
abruzzesi e non”. Le circostanze di fatto evidenziate nel provvedimento in
verifica, con argomentazioni aderenti alle risultanze probatorie e logicamente
corrette, si appalesano difatti inconciliabili con l’invocata ipotesi lieve, in quanto
dimostrano un agire teso a favorire un’ampia circolazione degli stupefacenti, con
conseguente non trascurabile entità della lesione o della messa in pericolo del

10

4.2. Infondato è anche il secondo motivo di doglianza con il quale si

bene protetto dalla norma incriminatrice, da riferire all’interesse sociale ad
evitare ogni diffusione delle sostanze droganti.
4.3. Dal rigetto del ricorso di Cirelli Rosetta consegue la condanna della

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Ciarelli Angelo, Ciarelli Antonio e

Rigetta il ricorso di Cirelli Rosetta che condanna al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 20 novembre 2014

Il consigliere estensore

ContingAndrea e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Perugia.

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