Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41985 del 18/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 41985 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELONI NATALINO N. IL 01/01/1947
avverso la sentenza n. 393/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. At(– P”e 4″che ha concluso per

UditifdifensorrAvv. rb-apiAz.
(63 Iv’syvp.

Cm. ti-0w» P 4.«.10.0-tro

Data Udienza: 18/09/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Milano ha
riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Pavia che aveva mandato assolto
Meloni Natalino dal reato di cui all’art. 189, co. Cod. str. per non aver commesso
il fatto. La Corte distrettuale, infatti, è pervenuta a formulare un giudizio di
colpevolezza dell’imputato, che ha quindi condannato alla pena di mesi tre di
reclusione, applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione
della patente di guida per un anno.

una via pubblica (nei pressi di Motta Visconti) quando dalla direzione opposta
proveniva la betoniera condotta da Besacchi Gioele, che per evitare l’impatto con
il veicolo del Meloni, il quale procedeva occupando parzialmente la corsia di altrui
pertinenza, si portava il più possibile sulla propria destra, finendo con il ribaltarsi
nell’adiacente scarpata. Ciò nonostante il Meloni – pienamente consapevole del
sinistro – non arrestava la propria marcia, che proseguiva ancora per tre
chilometri, sino al Comune di Bereguardo.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Barbara Cocco, la quale lamenta che la Corte di Appello
abbia svolto una `rilettura degli atti decisamente parziale e frettolosa’, rendendo
una motivazione ‘decisamente incongruente e interamente basata su una lettura
degli atti completamente errata’. In particolare: non sarebbe vero che non è
stato contestato dalla difesa che il Meloni fosse al volante dell’autoarticolato in
occasione del sinistro occorso al Benaschi; le tracce di frenata delle quali fa
menzione la Corte distrettuale non sono riconducibili al veicolo del Meloni; in
ogni caso l’imputato si era fermato nel primo punto disponibile e si era
impegnato per segnalare il sinistro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1. Ben diversamente da quanto asserito dall’esponente, la motivazione
resa dalla Corte di Appello è immune da censure scrutinabili in questa sede. Ed
invero, l’identificazione del Meloni quale conducente del pesante automezzo che
incrociando la betoniera condotta dal Benaschi portò questi a spostarsi alla
propria destra sino a ribaltarsi nella vicina scarpata per la ridotta sede stradale è
stata operata sulla scorta di una pluralità di circostanze dal significato
convergente: il Benaschi riconobbe l’autotreno del Meloni; questi, una volta
fermatosi, riferì all’agente municipale Lorenzo Baltrocchi che un camion era
uscito di strada verso Motta Visconti, omettendo di dare le proprie generalità; il
Meloni venne identificato dall’agente Morano, intervenuto sul luogo del sinistro e

Ad avviso della Corte di Appello, il Meloni conduceva un autoarticolato lungo

poi messosi alla ricerca dell’autocarro, solo grazie alla notizia datagli dal
Baltrocchi di un camionista che, fermo in Bereguardo, era a conoscenza
dell’avvenuto sinistro.
Una simile argomentazione, di certo non manifestamente illogica, è
contrastata dalla esponente con rilievi invero di scarsa coerenza, posto che
mentre da un canto si critica che la Corte di Appello abbia ritenuto non
contestato dalla difesa che fosse proprio il Meloni alla guida dell’autocarro,
dall’altro si afferma che “era pacifica la circostanza che Meloni fosse passato di

Benaschi compì dell’autocarro che, invadendo parzialmente la corsia, lo costrinse
alla manovra di accostamento alla destra; identificazione che anzi si ricorda
rimarcando che non riguardò le fattezze del conducente.
Tale essendo il nucleo della decisione, va solo esplicato che gli ulteriori rilievi
del ricorrente concernono in sostanza la valutazione della prova; in particolare
quello che ribadisce l’assunto secondo il quale il Meloni si sarebbe fermato non
appena possibile. Assunto che la Corte di Appello ha già preso in esame,
disattendendolo motivatamente con il richiamo della testimonianza del Besacchi
– il quale ha riferito che subito dopo il ribaltamento si fermò un’autovettura la cui
conducente, azionate le quattro frecce, gli prestò i primi soccorsi – e con la
osservazione della esistenza di uno spazio fisico nel quale fermare
l’autoarticolato, sia pure intralciando la circolazione, risultando ciò non tanto
autorizzato quanto addirittura imposto proprio dalla norma penale.
Il successivo comportamento non sostanzia l’immediato arresto sul posto e
concreta un post factum non elidente il già consumato reato. Infatti, il reato di
fuga in caso di incidente nel quale risulti coinvolta una persona ha natura di
reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il
conducente del veicolo investitore viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere,
con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge. Il
reato predetto sussiste, pertanto, anche se il conducente allontanandosi abbia
agito in modo da rendere possibile la sua identificazione (ad esempio
presentandosi successivamente al più vicino posto di polizia), dato che la finalità
della norma è anche quella di rendere possibile l’accertamento immediato delle
modalità e circostanze dell’incidente (cfr. Sez. 4, n. 4840 del 24/01/1991 – dep.
02/05/1991, De Patre, Rv. 187827).

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore

3

là” senza però spendere alcun argomento per travolgere l’identificazione che il

della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla
determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18/9/2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA