Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4199 del 19/11/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4199 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAUSO ANTIMO N. IL 09/01/1969
avverso la sentenza n. 527/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
15/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O_Scie2-…
che ha concluso per

Data Udienza: 19/11/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 maggio 2013, in riforma dell’appellata sentenza del
Gup del Tribunale di Avezzano del 19 aprile 2011, la Corte d’appello di L’Aquila
ha rideterminato la pena (in 300,00 euro di multa) inflitta a Rauso Antimo in
relazione ai reati di cui all’art. 328, comma 2, cod. pen. sub capi A) e B). Mette
conto precisare che,

sub

capo A), è contestato a Rauso Antimo, quale

responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Civita D’Antino, di avere omesso il

dell’incarico di progettazione e direzione dei “lavori di recupero e di realizzazione
del centro storico di Civita capoluogo” nonché degli atti successivi all’incarico,
richiesto da Falcione e Di Fabio in quanto titolari di un interesse legittimo
all’accesso agli atti (avendo redatto la documentazione tecnica progettuale
allegata alla domanda di finanziamento per l’esecuzione di tali lavori,
finanziamento poi ottenuto), ritardo che impediva ai predetti di presentare
ricorso al Tar contro la procedura di gara; sub capo B) è invece contestato a
Rauso di avere omesso il tempestivo rilascio di copia della convenzione di
incarico della direzione dei lavori assegnati a seguito della revoca dell’incarico di
direzione dei lavori di consolidamento del pendio roccioso di Civita capoluogo nei
confronti del Di Fabio (il quale – prima della revoca – aveva segnalato la
possibilità del crollo del muro di contenimento chiedendo invano perizia di
variante, muro effettivamente crollato il 23 marzo 2008), ritardo che precludeva
al Di Fabio di fare ricorso al Tar contro il provvedimento di revoca del suddetto
incarico. Dopo avere dato atto delle ragioni per le quali il giudizio di
responsabilità espresso dal primo giudice dovesse essere confermato, la Corte
territoriale ha nondimeno ritenuto applicabile nei confronti del ricorrente la sola
pena pecuniaria, in ragione della sostanziale modesta rilevanza degli episodi in
contestazione.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Franco Colucci, difensore
di fiducia di Rauso Antimo, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge penale in relazione all’art. 328, comma 2, cod. pen.
e vizio di motivazione per travisamento dei fatti.
Lamenta il ricorrente che la fattispecie contestata sub capo A) non può
ritenersi integrata perché: a) nella richiesta di accesso agli atti del 9 gennaio
2008, l’istante avrebbe dovuto specificare esattamente i documenti di cui
chiedeva copia; b) i giudici di merito hanno irragionevolmente ritenuto attendibili
le dichiarazioni rese sui fatti dall’Ing. Di Fabio Sandro (denunciante parte civile)
e dal vicesindaco Di Rocco Angelo (esponente della minoranza politica

tempestivo rilascio della documentazione relativa alla procedura di affidamento

dell’epoca), e non quelle del sindaco Fantauzzi Paolo (esponente della
maggioranza; c) la richiesta di accesso agli atti è stata presentata da un
soggetto non “interessato”, avendo la Corte d’appello ritenuto sussistente
l’interesse sulla base delle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa Di
Fabio; d) la mancata celebrazione di una gara pubblica e l’invito a cinque
professionisti per la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando
di gara (professionisti fra cui, appunto, non figurava il Di Fabio) erano dovuti alla
particolare situazione di urgenza venutasi a creare nella specie, di tal che –

ravvisabile nessun diritto o interesse in capo alla presunta parte lesa; e) non è
provato il dolo della fattispecie, trattandosi di richiesta proveniente da soggetto
privato non assistita dal requisito della legittimità; f) manca inoltre la prova della
data di ricezione della richiesta. Con riguardo al reato di cui al capo B), il
ricorrente evidenzia che: a) l’inoltro di richieste alla pubblica amministrazione via
fax è consentito a condizione che il richiedente dimostri la propria identità ed
esponga la motivazione per la quale la richiesta è avanzata, mentre il giudice
territoriale ha ritenuto sussistenti i requisiti di legge in considerazione del fatto
che l’atto era stato “inserito all’interno dei fatti”, considerazione contaminata da
pericolosissima discrezionalità, tanto più considerato che la possibilità di fare
ricorso al Tar non è preclusa dalla mancata acquisizione dell’atto, il cui difetto
non comporta decadenza, atteso che la produzione è a carico della pubblica
amministrazione; b) la Corte ha travisato i fatti in relazione alla possibilità di
rilevare in fase di progettazione gli “spanciamenti” del muro; c) i fatti
evidenziano l’inesistenza dell’elemento soggettivo, mancando la prova della
consapevolezza di Rauso della legittimità del comportamento del Di Fabio.

3. Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
L’Avv. Massimo Cammarota, per la parte civile Di Fabio Sandro, ha chiesto
che la sentenza d’appello impugnata sia confermata, con condanna di Rauso
Antimo alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nell’odierno
procedimento, come da conclusioni e nota spese depositate a verbale.
L’Avv. Franco Colucci, per Rauso Antimo, ha insistito per l’accoglimento del
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile sotto diversi profili.

3

contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado – non era

2. Sotto un primo aspetto, mette conto rilevare come i motivi di ricorso
costituiscano pedissequa reiterazione degli argomenti già dedotti in appello e
puntualmente disattesi dalla Corte di merito: si tratta di motivi, di conseguenza,
inammissibili in quanto non specifici ma soltanto apparenti, laddove omettono di
assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza
oggetto di ricorso (Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv.
243838).

ruotanti intorno alla dedotta insussistenza dei presupposti del reato di cui all’art.
328, comma 2, cod. pen. – si connotino per la prospettazione di una
ricostruzione alternativa dei fatti emergenti dall’istruttoria dibattimentale. Il che,
secondo il costante orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso
per cassazione, in quanto fondato su argomentazioni che si pongono in confronto
diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi
logici tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. E), cod. proc.
pen., riguardanti la motivazione del giudice di merito in ordine alla ricostruzione
del fatto (Cass. Sez. 6, n. 43963 del 30/09/2013, P.C., Basile e altri, Rv.
258153). Ed invero, a fronte di una plausibile ricostruzione della vicenda, come
descritta in narrativa, sui precisi riferimenti probatori operati dal giudice di
merito, in questa sede, non è ammessa alcuna incursione nelle risultanze
processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendosi, come
detto, la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal
giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici
ictu °cui/ percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del
24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).

4. Ad ogni buon conto, ritiene il Collegio che nessun vizio logico giuridico
possa fondatamente essere ravvisato nel ragionamento svolto dalla Corte
d’appello di L’Aquila.
4.1.

Ripercorrendo sinteticamente i principali snodi argomentativi del

provvedimento in verifica, la Corte territoriale ha evidenziato: 1) come il narrato
degli esposti presentati dall’Ing. Di Fabio Sandro trovi riscontro nella
documentazione acquisita in atti, in quanto dichiarato dall’allora Vicesindaco Di
Rocco Angelo nonché in quanto emerso dalle indagini di polizia giudiziaria; 2)
come le richieste inoltrate dal Di Fabio presentassero tutti i requisiti idonei a
determinare l’insorgere degli obblighi di cui all’art. 328, comma 2, cod. pen. in
capo al Rauso quale responsabile del UTC del Comune di Civita D’Antino, laddove
4

3. Sotto diverso profilo, va posto in risalto come i motivi di ricorso – tutti

contenevano tutti i requisiti necessari per identificare gli atti di cui si chiedeva
ostensione (o comunque essi erano evincibili del contenuto delle stesse) ed
indicavano le ragioni dell’accesso agli atti; 3) come le ragioni delle richieste di
accesso agli atti fossero evidentemente note anche al Rauso, il quale rispondeva
alle istanze, con ciò implicitamente dimostrando di avere bene individuato gli atti
da rilasciare, di avere – quanto al capo B) – bene presente il soggetto da cui
proveniva la richiesta nonché di aver positivamente valutato l’attualità e la
concretezza dell’interesse dell’istante all’acquisizione della documentazione; 4)

fatto, impedito la tempestiva proposizione del ricorso al TAR da parte
dell’interessato persona offesa; 5) come l’elemento psicologico del reato fosse
provato dal fatto che la prima risposta data dall’imputato era posteriore ai 60
giorni dall’ultima notifica al Di Fabio del provvedimento per lui pregiudizievole.
4.2. Alla stregua di quanto sopra, ritiene il Collegio che la Corte abbia ben
argomentato le ragioni per le quali la narrazione degli eventi sviluppata negli
esposti presentati dalla persona offesa Di Fabio Sandro debba ritenersi credibile,
in quanto confermata dalle risultanze documentali, dalle indagini svolte dalla
polizia giudiziaria e dalle dichiarazioni rese dal vicesindaco.
Non può, del resto, essere sottaciuto come le regole dettate dall’art. 192,
comma terzo, cod. proc. pen. non si applichino alle dichiarazioni della persona
offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata
da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo raccontoYc e peraltro deve in tal caso essere
più penetrante e rigoroso, rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012,
Bell’Arte ed altri, Rv. 253214). Nella motivazione di tale pronuncia, questa Corte
ha precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile,
possa essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri
elementi, operazione da cui – come sopra evidenziato – i giudici di merito non si
sono sottratti, ponendo in luce i plurimi elementi a conferma esterna alle
dichiarazioni della persona offesa.
4.3. Per altro verso, la Corte distrettuale ha esplicitato, con ineccepibile
nettezza e precisione, le ragioni per le quali le istanze avanzate dalla persona
offesa Di Fabio dovessero ritenersi dotate di tutti i requisiti atti a far scattare in
capo al ricorrente – quale pubblico ufficiale responsabile del UTC del Comune di
Civita D’Antino – l’obbligo a dare tempestivamente corso alla richiesta di accesso
agli atti e, quindi, a fondare un’ipotesi di omissione rilevante ai sensi dell’art.
328, comma 2, cod. pen.
5

b?/

come la tardiva messa a disposizione della documentazione richiesta avesse, di

I giudici del provvedimento in verifica hanno invero evidenziato come le
richieste fossero connotate da: a) precisione quanto alla identificazione della
documentazione oggetto di richiesta di ostensione, b) certezza quanto alla
provenienza delle istanze dal Di Fabio, c) interesse dell’istante ad accedere agli
atti, legato all’esigenza di proporre ricorso giurisdizionale amministrativo avverso
atti ritenuti illegittimi e obiettivamente pregiudizievoli per la persona offesa. La
Corte ha altresì posto in risalto che il colpevole ritardo nel rilascio delle copie
aveva impedito al Di Fabio la presentazione in tempo utile dei ricorsi al TAR.

giudizio di penale responsabilità a carico di Rauso Antimo risulta, pertanto,
perfettamente aderente alle risultanze degli atti e del tutto conforme a logica e
diritto e non è pertanto censurabile nella sede di legittimità.
5. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Dal rigetto del ricorso consegue altresì, a mente del combinato disposto
degli artt. 168 e 153 disp. att. cod. proc. pen. e 541 cod. proc. pen., la condanna
di Rauso Antimo a rifondere alla parte civile Di Fabio Sandro le spese sostenute
in questo grado, che questa Corte ritiene congruo liquidare nella somma di
2.700,00, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed
alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Di Fabio Sandro in questo
grado, spese che liquida in 2.700,00 oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma il 19 novembre 2014

Il consigliere estensore

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L’apparato argomentativo posto a base del provvedimento di conferma del

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