Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4200 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4200 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASALINO ARMANDO N. IL 04/07/1986
avverso la sentenza n. 2023/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
14/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 22/10/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14/12/2012, la Corte di appello di Lecce, confermava la sentenza del
Tribunale di Brindisi, in data 22/6/2010, che aveva condannato Casalino Armando alla pena di
anni 3 mesi 6 di reclusione ed C. 1.500,00 di multa per i reati di rapina e lesioni personali.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge e vizio della
motivazione in relazione alla genuinità ed affidabilità del riconoscimento dell’agente
operato dalla persona offesa.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione e comunque manifestamente infondati.
Le censure sollevate dal ricorrente, pur denunciando formalmente violazione di
legge e vizio della motivazione, costituiscono, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di
merito ampiamente e compiutamente disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in
punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli
elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè
ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento
è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e
congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie la genuinità ed
affidabilità della ricognizione di persona effettuata dalla persona offesa è stata oggetto di
una specifica valutazione della Corte d’appello, che ha concluso per l’affidabilità del
riconoscimento operato dalla persona offesa alla luce di un percorso motivazionale adeguato
che non presta il fianco a vizi di logicità e non contraddice le regole che governano la
formazione della prova.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22 ottobre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

CONSIDERATO IN DIRITTO

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