Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4199 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4199 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LICCARDO MAURO N. IL 12/08/1969
avverso la sentenza n. 1820/2008 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 02/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GALLO;

Data Udienza: 22/10/2013

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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 2/7/2012, la Corte di appello di L’Aquila, confermava la sentenza del
Tribunale di Pescare, in data 3/12/2007, che aveva condannato Liccardo Mauro alla pena di
mesi sei di reclusione ed €. 200,00 di multa per il reato di ricettazione di un telefono
cellulare.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato deducendo violazione di legge e vizio della
motivazione in relazione all’art. 648 cod. pen.

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per
cassazione e comunque manifestamente infondati.
In punto di diritto è sufficiente rilevare che la sussistenza dell’elemento soggettivo
nel reato di ricettazione (vale a dire la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa)
può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento
dell’imputato e dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente
spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. Sez. 2″, 27.2/13.3.1997, n. 2436, Rv.207313;
conf. Sez. 2, Sentenza n. 25756 del 11/06/2008 Ud. (dep. 25/36/2008 ) Rv. 241458).
Del resto, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite: “l’elemento psicologico della
ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza
della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della
cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12433 del
26/11/2009 Ud. (dep. 30/03/2010 ) Rv. 246324).
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi di
diritto sopra enunziati, rilevando che l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione, da
parte sua, del possesso dell’apparecchio cellulare rubato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00
(mille/00).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 22 ottobre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

CONSIDERATO IN DIRITTO

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