Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41983 del 18/09/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 41983 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORVINI ANGELO N. IL 17/07/1970
avverso la sentenza n. 226/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 18/09/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Angelo Corvini propone ricorso per cassazione a mezzo del difensore
avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Milano
ha confermato quella pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare presso il
Tribunale di Milano, che lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi otto di
reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche ma sub valenti rispetto
alla aggravante contestata, e riduzione prevista per il rito abbreviato, siccome
giudicato responsabile della morte del pedone Andrea De Nando, che il Corvini

2. Con il ricorso non si contesta l’affermazione di responsabilità bensì il
giudizio di sub valenza delle attenuanti generiche, il quale sarebbe fondato su un
giudizio di particolare elevatezza della colpa dell’imputato, derivante dalla
pluralità delle violazioni a regole di prudenza. In particolare, il ricorrente
censura, dopo che con un primo motivo ha dedotto la nullità della sentenza per
essere stata pronunciata da un collegio diversamente composto rispetto a quello
che aveva celebrato il dibattimento, l’assunto della Corte di Appello secondo il
quale il Corvini aveva attraversato l’incrocio tra la via 2 Giugno e la via Monti di
Peschiera Borromeo mantenendo una velocità elevata; aveva effettuato un
sorpasso nell’approssimarsi all’incrocio che aveva avuto efficienza causale
rispetto al verificarsi del sinistro; aveva operato l’attraversamento in una fase
non nota delle segnalazioni semaforiche date dall’impianto posto a presidio
dell’incrocio. All’inverso, per l’esponente, la sola violazione attribuibile al Corvini
era quella di non aver moderato la velocità in presenza dell’incrocio; le ulteriori
affermazioni del Collegio distrettuale sarebbero in aperta contraddizione con i
dati processuali, che l’esponente analizza nel corpo del ricorso, giungendo alla
conclusione che il Corvini aveva attraversato l’incrocio ad una velocità comunque
moderata, che egli aveva sì eseguito un sorpasso prima di giungere all’incrocio,
ma che tale manovra non aveva avuto alcuna incidenza causale
nell’investimento; che egli aveva attraversato l’incrocio con il semaforo che gli
dava il segnale di movimento (verde), sicchè la condotta del pedone De Nando,
che aveva attraversatola strada nonostante il segnale di arresto (rosso), avrebbe
dovuto essere valutata per una riduzione della pena e una valutazione di
prevalenza delle circostanze attenuanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.

4. In linea di principio va considerato che è nota la previsione dell’art. 525
cod. proc. pen., per la quale la regola dell’immutabilità del giudice trova
applicazione anche nel giudizio di appello celebrato in camera di consiglio a

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investiva alla guida di un autoveicolo.

seguito dell’impugnazione di una sentenza emessa all’esito di rito abbreviato
(Sez. 5, n. 48510 del 21/11/2013 – dep. 04/12/2013, Aiello e altri, Rv. 257717).
Tuttavia nella specie non sussiste alcuna violazione di tale regola. Invero,
l’esame degli atti, ai quali questa Corte può accedere in ragione della natura
della doglianza, lascia emergere che, su istanza del difensore dell’imputato
depositata il 14.5.2013, il Presidente della Corte di Appello dispose la correzione
del verbale di dibattimento dell’udienza del 13.3.2013 dando atto che questo
recava una erronea indicazione del nominativo del terzo componente del

dr.ssa Francesca Vitali. Orbene, partendo da tale dato e considerato che il
verbale menzionato non dà conto di un mutamento della composizione del
Collegio nel corso dell’udienza, ne deriva che la dr.ssa Vitali partecipò anche alla
deliberazione della decisione. Quanto di diverso emerge dalla epigrafe della
sentenza, che indica ancora nella dr.ssa Re il terzo componente del Collegio,
trova spiegazione nel fatto che la sentenza venne depositata in data 12.4.2013 e
quindi prima che, grazie all’istanza difensiva, risultasse l’erronea indicazione nel
verbale dell’udienza.

5. In merito al secondo motivo va innanzitutto rilevato che, nonostante
l’esponente menzioni in più occasioni una contraddittorietà della motivazione con
le risultanze istruttorie, ciò che censura è non l’incompatibilità tra l’informazione
posta alla base del provvedimento impugnato e l’informazione sul medesimo
punto esistente negli atti processuali (Sez. 3, n. 12110 del 21/11/2008 – dep.
19/03/2009, Campanella e altro, Rv. 243247) ma – in un caso
contraddittoriamente – la valutazione che delle prove ha fatto il Collegio
distrettuale. Ed infatti, il ricorso si dilunga sulla portata dimostrativa dei diversi
elementi presi in esame, al fine di confutare la ricostruzione operata dai giudici di
merito, per i quali la velocità mantenuta dal Corvini era elevata e comunque non
adeguata alle a lui ben note condizioni di tempo e di luogo e che egli aveva
eseguito un sorpasso prima dell’incrocio che aveva reso l’attraversamento di
questo della massima pericolosità; mentre non indica alcuna specifica
dichiarazione o altro mezzo di prova come oggetto di una errata ‘lettura’ da
parte della Corte di Appello. D’altro canto, vertendosi in ipotesi di cd. ‘doppia
conforme’, risulterebbe preclusa la deduzione del vizio di travisamento della
prova, non ricorrendo le ipotesi che valgono a superare quella preclusione (Sez.
4, n. 19710 del 03/02/2009 – dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv.
243636; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – dep. 29/01/2014, Capuzzi e altro, Rv.
258438).

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collegio, che non era la dr.ssa Patrizia Re, come invece risultante dall’atto, ma la

Si può quindi esaminare il ricorso come denunciante la manifesta illogicità
della decisione impugnata. Ora, sotto tale profilo va rilevato che, a fronte delle
doglianze dell’appellante, sostanzialmente coincidenti con quelle avanzate con il
ricorso in esame, la Corte di Appello ha affermato che il Corvini aveva tenuto una
velocità di circa 80-90 km/h per averlo ammesso l’imputato medesimo e perché
egli fu visto procedere ad elevata velocità da alcuni testimoni; che la velocità
massima consentita sul luogo del sinistro era di 50 km/h, che era inverno, di
sera, con scarsa illuminazione pubblica, il tratto stradale era presidiato da

di sorpasso che aveva indotto, secondo le sue stesse ammissioni, il conducente
del veicolo proveniente dall’opposta direzione a segnalargli con i fari
l’imprudenza.
A fronte di ciò l’esponente conviene che l’imputato aveva omesso di
moderare la velocità in presenza dell’incrocio, rinvenendo in ciò la sola violazione
certamente ascrivibile al Corvini; ma poi sostiene che l’imputato aveva
attraversato l’incrocio a velocità comunque moderata, ovvero non superiore la
limite di velocità ivi vigente, fondando l’affermazione su una personale
valutazione delle prove, la quale omette di tener conto che la Corte di Appello
aveva fatto riferimento, al riguardo, in primo luogo alle ammissioni dell’imputato
e alle dichiarazioni della teste Bassi e del teste Donvito (in particolare di
quest’ultimo). Sicchè la censura appare contraddittoria e comunque non
decisiva.
E’ proprio sul dato – erroneo – della velocità moderata di attraversamento
dell’incrocio che l’esponente fonda poi la mera asserzione della irrilevanza del
sorpasso eseguito dal Corvini nella produzione di condizioni di maggiore
pericolosità dell’attraversamento dell’incrocio, perché quello si sarebbe esaurito
ben prima che il veicolo giungesse all’intersezione. Così non cogliendo il senso
dell’affermazione della Corte di Appello, volta non già a determinare la causa del
sinistro ma a delineare la complessiva condotta di guida del Corvini in funzione
della commisurazione della pena.
Infine, l’esponente assume che il Corvini attraversò certamente con il
segnale di via libera, sicchè il pedone attraversò con il rosso; quindi il
comportamento colposo di questi avrebbe dovuto importare un diverso
trattamento sanzionatorio. Ma la Corte di Appello ha accertato, all’esito
dell’esame delle risultanze istruttorie, l’impossibilità di pervenire a sicure
conclusioni in merito alla segnalazione semaforica, concludendo correttamente
che da ciò non poteva trarsi motivo per una riduzione della pena e per una
valutazione di prevalenza delle attenuanti. Le diverse asserzioni della difesa

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striscia bianca continua ed il Corvini l’aveva superata per compiere una manovra

pretendono che questa Corte operi una rivisitazione critica della valutazione della
prova.
In conclusione, rammentato che come per il diniego della concessione delle
attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti,
purché la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di
illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto

altri, Rv. 256172), anche per il giudizio di bilanciamento previsto dall’art. 69 cod.
pen. è sufficiente l’esplicitazione degli elementi ritenuti decisivi, ferma la
necessità di replicare ai rilievi difensivi, nel caso di specie va rilevato come la
Corte di Appello abbia da un canto evidenziato con motivazione non
manifestamente illogica quali elementi a suo avviso rendono particolarmente
grave la condotta e la colpa del Corvini, tanto da rendere subvalenti le attenuanti
generiche, fondate unicamente sulla circostanza che l’imputato aveva reso
interrogatorio, così non sottraendosi al confronto nel corso del procedimento (cfr.
sentenza di primo grado); dall’altro mostrato di essere pervenuta a tali
conclusioni dopo l’approfondito esame dei rilievi dell’appellante.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore
delle parti civili, che si liquidano in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori
come per legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in
complessivi euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18/9/2014.

dall’interessato (Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013 – dep. 29/05/2013, Banic e

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