Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41984 del 18/09/2014
Penale Sent. Sez. 4 Num. 41984 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCARLATO GIAMPIERO N. IL 30/07/1958
avverso la sentenza n. 819/2009 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
10/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M>
i2)1
cock
che ha concluso per
114.2;
t-;(ro
t
U i o, per la,.raffé civile, l’Avv
eed-A, e/t CAA eiLt”L’a
UditoiklifensopAvv. rCj
/ ,ek- eilf., 7 ,~ AA-f tu;…5, ..t.t
pi -lic.v. • ,z, 02,244AAM – Al C) 4
t
32-<:
2-.—~-2szr,u,<,214-'-t C.-(
ii•uxA;2fot4e. Istia"B
CI
;
1
»x-om-3)frt‹.
p-k 1-~xv-,,,,,t.„2.
J Data Udienza: 18/09/2014 RITENUTO IN FATTO
1. Scarlato Giampiero è stato giudicato dal Tribunale di Cagliari colpevole del
delitto di illecita coltivazione di 9 piante di canapa indiana e della detenzione di
50 grammi del prodotto della coltivazione e, qualificati i fatti ai sensi dell'articolo
73, comma 5 T.U. Stup., ritenuta la continuazione tra i reati ed applicata la
diminuzione prevista per il rito abbreviato, è stato condannato alla pena di anni
uno mesi quattro di reclusione ed euro 4.000 di multa. La Corte di appello di
Cagliari, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la autonomo rilievo giuridico la detenzione del prodotto della coltivazione per la
quale si riporta condanna ed ha quindi ridoto la pena eliminando quella
determinata per effetto del reato satellite. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Patrizio Rovelli.
2.1. Con unico motivo deduce vizio motivazionale, per aver la Corte di
appello ritenuto integrata la condotta di coltivazione di sostanza stupefacente
nonostante la mancanza di offensività del fatto, stante la circostanza - affermata
dalla medesima Corte distrettuale - del non essere ancora venute a maturazione
le piantine cadute in sequestro e per essere il contenuto di THC presente nel
campione prelevato da tali piantine pari a 0,122, ovvero inferiore alla quantità
massima detenibile; pertanto, conclude l'esponente, il materiale vegetale
ricavabile dalla coltivazione non era in grado di produrre effetto stupefacente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. In via preliminare, anche a fronte della richiesta formulata dalla difesa in
sede di discussione, va rilevato che non risultano decorsi i termini di prescrizione
del reato.
A seguito della qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, co. 1 e 5 T.U.
Stup. il termine di prescrizione, in ragione delle modifiche apportate dapprima
dall'art. 2 d.l. n. 146/13, convertito con modificazioni dalla legge n. 10/14 e poi
dal d.l. 20.3.2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16.5.2014, n.
79, è pari a sette anni e mezzo. Il fatto è stato accertato come commesso
1'11.8.2006; il termine massimo di prescrizione cadrebbe 1'11.2.2014, ma risulta
che all'udienza del 5.10.2006 venne pronunciata ordinanza di rimessione alla
Corte costituzionale di questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 cod.
pen. con conseguente sospensione del procedimento. La questione venne decisa
con ordinanza n. 282 del 7.7.2008 che venne trasmessa al Tribunale di Cagliari,
unitamente agli atti del procedimento, con missiva del 10.7.2008.
Il procedimento riprese all'udienza del 9.12.2008. descritta pronuncia, escludendo la pluralità dei reati per essere priva di Orbene, atteso che nel caso di sospensione del procedimento a seguito di
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione di una
questione di legittimità costituzionale, la data di cessazione dell'effetto
sospensivo del termine di prescrizione (ex art. 159 cod. pen.) e, pertanto, la
data finale del periodo di sospensione del termine prescrizionale coincide con
quella in cui gli atti sono restituiti al giudice remittente (Sez. 5, n. 7553 del
14/11/2012 - dep. 15/02/2013, Romano, Rv. 255017), deve escludersi che sia
maturata la prescrizione del reato, atteso che la sospensione del relativo termine 4. Il motivo di ricorso è infondato, proponendo una semplice negatoria delle
ragioni poste dalla Corte di Appello a fondamento della propria decisione, senza
rilievi critici di una qualche verosimiglianza, tenuto conto della giurisprudenza
citata dal ricorrente medesimo.
Il delitto di coltivazione domestica risulta integrato dalla condotta di
coltivazione, dalla quale esula la destinazione alla cessione a terzi del prodotto
della coltivazione medesima: ai fini del perfezionamento della fattispecie tipica, è
indifferente che il prodotto della coltivazione sia destinato al consumo personale
del coltivatore o di terzi (fermo restando che nel caso di successiva cessione a
terzi potrà sussistere anche il relativo delitto).
Il dato ponderale, che pure in generale risulta valorizzabile ai fini
dell'accertamento della finalità per la quale si detiene della sostanza
stupefacente, non assume quindi il medesimo valore all'interno della diversa
ipotesi di coltivazione.
Tuttavia, anche la coltivazione risulta punibile sempre che la condotta risulti
offensiva in concreto del bene giuridico tutelato; tanto implica la non irrilevanza
del dato ponderale, dal momento che esso può dare indicazioni sulla offensività o
meno della condotta oggetto del giudizio.
Ed invero, la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che "Ai fini
della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono
estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto
l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un
effetto drogante rilevabile" (Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv.
239921; Sez. U. 24/4/2008, Valletta; Sez. 4, n. 1222 del 28/10/2008, Nicoletti,
Rv. 242371; Sez. 4, n. 25674 del 17/02/2011, P.G. in proc. Marino, Rv.
250721).
In effetti, è noto che il principio di offensività ha valenza sia di criterio guida
per il legislatore che come ausilio per l'interprete nella valutazione della tipicità
di una determinata condotta. \ 3 ha avuto una durata superiore all'anno. Inteso come criterio guida per l'interprete onde valutare la tipicità della
condotta, esso impone di accertare se, al di là della formale aderenza del fatto
alla norma di per sè non integra il reato, la condotta risulti effettivamente lesiva
del bene giuridico protetto dalla norma: non solo quindi "nullum crimen sine
lege" ma anche "nullum crimen sine iniuria".
Le Sez. Un. (Di Salvia) insegnano che "la condotta è "inoffensiva" soltanto
se il bene tutelato non è stato leso o messo in pericolo anche in grado minimo
(irrilevante, infatti, è a tal fine il grado dell'offesa), sicché, con riferimento allo ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in
concreto rilevabile.
Ciò che il S.C. non ha affermato a chiare lettere e se, nell'operare tale
accertamento, debba tenersi conto della sostanza ricavabile dalla coltivazione
nel momento in cui con il sequestro si pone fine alla permanenza del reato o se
debba considerarsi il probabile prodotto finale della coltivazione.
La prevalente giurisprudenza di legittimità, ribadito che spetta al giudice
verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza
ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile, ha chiarito che rileva non già
che al momento dell'accertamento del reato le piante non siano ancora giunte a
maturazione, atteso che la coltivazione ha inizio con la posa dei semi, quanto
l'idoneità anche solo potenziale delle stesse a produrre una germinazione ad
effetti stupefacenti (Sez. 4, n. 44287 del 08/10/2008 - dep. 27/11/2008, P.G. in
proc. Taormina, Rv. 241991). Così, si è ulteriormente precisato, ai fini della
punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili
sostanze stupefacenti, l'offensività della condotta consiste nella sua idoneità a
produrre la sostanza per il consumo, attese la formulazione delle norme e la
"ratio" della disciplina, anche comunitaria, in materia, sicché non rileva la
quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, ma la conformità della
pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di
coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente
(Sez. 6, n. 22459 del 15/03/2013 - dep. 24/05/2013, Cangemi, Rv. 255732;
altra decisione ha affermato che occorre aver riguardo non soltanto al
quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, in relazione al loro
grado di maturazione, ma anche ad ulteriori circostanze, quali l'estensione e la
struttura organizzata della piantagione, dalle quali possa derivare una
produzione di sostanze stupefacenti potenzialmente idonea ad incrementare il
mercato: Sez. 3, n. 23082 del 09/05/2013 - dep. 29/05/2013, De Vita, Rv.
256174). 4 specifico caso in esame, la "offensività" non ricorre soltanto se la sostanza 3.2. Orbene, tenuto conto delle cennate premesse, va evidenziato che nel
caso in esame la Corte di Appello ha rilevato gli elementi che concretano la
idoneità offensiva della condotta illecita ascritta all'imputato, ovvero "il numero
di esemplari vegetali, il contenuto apprezzabile di THC rilevato dall'analisi
tossicologica, l'idoneità delle piante a crescere rigogliose grazie all'habitat
favorevole e la possibilità che estranei accedessero al terreno per appropriarsene
contro la volontà del coltivatore".
Ne deriva l'infondatezza del ricorso in esame risultando correttamente danno certezza della effettiva offensività della condotta tenuta dall'imputato. 4. Tuttavia, va pronunciato l'annullamento della sentenza impugnata in
ragione delle modifiche normative che sono intervenute dopo il deposito del
presente ricorso, trattandosi di sentenza che conferma la qualificazione del fatto
ritenendone la lievità, ai sensi dell'art. 73, comma 5 T.U. Stup.
Nel caso di specie deve considerarsi che, per effetto della sentenza della
Corte costituzionale del 12 febbraio 2014, n. 32, la quale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre
2005, n. 272, introdotti dalla legge di conversione del 21 febbraio 2006, n. 49, la
disciplina in materia di sostanze stupefacenti che viene in rilievo è quella prevista
dal d.p.r. n. 309/1990, nella versione antecedente le modifiche recate dalla
menzionata I. n. 49/2006.
Com'è noto, le disposizioni colpite dalla declaratoria di illegittimità
costituzionale avevano introdotto una innovazione sistematica alla disciplina dei
reati in materia di stupefacenti, sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto
quello sanzionatorio. Il fulcro della novella, infatti, era costituito dalla
parificazione dei delitti riguardanti le droghe cosiddette "pesanti" e di quelli
aventi ad oggetto le droghe cosiddette "leggere", fattispecie che risultavano
differenziate dalla precedente disciplina.
A ciò deve aggiungersi che a seguito della modifica dell'art. 73, comma 5
d.p.r. n. 309/1990 ad opera dell'art. 2, lett. a) d.l. n. 146/2013, convertito con
modificazioni dalla legge n. 10/2014, l'ipotesi del fatto lieve ha assunto natura di
reato autonomo, con importanti riflessi in tema di definizione del trattamento
sanzionatorio, risultando precluso il coinvolgimento della medesima nel giudizio
di bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen. ed essendo state significativamente
ridotte le pene (infine ad opera della legge n. 79/14, di conversione del d.l. n.
36/14) anche in relazione al regime previsto per il fatto lieve dalla legge cd.
Jervolino-Vassalli. individuati ed in modo non manifestamente illogico esplicati gli elementi che Tanto importa che la pena inflitta all'odierno ricorrente deve essere
ritenuta non più conforme al quadro normativo, non scaturendo dall'applicazione
del principio di prevalenza della norma più favorevole al reo, secondo quanto
previsto dall'art. 2, comma 4 cod. pen.
Ne deriva l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al
trattamento sanzionatorio, nei sensi dianzi indicati, con rinvio ad altra sezione
della Corte di Appello di Cagliari.
Ai sensi dell'art. 624 c.p.p. deve dichiararsi l'irrevocabilità della sentenza in P .Q.M.
Annulla la impugnata sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di Appello di Cagliari, altra sezione.
Rigetta nel resto.
Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine
all'affermazione di responsabilità dell'imputato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18/9/2014. ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputato.