Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4198 del 19/11/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 4198 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERONE SABRINA N. IL 10/02/1963
avverso la sentenza n. 8608/2007 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 0..Sc9:1)—..
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che ha concluso per _e_c Leuex
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Uditi difensor Avv.

V–>u-<\)-k& ,Aes& aL.L 9 LQ c i cur-e-,r 2 Data Udienza: 19/11/2014 RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 21 novembre 2011, la Corte d'appello di Roma, in riforma della sentenza del 21 novembre 2006 del Tribunale di Civitavecchia, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine al reato ascritto a Perone Sabrina di cui all'art. 379 cod. pen. (così riqualificata dal primo giudice l'originaria imputazione ex artt. 110 e 644 cod. pen. sub capo S), rilevato che nessun concreto elemento viene fornito a confutazione dell'assunto dibattimentale di primo grado, non emergono elementi di evidente innocenza dell'imputata. 2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l'Avv. Giampiero Forte, difensore di fiducia di Perone Sabrina, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge penale e vizio di motivazione, per avere la Corte d'appello omesso di pronunciare nei confronti dell'assistita sentenza di proscioglimento nel merito, alla luce del contenuto delle intercettazioni dei colloqui intercorsi in carcere fra D'Alessandro ed i suoi congiunti. Il ricorrente ha, d'altra parte, evidenziato come, alla udienza del 28 giugno 2005, visto il mutamento della composizione del Collegio, il Tribunale ammettesse le prove in assenza dei difensori del D'Alessandro e della Perone dato atto della utilizzabilità sull'accordo delle parti, nonostante i difensori di fiducia dei suddetti, assenti per legittimo impedimento, fossero stati sostituiti ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen. 2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 34 cod. proc. pen., atteso che, nonostante fosse stato sollecitato in tal senso, il Gup non si era astenuto, pur avendo giudicato con rito abbreviato Muneroni Ermanno, "presunto usuraio" in una posizione strettamente connessa quella di D'Alessandro Rocco, imputato dello stesso reato ascritto alla Perone. 2.3. Violazione di legge penale in relazione all'art. 379 cod. pen., per avere la Corte d'appello confermato la condanna per tale reato nonostante non sia provato che Perone abbia prestato aiuto nell'interesse esclusivo dell'autore, dovendo la fattispecie essere piuttosto qualificata ai sensi degli artt. 56 e 648 cod. pen. 3. Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. L'Avv. Forte, difensore di Perone Sabrina, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. 2 accusatorio e che, alla luce di quanto accertato a seguito dell'istruttoria CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. 2. Del tutto generico e fumoso è il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l'utilizzabilità delle intercettazioni dei colloqui in carcere. Il ricorrente non evidenzia, in effetti, nessun vizio specifico attinente ai decreti autorizzativi, di tal che l'evidenziata genericità della censura non può non Corte, i motivi di ricorso in cassazione devono infatti essere specifici e quindi, pur nella libertà della loro formulazione, devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione l'oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Cass. Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 254204). Con riguardo al secondo profilo di doglianza, mette conto evidenziare che, da un lato, lo stesso ricorrente ha dato atto del fatto che le prove poste a base della decisione sono state acquisite al fascicolo sulla base dell'accordo delle parti; dall'altro lato, che i difensori nominati d'ufficio ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen. in sostituzione dei patrocinanti di fiducia legittimamente impediti, laddove non chiedano termine a difesa, possono legittimamente prestare il consenso all'acquisizione degli atti utili a fini del decidere. Ed invero, il consenso all'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti in quello del pubblico ministero può essere validamente prestato anche dal difensore dell'imputato, sia esso di fiducia o d'ufficio, in quanto estrinsecazione del generale potere di indicazione dei fatti da provare e delle prove e conseguente al principio generale di rappresentanza dell'imputato da parte del difensore (Cass. Sez. 6, n. 7061 del 11/02/2010, Minzera, Rv. 246090) L'eccezione di inutilizzabilità degli atti risulta pertanto, già nella stessa prospettazione difensiva, palesemente infondata. 3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale si censura la mancata astensione da parte del giudice in ipotesi incompatibile. Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la violazione, da parte del giudice, del dovere di astensione non incide sulla di lui capacità e, pertanto, non è causa di nullità generale e assoluta ai sensi dell'art. 178 lett. a) cod. proc. pen., dando essa luogo soltanto al diritto, per la parte, di ricusare il giudice non astenutosi, con conseguente eventuale nullità, ai sensi dell'art. 42 cod. proc. 3 riverberare in termini di inammissibilità. Secondo l'insegnamento di questa pen., dei soli atti compiuti dal giudice dopo l'accoglimento della ricusazione (Cass. Sez. 1, n. 1831 del 28/04/1993, Spampinato Rv. 194273; Cass. Sez. 2, n. 36365 del 07/05/2013, Braccini Rv. 256872). Ne discende che, anche qualora la doglianza difensiva fosse fondata, la mancata astensione del giudice non darebbe luogo ad alcun vizio processuale censurabile in questa sede di legittimità. 4. Manifestamente infondato è anche l'ultimo motivo con il quale ricorrente giuridica Le doglianze difensive si connotano, invero, per la prospettazione di una ricostruzione alternativa dei fatti emergenti dall'istruttoria dibattimentale: il che, secondo il costante orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso per cassazione, in quanto fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi logici tassativamente previsti dall'art. 606, comma primo, lett. E), cod. proc. pen., riguardanti la motivazione del giudice di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (Cass. Sez. 6, n. 43963 del 30/09/2013, P.C., Basile e altri, Rv. 258153). Ed invero, a fronte di una plausibile ricostruzione della vicenda, come descritta in narrativa, sui precisi riferimenti probatori operati dal giudice di merito, in questa sede, non è ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendosi, come detto, la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l'iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu ()cui/ percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). 5. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma a favore della Cassa della Ammende, che si ritiene congruo fissare nella misura di 1000 euro. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende. 4 contesta l'integrazione del reato ex art. 379 cod. pen. e la relativa qualificazione Così deciso in Roma il 19 novembre 2014 Il consigliere estensore

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